L’Africa è al centro del recentissimo World Energy Outlook dell’Agenzia Internazionale dell’Energia che le dedica un focus speciale, sottolineando le prospettive future di grande consumatore di energia a livello globale. Quale ritiene sia il ruolo dell’Africa nel prossimo futuro in termini energetici? Riuscirà ad affermarsi anche come produttore energetico a livello mondiale?
Se oggi consideriamo che nel continente africano oltre 600 milioni di persone non hanno accesso all’energia elettrica (dati 2018) e che circa l’80% delle aziende nell’area Sub-Sahariana hanno risentito di interruzioni continue dell’energia elettrica, con importanti perdite economiche, ci rendiamo conto che l’accesso all’energia nel continente africano è uno dei principali temi da affrontare per assicurarne una crescita economica sostenibile. L’Africa non è un continente povero, tutt’altro: la disponibilità di materie prime, le risorse naturali ed una popolazione la cui età media nel 2017, era di 17 anni (fonte UNDESA) indicano la disponibilità di un capitale naturale tra i più importanti al mondo, quindi con un potenziale di crescita tra i più alti. Ma se la ricchezza in materie prime, la flora e la biodiversità, l’acqua ed il capitale umano ci sono, cosa manca a questo Continente per completare un quadro di crescita e sviluppo socio-economico sostenibile? Una delle risposte più logiche ci indica le infrastrutture e la formazione. Entrambe abilitano l’accesso al capitale naturale trasformandolo in asset che servirà le future generazioni nella loro crescita. L’Africa non ha altre opzioni che di affermarsi quale produttore energetico a livello mondiale. Chiaramente molto dipende dalle politiche nazionali, dalle popolazioni locali e da investitori come Eni, che dovranno e potranno giocare un grande ruolo instaurando collaborazioni tra il settore pubblico (i Governi) ed il settore privato. E’ solo tramite lo scambio di conoscenze, trasferimento di capacità tecniche, tecnologie e risorse finanziarie che questi obiettivi di sviluppo sostenibile possono essere raggiunti.
Il continente africano fa parte del passato, del presente e del futuro di Eni. Come è evoluto l’approccio di Eni in relazione a quest’area?
Fin dai tempi di Enrico Mattei, Eni si è sempre impegnata a cooperare con i Paesi ospitanti, nel cogliere e far cogliere ogni opportunità di sviluppo economico e sociale del territorio, basandosi sul dialogo, l’ascolto e il coinvolgimento delle comunità locali. La costruzione di valore reciproco ha sempre rappresentato il fil rouge di quella che inizialmente era ricordata come la “Formula Mattei” o approccio “dual flag” basato su un sistema di collaborazione con i Paesi ospitanti, fino ad arrivare alla recente nuova Mission di Eni che mette al centro lo sviluppo sostenibile e i Sustainable Development Goals (SDG) definiti dalle Nazioni Unite nell’ambito dell’Agenda 2030. Alla base di questa evoluzione restano sempre alcuni concetti chiave: il dialogo, la partecipazione delle persone e delle imprese locali alle attività industriali di Eni, il trasferimento di conoscenze e di competenze, il potenziamento del patrimonio delle capacità delle comunità. Per quanto di mia competenza, il gruppo forestry è particolarmente concentrato sul supporto ai paesi africani nella valorizzazione della conservazione e gestione sostenibile degli ecosistemi e delle risorse naturali che tanto contribuiscono al raggiungimento degli SDG. Insomma, lo sviluppo sostenibile, opportunamente contestualizzato, assume un ruolo fondamentale e di guida nei piani industriali.
Lei è Senior Vice President Forestry Initiatives. Ci può spiegare in cosa consiste il suo ruolo e a quali finalità risponde?
