Risposta: praticamente niente. Così, con 19 caratteri, spazio e punto inclusi, il compito di un analista chiamato a commentare le misure previste dal Decreto Cura Italia potrebbe ritenersi, senza timore di correzioni, assolto (lungi da noi ogni intento polemico o sarcastico: la drammatica situazione in cui è precipitato il paese per la diffusione del Coronavirus non consente divagazioni di questa natura).

Tuttavia, in un momento in cui aspettative e provvedimenti tendono a confondersi nell’immaginario collettivo, la puntualità assume un valore particolare. Al riguardo, l’analisi puntuale delle 64 pagine e 127 articoli che danno forma al c.d. Decreto Cura Italia (DL n°18 del 17 marzo 2020) rivela che i provvedimenti per il settore energia sono appena due e, ci venga consentito, marginali: in dettaglio, viene prorogata la validità delle abilitazioni per il personale addetto all'esecuzione dei lavori di ripristino del servizio elettrico fino al 30 aprile 2020 (articolo 45) e viene posticipato di 6 mesi il termine per l’inizio lavori di opere di efficientamento energetico e sviluppo territoriale dei piccoli comuni che hanno beneficiato dei contributi in conto capitale previsti dal Decreto Crescita.

Dei 25 miliardi della manovra d’urgenza (tutta finanziata a debito con emissione di titoli di stato), nessuno è destinato specificatamente al settore energia, che potrà comunque beneficiare degli strumenti generali messi in campo per tutto il comparto industriale. Se tale circostanza non ha stupito – il settore energia ha peraltro subito minori limitazioni rispetto ad altri, data la sua essenzialità – colpisce invece l’assenza di cenni al tema delle bollette.

Il Governo, infatti, non se l’è sentita – forse anche per le incertezze sulla reale possibilità di sostenere l’azione su un orizzonte temporale indefinito – di intervenire con una sospensione del pagamento delle bollette. Una decisione che, al netto di qualsiasi valutazione sull’opportunità di una scelta in ogni caso difficilissima, ha creato un corto-circuito informativo, viste le consistenti indiscrezioni sulla sospensione dei pagamenti circolate nei giorni precedenti (e rilanciate talora da associazioni locali e media) che potrebbero indurre una larga fetta di consumatori a non pagare – anche in buona fede – le proprie bollette.

È forse proprio quello delle bollette il fronte al momento più caldo nel mondo elettrico. ARERA, pur restando all’interno del proprio limitato perimetro di azione, prima della pubblicazione del Cura Italia era intervenuta con alcune prime disposizioni: la più significativa riguarda la sospensione delle procedure di distacco fino al 3 aprile 2020 per i clienti morosi, a cui peraltro, in caso di distacco già avvenuto, dovrà essere riallacciata l’utenza (del 60/2020). Tale misura è accompagnata anche da un alleggerimento temporaneo di alcuni obblighi informativi per i fornitori, in tutti i casi in cui sia provabile che il mancato rispetto degli standard sia legato all’emergenza sanitaria (del 59/2020).

Una seconda tranche di provvedimenti a firma del Regolatore ha riguardato la sospensione di tutte le bollette – acqua, luce, gas e rifiuti – per le utenze degli 11 Comuni della “ex zona rossa” di Lombardia e Veneto (Delibera 75/2020). La Delibera 76/2020 ha invece prorogato la scadenza al 30 aprile 2020 per la presentazione delle domande di rinnovo del bonus elettrico garantendo di fatto la continuità nell’erogazione per i soggetti beneficiari. Per quanto riguarda infine i termini dei procedimenti sanzionatori, l’Autorità sospende sino al 31 maggio i termini dei procedimenti nuovi o già avviati.

L’intervento più interessante, specie in termini prospettici, è però quello contenuto ancora nella delibera 60/2020, con cui viene creato un conto di 1 miliardo di euro presso CSEA: servirà a finanziare eventuali nuovi interventi regolatori, ragionevolmente volti a coprire eventuali sospensioni dei pagamenti e/o a non lasciare eccessivamente esposti i fornitori in caso di un’impennata di morosità.

È certamente una misura con una capienza limitata rispetto alla portata potenziale dell’emergenza – del resto, mai come in questo momento le risorse, specie quelle già a disposizione del Regolatore, sono limitate - ma che almeno prepara il terreno ad un primo intervento che verosimilmente tutelerà, direttamente o indirettamente, il segmento di filiera forse più esposto, la vendita.

Per gli altri segmenti (sviluppo impianti, produzione termoelettrica, investimenti in rinnovabili, solo per citarne alcuni), al netto della plausibile concessione di qualche proroga, per il momento si naviga a vista. Le schermate che indicano per ieri lunedì 23 marzo un PUN a 17 €/MWh e una domanda ridotta del 20% rispetto al giorno equivalente del 2019 sono scioccanti: auspicabilmente però l’emergenza assoluta terminerà presto. La speranza di tutti è che il colpo non sia eccessivo e che la domanda elettrica – specchio della salute industriale del paese – possa non risentirne eccessivamente nel breve e nel medio termine: in tale malaugurata ipotesi, alcuni strumenti e modelli di mercato che davamo per acquisiti potrebbero essere rivisti e l’intervento pubblico potrebbe essere invocato da molti come deus ex-machina.