Il settore dei trasporti sta vivendo una rapida accelerazione verso la decarbonizzazione, sia a livello globale che europeo. Alcune forme di trasporto, aeronautico o marittimo, sono per loro stessa natura a carattere prevalentemente globale, pur avendo delle componenti “regionali” altrettanto rilevanti. Le policy di sostenibilità e le relative norme di regolamentazione vengono quindi elaborate in contesti più ampi e complessi della sola Unione Europea, peraltro a sua volta già notevolmente articolata.

La ricerca e lo sviluppo dell’innovazione in ambito industriale, in un settore così chiaramente policy-driven, sono quindi indirizzate dalle scelte del legislatore europeo o da Enti sovranazionali come l’ICAO (International Civil Aviation Organization) e l’IMO (International Maritime Organization). Le Direttive Europee in essere o di prossima implementazione, quali REDII, Waste, CO2 regulation, ecc, dovranno essere per quanto possibili armonizzate con i nuovi programmi in ambito ICAO (programma CORSIA) od IMO.

È comunque indubbio come le industrie europee, nel corso degli ultimi anni, abbiano già investito notevoli risorse sia nello sviluppo di combustibili alternativi che nel loro impiego e tecnologie di utilizzo. In ottica futura si dovrà inoltre tenere presente l’impulso che verrà ulteriormente portato dal Green Deal promosso dalla nuova Commissione Europea ed appena approvato in sede Comunitaria (dicembre 2019), sia per quanto riguarda gli aspetti strettamente legati all’innovazione tecnologica, che per quelli finanziari (BEI ed investimenti Verdi) e quindi il supporto agli investimenti.

In questo momento è diffusa la percezione che, in qualche decennio, i trasporti stradali vedranno la sostituzione dei combustibili fossili con il trasporto elettrico, mentre per il trasporto aereo (in primis), marittimo ed heavy duty i combustibili di origine biologica o da carbonio “riciclato” (Recycled Carbon Fuels-RCC, secondo la definizione della REDII) dovranno svolgere un ruolo primario. In realtà, secondo le proiezioni delle principali istituzioni internazionali ed europee (es AIE), al 2050 il ruolo dei biocombustibili avanzati e dei Recycled Carbon Fuels sarà ancora rilevante, all’incirca comparabile con quello dell’elettrico. Per il raggiungimento degli obiettivi di Parigi sarà quindi necessario mobilizzare e valorizzare il contributo di tutte le opzioni, che probabilmente non saranno in competizione in questo lasso di tempo.

Le filiere per la produzione dei biocombustibili avanzati e degli RCC sono numerose e complesse, e variano a seconda della materia prima (lignocellulosica, zuccherina-amidacea, oleaginosa, algale e microbica, rifiuti, CO2…) e del settore di destinazione (stradale, aeronautico, marittimo e heavy-duty). I nuovi combustibili rinnovabili ed alternativi – in gran parte idrocarburi e non combustibili ossigenati – si presentano in generale con ottime caratteristiche chimico-fisiche, e quindi in molti casi in grado di assicurare prestazioni superiori non solo rispetto ai gas serra, ma anche ad inquinanti di carattere locale, e favoriscono il mantenimento efficiente nel tempo dei motori e dei sistemi di propulsione. Ad esempio, l’aumento del numero di cetano e la riduzione del contenuto di zolfo nei gasoli rinnovabili ottenuti per idrogenazione consente di ridurre le emissioni di CO ed HC, ed aumentare il rendimento del motore ai carichi parziali, il comfort di marcia, riducendo le emissioni di particolato e solfati, e di idrocarburi policiclici aromatici. Analogamente, combustibili di tipo Fischer-Tropsch consentono l’ottimizzazione della composizione del combustibile relativamente al suo impiego finale. Questi processi generano, quindi, in molti casi un prodotto di elevata qualità, che contestualmente contribuisce alla decarbonizzazione del sistema. Nel seguente grafico è rappresentato qualitativamente l’impatto dei diversi combustibili su alcune tipologie di mezzi (passengers cars).

Emissioni inquinanti per combustibile in mezzi moderni o Euro3 (od equivalenti)

Fonte: OECD/IEA 2018, Renewables 2018, Analysis and Forecasts to 2023, IEA Publishing. Licence: www.iea.org/t&c

Le principali rotte di processo per la produzione di biocombustibili avanzati sono riassunte nella seguente figura assieme al grado di maturità. A queste si devono aggiungere le filiere RCC, tipicamente legate alla gassificazione e conversione di rifiuti in alcohol ed altri combustibili per trasporti, ed alla fermentazione di gas industriali (ad es di acciaieria) in etanolo ed altri prodotti.