Come anticipato, con il mio team e con tutte le altre funzioni aziendali coinvolte siamo particolarmente concentrati sul supporto ai paesi africani nella valorizzazione della conservazione e gestione sostenibile degli ecosistemi e delle risorse naturali, trasformando in asset quel Capitale Naturale così poco valorizzato in questo bellissimo continente. Ovviamente il dibattito si inquadra nella nostra strategia di de-carbonizzazione, trattandosi anche di importanti e imprescindibili azioni di mitigazione ai cambiamenti climatici. È noto a tutti, in particolare dopo gli eventi della scorsa estate in Amazzonia, Siberia e Africa Sub-Sahariana, come lottare contro la deforestazione su scala globale sia ormai diventata una priorità. Le cause di questa emergenza non sono unicamente gli incendi, anche se questi sono molto più seguiti in quanto “spettacolari” da un punto di vista mediatico, ma soprattutto la conversione delle foreste in terreni ad altro uso (in Africa soprattutto per agricoltura di sussistenza). Questo genera la perdita di habitat fondamentali per l’equilibrio ecologico sulla terra, oltre al rilascio di carbonio in atmosfera.
Oggi le iniziative di forestry di Eni si inquadrano nello schema REDD+ (Reducing Emissions form Deforestation and forest Degradation), disegnato dalle Nazioni Unite, che prevede attività di conservazione delle foreste e miglioramento della capacità di stoccaggio naturale della CO2, favorendo, al contempo, lo sviluppo delle comunità locali attraverso la promozione di attività socio-economiche che siano in linea con una gestione sostenibile delle foreste, una loro valorizzazione oltre che una conservazione della biodiversità. Tutto questo è chiaramente realizzato grazie alle collaborazioni con i Governi dei Paesi, con le comunità locali e con società specializzate nel settore. Con essi cooperiamo ricoprendo sempre un ruolo attivo nella gestione (governance) dei progetti REDD+. Questa attività è in grado, oltre a preservare, anche di generare nuova capacità di assorbimento naturale della CO2. Una volta certificata da terzi, Eni utilizza questa capacità di assorbimento per controbilanciare parte della CO2 emessa nelle attività industriali energetiche.
Agricoltura ed energia sono spesso stati considerati due settori distanti, quando in realtà le potenzialità sinergiche sono elevatissime. Ne è prova il fatto che Eni, BF S.p.A. e Coldiretti abbiano recentemente firmato un accordo di cooperazione per la realizzazione di iniziative congiunte di sviluppo sostenibile in Africa. Quali sono le principali iniziative e i progetti più avanzati in questo ambito nel Continente?
Essere imprenditori agricoli oggi vuol dire assicurarsi l’accesso all’energia ed ai mercati, confrontarsi con gli impatti sociali ed ambientali, così come con le sfide della ricerca e delle nuove tecnologie. Ognuno singolarmente può essere un’eccellenza nel suo campo specialistico ma le industrializzazioni moderne richiedono un approccio più olistico e sostenibile dove i diversi attori, per quanto apparentemente diversi, sono complementari in progetti integrati che sviluppino interamente le varie filiere a beneficio delle comunità locali e dei progetti industriali stessi. Un’agricoltura capace di sfamare un mondo in continua crescita demografica ma che al contempo assicuri la preservazione di biodiversità può arrivare solo tramite le innovazioni tecnologiche che rendono più efficienti e quindi più produttive aree oggi già dedicate all’agricoltura ma scarsamente sfruttate. Basta pensare alle aree tropicali e subtropicali, dove si possono ottenere almeno due raccolti all’anno, rispetto alle stagionalità singole al quale siamo abituati nei climi temperati. L’innovazione in questo campo porta anche ad un risparmio in termini di consumo idrico e di combustibile oltre che di emissioni di CO2. La digitalizzazione gioca anche qui il suo ruolo. In tale settore risultano chiare le esigenze di formazione dei futuri imprenditori e operatori, per questo sinergie importanti come questa tra noi Coldiretti e Bonifiche Ferraresi può portare un importante contributo ai sistemi agricoli del continente africano.
Può raccontarci in cosa consiste il progetto Okuafo Pa, del Ghana?
