“Le parole: «a decorrere dal 1° luglio 2020» sono sostituite dalle seguenti: «a decorrere dal 1° gennaio 2022»”: così – con la tipica agilità di un Milleproroghe – il Parlamento ha ufficialmente posticipato la fine della Maggior Tutela. Non è il primo rinvio - la Legge 108/2018, modificando la Legge 124/2017, aveva spostato la fine della Maggior Tutela dal 1° luglio 2019 al 1° luglio 2020 - ma sarà l’ultimo? Non è facile esprimere certezze in relazione ad una riforma che pizzica molte corde sensibili e che si presta a molteplici piani di discussione.

Vi è innanzitutto il piano “ideologico”, in cui si contrappongono le posizioni di chi ritiene che il mercato non possa raggiungere un grado di concorrenzialità accettabile in presenza di un meccanismo come la Maggior Tutela contro quelle di chi afferma che l’ultimo atto del processo di liberalizzazione favorirebbe gli operatori della vendita e non anche i consumatori, che sarebbero invece privati di uno strumento di “garanzia”.

Vi è poi, più prosaicamente, il piano industriale, che vede su fronti opposti operatori della vendita – certamente interessati all’acquisizione di clienti che ritengono, a torto o a buona ragione, inerti come quelli in MT – e i distributori che, in qualità di esercenti la MT, quegli stessi clienti li perderebbero. Più variegate invece le posizioni delle associazioni dei consumatori, divise tra favorevoli e contrari, per quanto quelle avverse alla fine tutela abbiano ricevuto probabilmente maggior risalto mediatico.

Non stupisce dunque che, in un dibattito cosi fortemente polarizzato, la politica – con gli ispiratori della Legge Concorrenza del 2017 ormai ridotti a ruoli comprimari – sia stata quasi del tutto latitante, evitando la “patata bollente” di sciogliere i due nodi critici necessari alla finalizzazione del processo, portandolo ineluttabilmente alla posticipazione.

Il primo nodo è riconducibile alla disciplina dell’elenco dei soggetti abilitati alla vendita di energia elettrica, non ancora approvata, che nel definire requisiti minimi per l’attività di fornitura dovrebbe garantire l’affidabilità dei fornitori a tutela dei clienti finali.

Il secondo, ben più rilevante, è rappresentato dalle modalità della transizione dei piccoli consumatori in Maggior Tutela che, alla data della sua estinzione, non avranno ancora attivamente scelto una fornitura di Mercato Libero.

È proprio su tale passaggio che le differenti posizioni degli operatori paiono estremamente difficili da conciliare, con – per citare le due principali – alcuni soggetti che spingono verso l’assegnazione mediante aste del servizio di fornitura dei clienti ancora inerti dopo il fine tutela e altri che chiedono il loro trascinamento verso le società di vendita degli attuali esercenti la Maggior Tutela.

A tal riguardo si è espressa recentemente anche ARERA che, prendendo atto della difficoltà di rispettare il termine del 1° luglio 2020 in assenza della definizione dei passaggi sopra citati, ha invitato Parlamento e Governo a consentire un percorso di graduale superamento della Maggior Tutela differenziato tra le diverse tipologie di clienti, vale a dire prevedendo in primo luogo la transizione delle piccole imprese e successivamente dei clienti domestici.

Ma transizione verso dove? Nel concreto si potrebbe trattare di un passaggio da un regime regolato (Maggior Tutela) ad un altro (Salvaguardia) che rappresenti un servizio di ultima istanza, un approdo temporaneo volto a stimolare il consumatore a rivolgersi al Mercato Libero.

In settembre, ARERA ha proposto uno schema del nuovo servizio auspicando un assetto simile a quello tipico del Mercato Libero, dove – diversamente dalla Maggior Tutela – la funzione di approvvigionamento e quella di commercializzazione siano svolte dallo stesso soggetto e prevendendo una selezione degli esercenti la Salvaguardia attraverso aste.

Chiaramente, complice la posticipazione al 2022, il confronto andrà avanti, anche perché l’Autorità ha già posto in pubblica consultazione una serie di orientamenti sui fondamenti del design delle procedure competitive, dalla definizione puntuale dei requisiti di accesso ai possibili tetti antitrust, dalla identificazione delle aree del servizio oggetto delle aste alla durata del periodo di assegnazione del servizio.

Dal punto di vista istituzionale, una simile innovazione rappresenta un passaggio molto delicato e – dati numero e natura degli utenti coinvolti e la particolare sensibilità politica sul tema bollette – non sono permessi errori nella gestione della transizione per non minare la fiducia nei confronti della completa liberalizzazione. Adelante con juicio, questo è lo spirito che sottende l’auspicio di un approccio graduale in grado di raccogliere dalle esperienze delle prime aste per utenti non domestici di maggior dimensione elementi utili per affinare il disegno regolatorio per gli altri gruppi di utenti.

Sebbene non si sia espresso sulla possibilità di implementare aste ovvero adottare altri meccanismi per individuare i soggetti che dovranno esercire il servizio, il Governo sembra condividere l’idea di una attivazione progressiva del nuovo servizio per “scadenze frazionate”, come affermato dal Ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli in audizione dalla Commissione Industria del Senato.

Seppur in un clima politico diverso, le lancette dell’orologio “fine tutela” sembrano dunque essere tornate indietro al 2017: una riforma di principio che attende di essere riempita di contenuto. L’auspicio è che la politica arrivi ad una rapida definizione dei meccanismi di transizione, “altrimenti ci troveremo nella scadenza successiva nelle stesse condizioni di oggi” per dirla con le parole del Ministro Patuanelli, una situazione che non può portare alcun beneficio né agli operatori né ai consumatori.