Stato di sviluppo delle filiere per i biocombustibili

Fonte IRENA

Come detto, il settore aeronautico è l’ambito probabilmente più complesso dal punto di vista tecnologico e di caratteristiche del prodotto finale. Le filiere di processo per realizzare combustibili rinnovabili o RCC idonei per il trasporto aereo (aviazione commerciale) sono numerose.

Le principali filiere di processo per biocombustibili per aviazione

Fonte: Chiaramonti & Horta, 2017

Ad oggi la principale produzione (in volume totale prodotto) di jet fuel di origine rinnovabile è basata sul trattamento catalitico con idrogeno di lipidi ed acidi grassi (HEFA): il kerosene avio così ottenuto risulta privo di composti aromatici, e come tale idoneo alla miscelazione sino al 50% con jet fuel di origine fossile. Secondo le norme ASTM applicabili, viene infatti richiesto un contenuto di aromatici compreso tra l’8% ed il 25%, al fine di assicurare un ottimo funzionamento delle tenute e dei materiali polimerici impiegati nelle turbine aeronautiche. È però altresì vero come la tendenza futura sia quella di poter impiegare combustibili totalmente esenti da aromatici, migliorando così anche le emissioni di particolato in quota: in tal caso, i biocombustibili di tipo HEFA riceveranno un ulteriore impulso. Un’altra filiera in via di rapida evoluzione è quella detta Alcohol-to-Jet.

Da tenere ben presente, poi, la possibile conversione di biometano (fatto attraverso il modello Biogas Done Right) in jet fuel, filiera che potrebbe svilupparsi nei prossimi anni.

In entrambi i casi, oltre al raggiungimento di costi di produzione accettabili per l’impiego commerciale (ad oggi i costi del jet alternativo sono ancora elevati, rispetto alla opzione fossile), il tema principale che dovrà essere affrontato, più che quello tecnologico, sarà quello del reperimento di materie prime sostenibili, fattore che riguarda l’intera filiera produttiva. Ricordiamo che la Direttiva Europea richiede al biocombustibile di essere in grado di garantire il 65% di risparmio serra.

Da sottolineare come il settore aeronautico in Europa sia regolato secondo la REDII (per quanto riguarda i produttori) ed il sistema ETS (utilizzatori), mentre in ambito internazionale dal nuovo programma CORSIA di ICAO. Le differenze, come anticipato, possono essere rilevanti: prima fra tutte quella relativa al risparmio serra minimo che questi combustibili devono garantire, pari al 65% in EU ed al 10% per CORSIA. Armonizzare queste diverse policy, e poterle concretamente implementare sul campo, sarà quindi una sfida molto complessa.

In ambito marittimo la situazione è solo per certi versi differente da quella del mondo aeronautico. Le caratteristiche chimico-fisiche sono infatti quelle tipiche di un combustibile grezzo (ben lontane del jet fuel, quindi) e ben si sposano con processi quali pirolisi e liquefazione idroterma di biomasse solide, che generano dei biocrudes, che a loro volta possono poi essere in parte od in toto deossigenati (ovviamente con problematiche diverse nei due casi). L’elemento interessante della Direttiva REDII è quello di assegnare lo stesso premio (1,2 multiple counting) ai combustibili rinnovabili per il settore marittimo ed aeronautico, pur essendo la produzione e logistica della filiera avio particolarmente complesse rispetto a quelle del marittimo. Quindi, se è pur vero che il combustibile marittimo presenta un valore di mercato inferiore al kerosene per aviazione, la possibilità di studiare l’impiego di combustibili grezzi (quindi con materie prime a minor valore, con minori costi di investimento ed operativi per la produzione, e con rese di processo più alte) può avere senso, a maggior ragione se si combina l’effetto di decarbonizzazione con quello di desolforazione (i combustibili bio sono per loro natura a basso contenuto di zolfo). D’altronde, le possibili alternative al bio sono quelle di passare a combustibili minerali più leggeri e puliti (con maggior costo specifico), impiegare il GNL (con relativi costi infrastrutturali) o installare sistemi di scrubber a bordo, tutte opzioni con costi di capitale ed operativi non trascurabili.

In conclusione, il ruolo dei biocombustibili avanzati e dei RCC sarà rilevante nei prossimi anni e complementare a quello della elettrificazione nel caso stradale. In altri ambiti, come quello avio, rimarranno probabilmente la principale opzione per la decarbonizzazione. Gli impianti industriali dovranno produrre combustibili di qualità superiore, provenienti da materie prime disponibili a basso costo e sostenibili, e mirare sempre più ai settori ove l’elettrificazione risulta più complessa (se non impossibile), quali avio e marittimo. Le tecnologie sono oggi in parte già disponibili, grazie anche agli investimenti fatti dal comparto industriale ed agricolo negli ultimi 10-15 anni: sarà però necessario provvedere a creare le condizioni di mercato in grado di sostenere la produzione di questi combustibili in modo sufficiente e stabile nel tempo.