Quali saranno le ricadute della crisi economica dovuta al Coronavirus sulla lotta all'altra grande crisi globale, quella climatica?  Non pochi ritengono che molti paesi concentreranno le risorse disponibili sulla prima, riducendo l'impegno sulla seconda e che il collasso del prezzo del petrolio potrebbe rendere meno competitive le energie rinnovabili. Paradossalmente, l'effetto immediato del Covid-19 sarà quello di ridurre le emissioni: un rapporto di Carbon Brief evidenzia come in febbraio le emissioni di CO2 in Cina siano state del 25% inferiori a quelle dello stesso periodo del 2019, il consumo di carbone si sia ridotto del 36% e i livelli di NO2 del 37%. La cancellazione dei voli aerei, non solo in Cina, ha ridotto le emissioni di gas climalteranti, ma – sostiene la International Air Transport Association – ha anche diminuito l'urgenza e l'impegno economico delle compagnie aeree a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione stabiliti al 2027. E, comunque, come ha detto il Segretario Generale dell'ONU, António Guterres, per quanto le emissioni siano diminuite in questi mesi,  “non combatteremo il cambiamento climatico con il virus”.

Come riverbera questo shock economico sulla finanza sostenibile? È noto che i fondi socialmente responsabili (SRI), e più specificamente quelli orientati ad integrare i fattori ESG (Environmental, Social, Governance), hanno avuto un vero e proprio boom negli ultimi anni. Lo studio Eurosif che analizza gli investimenti nel comparto in 12 paesi europei negli anni 2015-2017 fa segnare un +27%, arrivando ad un portafoglio complessivo di 20.000 miliardi di euro, mentre secondo il Rapporto 2018 della Global Sustainable Investment Alliance  il comparto a livello globale è pari a un terzo del PIL, cioè 30,7 trilioni di dollari.

Si tratta, generalmente, di investimenti con una maggiore resilienza agli shock rispetto a quelli “tradizionali”: al 9 marzo 2020, mentre l'indice MSCI Euro (l'indicatore generale per il mercato azionario nell'Area Euro) perdeva il 12,76%, l'indice ET, (composto da tutti i Fondi SRI dello stesso mercato), segnava “solo” un - 7,68%. Inoltre, i fondi green, in quanto tradizionalmente fossil free, risentono meno del crollo del prezzo del petrolio resistendo meglio alla volatilità dei mercati.

Tuttavia, essendo in presenza di un fenomemo più complesso e di straordinaria volatilità, anche tra la finanza green prevale una certa cautela nella valutazione di questa fase. Punto di forza di questi  fondi è il monitoraggio continuo sui rischi ESG, che si aggiunge a quello dei rischi finanziari a cui tutti i fondi dovrebbero attenersi e che li rende effettivamente più sicuri. Un’attività, quella di monitoraggio dei rischi ambientali e climatici, a cui guardano sempre di più anche i fondi tradizionali come evidenzia una recente indagine Abi, secondo cui su 22 gruppi bancari intervistati, 13 hanno messo in atto o pianificato politiche di gestione del rischio che tengono conto dei fattori ambientali. Inoltre, secondo il Prof. Angelo Baglioni dell’Università Cattolica, ai tre pilastri ESG, in futuro  si potrebbe aggiungere la H di Healt, ad indicare che le tematiche della salute e quelle sanitarie dovranno essere maggiormente considerate nel valutare la sostenibilità finanziaria: anche per effetto degli investimenti in ricerca medica e strutture sanitarie che porteranno le imprese del settore a rappresentare asset di punta nella costruzione dei panieri azionari.

Ora, visto che nei prossimi mesi, in una forma o nell'altra, verranno mobilitate molte risorse pubbliche e verranno riconosciuti molti sostegni e garanzie agli investimenti per far ripartire l'economia, ci si chiede se questa possa essere un'occasione per un cambio di paradigma nel sistema economico e finanziario, per investire nell'energia rinnovabile, oppure – al contrario – se si tratterà di un flusso incondizionato di risorse per tornare al business as usual. Ne abbiamo avuto un piccolo ma fastidioso sentore in Italia con la pressione operata dalle imprese del settore sul Governo perché si rinunciasse alla tassa sulla plastica, con la scusa che sugli scaffali occorre mettere prodotti protetti. E negli Usa la Plastics Industry Association ha chiesto al Dipartimento per la Salute dell'Amministrazione americana di dichiarare il bando dei sacchetti di plastica una minaccia alla salute pubblica, in quanto essi rappresentano un argine alla diffusione del virus. Sempre negli Stati Uniti, il capo della Environmental Protection Agency statunitense, Andrew Wheeler, ha sospeso il 26 marzo scorso l'obbligo di applicazione delle leggi ambientali all'industria petrolifera. Si tratta di una sospensione temporanea dell'applicazione delle sanzioni per la violazione di normative civili relative all'ambiente, laddove il Coronavirus possa essere la causa dell’impossibilità di adempiere a tali norme: una facoltà contemplata nell'esercizio della discrezionalità attuativa delle norme nella condizione di eccezionalità causata dal virus.

La battaglia, quindi, su dove allocare queste risorse e quali settori produttivi stimolare sarà tutta politica. Le decisioni che Stati Uniti ed Unione Europea assumeranno avranno degli impatti importanti anche sulla finanza. Starà a loro decidere se orientare le proprie politiche verso i fattori ESG, sostenendo così in modo adeguato anche la lotta ai cambiamenti climatici di cui l'Europa si è candidata a svolgere un ruolo leader nel mondo, oppure tornare a sostenere gli asset tradizionali. Asset che comprendono l'industria del carbone, la quale oltre ad essere dannosa per l'ambiente, ha mostrato di essere molto fragile e volatile sui mercati.