Okuafo Pa, è una espressione in lingua twi, una delle lingue del Ghana, e significa ‘buon agricoltore’, ‘gran lavoratore’ e ‘imprenditore. È un termine che richiama i principali obiettivi del progetto, concepito con l’obiettivo di creare diversificazione economica nel settore agricolo e zootecnico, trasferendo competenze tecnico-gestionali attraverso la costruzione di nuove infrastrutture, la formazione professionale, l'accesso al mercato del lavoro e la promozione di nuovi investimenti e start-up, stimolando così l’imprenditorialità locale. Il Progetto è stato sviluppato da Eni in cooperazione con il Governo del Ghana in un’area particolarmente depressa nell’ovest del Paese, e prevede la costruzione di un nuovo centro di formazione per 800 studenti, la formazione professionale nell’agri-business, il supporto degli studenti nella fase di post-formazione e la creazione di un modello di cooperativa sostenibile in grado di sviluppare le filiere dei principali prodotti agricoli come mais, anacardi, pomodori, cacao e pollame. L’imprenditorialità è al centro del progetto e funge da volano per migliorare le condizioni socio-economiche di quelle fasce più vulnerabili della popolazione locale. Gli 800 studenti, di età compresa tra i 18 ed i 40 anni, sono stati selezionati all’interno delle comunità locali e rappresentano quel bacino di popolazione che può cominciare a cambiare il proprio futuro migliorando le proprie condizioni di vita direttamente dove risiedono. Il centro è stato completato lo scorso settembre, in poco più di 6 mesi, sottolineando l’impegno che tutte le parti in gioco hanno messo sul progetto. Abbiamo già dato il via al primo programma di formazione professionale che durerà 12 mesi. Il completamento di Okuafo Paconsente anche di definire un modello di demo-farm che appunto grazie alle specifiche competenze della cooperazione tra Eni, Coldiretti, Bonifiche Ferraresi e Cassa Depositi e Prestiti potrà essere replicato in buona parte dell’Africa Sub-Sahariana.
Quali sono gli ostacoli principali incontrati nell’implementazione di progetti sostenibili in Africa e come sono stati superati?
Gli ostacoli possono essere tanti se non si tiene conto del quadro in cui si opera e delle aspettative delle istituzioni e delle comunità con le quali ci si interfaccia. Spesso ci si trova di fronte a realtà complesse in termini di crescita, occupazione, inefficienze, povertà e disuguaglianze. Le aspettative sono alte, il dialogo, l’ascolto e la comprensione sono le uniche risposte. Gli incontri e i dibattiti pubblici prima di iniziare qualsiasi progetto, industriale o sociale che sia, sono lo strumento principale con cui ci interfacciamo con chi si aspetta da noi soluzioni e cambiamenti spesso sostanziali. La soluzione non è mai univoca, bisogna far comprendere che siamo lì per promuovere e introdurre un cambiamento positivo.
Il rapporto tra energia e agricoltura prevede anche l’uso di importanti tecnologie e di un forte supporto dell’innovazione. In Africa i centri universitari e di ricerca sono in grado di supportarvi nella realizzazione dei progetti oppure c’è ancora bisogno di investire nella formazione e nello sviluppo di nuove conoscenze?
Investire nella formazione è sempre una strategia vincente. Il capitale umano e le sue competenze sono la nostra prima risorsa. In Africa vi sono diverse eccellenze universitarie e di ricerca, in Ghana ad esempio stiamo collaborando con ottimi risultati con la Facoltà di Agraria della Kwame Nkrumah University for Science and Technology (KNUST) che ci supporta nella mappatura delle catene del valore all’interno delle varie filiere agricole e nella definizione dei programmi formativi da implementare nel progetto Okuafo Pa. Nei nostri progetti spesso stimoliamo la cooperazione tra i centri di eccellenza universitari italiani e mondiali con Università africane; questo aiuta molto la crescita di questi Istituti accelerando il processo di riduzione di eventuali gap.
Come vede l’Africa di domani e come vede l’Eni nell’Africa di domani?
Potrei rispondere alla domanda basandomi sui dati statistici e previsioni: è un continente che presenta una grande variabilità di ecosistemi e sarà fortemente impattata dai cambiamenti climatici, come l’aumento della desertificazione e la conseguente maggiore vulnerabilità delle popolazioni impattate, la sovrappopolazione, la fame e l’attuale scarso accesso all’energia. Ma vorrei guardare al futuro dell’Africa in maniera diversa, sponsorizzando un capitale naturale al quale le comunità locali devono accedere e trasformarlo in asset, dove il ruolo di Eni è di supporto ed accompagnamento affinché ciò possa avvenire. Tutti noi dovremmo fare la nostra parte, noi ci siamo e ci saremo.