Per poter risponder a pieno alle sfide che il cambiamento climatico ci pone davanti, è necessario un cambio di rotta nell’attuale paradigma energetico ed industriale. Le energie rinnovabili continueranno la corsa verso una loro piena affermazione nel campo della produzione di energia elettrica evitando di immettere ulteriore CO2 nell’atmosfera e nell’idrosfera. Purtroppo in alcuni settori dell’industria, le emissioni di CO2 sono necessarie perché legate alla trasformazione della materia prima. Ad esempio per poter produrre il clinker che è alla base del cemento bisogna trasformare il carbonato di calcio (CaCO3) in ossido di calcio (CaO) liberando in atmosfera anidride carbonica (CO2). Una tonnellata di CaCO3, quando completamente convertita in CaO, emette nell’ambiente circostante più di 400 kg di CO2. Tale reazione è presente in diverse industrie tra le quali quella del ferro e dell’acciaio. Più del 12% delle emissioni di CO2 a livello mondiale proviene dalla produzione di acciaio, ferro e cemento. Quindi è chiaro che per far fronte a queste grosse quantità di carbonio che annualmente vengono riversate nel nostro ambiente è necessario un completo cambio di paradigma: invertire la direzione delle emissioni di CO2.
Prima di raggiungere questo obiettivo è comunque necessario arrestare la forte emorragia di CO2 dagli impianti industriali ed energetici. Questo è l’obiettivo semplice e ambizioso delle tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS, Carbon Capture and Storage). A livello mondiale, sono presenti 51 impianti di grossa taglia, attualmente 21 di questi sono operativi, 2 in costruzione e i rimanenti 28 si trovano in diversi fasi di sviluppo. Per tutti questi impianti, si stima una capacità di cattura annuale di CO2 di circa 100 milioni di tonnellate. Tra i processi CCS in grado di ridurre drasticamente la quantità di CO2 emessa dai siti industriali, il più promettente sembra essere la produzione di idrogeno con cattura della CO2, il cosiddetto idrogeno blu.
La quasi totalità dell’idrogeno prodotto a livello mondiale proviene da processi industriali alimentati a combustibile fossile con emissioni annue di CO2 di circa 830 milioni di tonnellate. Catturare la CO2 emessa da questo tipo di impianti garantirebbe da un lato un continuo approvvigionamento dell’idrogeno da parte delle industrie e dall’altro una riduzione drastica della CO2 emessa. Il settore maggiormente interessato dalla decarbonizzazione della produzione di H2, oltre al petrolchimico, è il settore siderurgico. Processi alternativi all’altoforno come la riduzione diretta dei minerali ferriferi allo stato solido sono una valida opzione tecnica per l’integrazione di tecnologie CCS. Ad oggi l’unico impianto CCS applicato ad un’acciaieria operativa è quello dell’Emirate Steel Factory (Abu Dhabi, UAE). Dal 2016, vengono catturate circa 0,8 Mt di CO2 ogni anno e successivamente stoccate in pozzi esausti per il recupero di idrocarburi.
In Italia dal 2010 è operativo presso il centro ricerche Casaccia di ENEA, l’impianto pilota ZECOMIX (Zero Emission of CarbOn with Mixed technologies) da 0,5MWt. L'obiettivo di questo impianto è la produzione di H2 da processi di conversione del CH4 o da processi di gassificazione. La cattura della CO2 avviene attraverso una tecnologia CCS assolutamente innovativa basata su un processo di assorbimento della CO2 mediante sorbenti solidi prodotti da un materiale naturale a basso costo come il calcare o la dolomite. L’assenza di tossicità del materiale utilizzato fanno di questa tecnologia CCS una delle più promettenti dal punto di vista dell'impatto ambientale ed economico. Dal 2018 l’impianto pilota ZECOMIX presente nel centro di ricerca di ENEA Casaccia è diventata infrastruttura di ricerca ECCSEL (European Carbon dioxide Capture and StoragE Laboratory infrastructure). Tale riconoscimento dato da dal Comitato Europeo sull’Infrastrutture di Ricerca consente di sviluppare una rete di laboratori di eccellenza in materia di decarbonizzazione e permette a chiunque, nella comunità scientifica e industriale, faccia richiesta, la possibilità di portare avanti campagne sperimentali sulla cattura e valorizzazione della CO2.
Nella famiglia delle tecnologie CCS esistono esempi che vanno oltre la “semplice” riduzione delle emissioni di CO2, puntando alla rimozione del carbonio già presente in atmosfera. Questi sono gli impianti in cui si rimuove la CO2 direttamente dall’aria o si integra la cattura della CO2 in tecnologie bio-energetiche.
Ancora più dirompenti appaiono le tecnologie di cattura della CO2 e della sua successiva valorizzazione (CCU, carbon capture and use). Grazie alla crescente penetrazione di fonti rinnovabili non programmabili, le caratteristiche dei futuri sistemi per la fornitura dell’energia elettrica potrebbero essere significativamente diverse da quelle attuali e dovranno cercarsi nuove soluzioni in grado di stoccare forti quantità di eccessi di energia rinnovabile. Allo stesso tempo, nonostante un maggiore utilizzo di energia rinnovabile, i processi ad alta intensità di carbonio continueranno ad emettere CO2. Le tecnologie CCU affrontano entrambi i problemi proponendo sistemi innovativi per l’accumulo di eccessi di energia attraverso la cattura della CO2 ed il suo riuso nella produzione di combustibili rinnovabili da utilizzare nella produzione di energia complementare a quella rinnovabile. Tali combustibili possono essere impiegati anche nel settore dei trasporti (navi, automobili e aerei) e nell’industria di processo evitando l’estrazione di ulteriore fossile dal sottosuolo.
La CO2, da pietra di inciampo nella transizione energetica può diventare, quindi, una pietra angolare su cui costruire un’economia del carbonio che soddisfa i principi della circolarità: riduzione, rimozione, riuso e riciclo del carbonio mettendo, quindi, in atto tecnologie neutrali e potenzialmente anche ad impatto negativo.
Infrastruttura di Ricerca Europea ZECOMIX per lo studio del processo di produzione di H2 da conversione del metano con cattura della CO2
Fonte: Enea