Negli ultimi dieci anni, il Global CCS Institute ha monitorato l’insieme di tecnologie che prende il nome di Cattura e Stoccaggio del Carbonio (CCS) osservandone l’evoluzione: da sistema che permette di abbattere le emissioni collegate alla generazione elettrica a soluzione in grado anche di contenere l’intensità emissiva dell’industria, passaggio necessario per traguardare gli obiettivi climatici globali. Non è infatti un caso che gli ultimi modelli internazionali sul cambiamento climatico ne prevedano un impiego senza precedenti nei prossimi 80 anni (vedi figura). Il motivo è sostanzialmente legato a tre fattori: 1) si tratta di una soluzione funzionante già oggi; 2) è in grado di ridurre significativamente le emissioni del settore industriale; 3) è perfettamente in linea con i target di riduzione della CO2 fissati a livello internazionale.
Il contributo potenziale della CCS nei target climatici fissati dall’IPCC
Fonte: Global CCS Institute and IPCC, 2018.
Una tecnologia già funzionante
Ad oggi, vi sono 23 impianti CCS su larga scala in funzione o in costruzione che catturano quasi 40 milioni di tonnellate l’anno (Mtpa) di CO2. A questi si aggiungono altre 28 strutture pilota e impianti dimostrativi, in funzione o in costruzione, per un volume di CO2 catturata che supera i 3 Mtpa. Infine, allo stato attuale, sono oltre 230 i milioni di tonnellate di CO2 di natura antropogenica ad essere stati immagazzinati dagli impianti CCS di tutto il mondo.
La CCS nel mondo
Fonte: Global CCS Institute, 2018
Nota: la dimensione dei cerchi è proporzionale alla capacità di assorbimento della CO2
La nascita della cattura e dello stoccaggio della CO2 risale a più di 45 anni fa. Il primo impianto CCS su larga scala (1972) fu quello denominato Val Verde, situato presso un giacimento petrolifero del Texas. Il principale driver del suo sviluppo è stato l’enhanced oil recovery (EOR), una tecnica che consente di migliorare il recupero di petrolio nei giacimenti maturi. La CO2 viene iniettata nel sottosuolo al fine di estrarre maggiori quantità di petrolio per poi essere immagazzinata in maniera permanente nei pori che precedentemente contenevano gli idrocarburi. Questo ha fatto che sì che, almeno nella sua fase iniziale, l'EOR costituisse l'unico incentivo commerciale per la diffusione della CCS.
In seguito, sempre più spesso, è stata utilizzata come tecnologia per la riduzione delle emissioni. Il primo impianto su larga scala di questo tipo fu Sleipner, nel Mare del Nord, al largo della Norvegia: un impianto che opera da oltre 20 anni immagazzinando oltre 18 Mt di CO2. Quest'anno è stato avviato il più grande sito di stoccaggio geologico al mondo, il Gorgon CO2 Injection, in una piccola isola al largo dell'Australia occidentale. L'impianto, che sta aumentando la sua capacità di iniezione, inietterà a regime fino a 4 Mtpa di CO2 a 2 km di profondità.
La CCS ha il netto vantaggio di poter essere applicata a una vasta gamma di settori industriali. Ad esempio, sta interessando su scala commerciale:
- la produzione di biocarburanti, di idrogeno, di fertilizzanti, la generazione elettrica da carbone, il processamento del gas naturale e la gassificazione del petcoke negli Stati Uniti;
- la produzione di idrogeno e di carbone in Canada;
- il processamento del gas naturale in Brasile, Cina, Europa e Australia;
- la produzione di acciaio e di gas naturale in Medio Oriente.
Impianti su scala commerciale: evoluzione nel tempo
Fonte: Global CCS Institute, 2018.
Una tecnologia fondamentale per decarbonizzare l’industria
Riconosciuta come una delle principali tecnologie per la mitigazione dei cambiamenti climatici e la transizione verso un futuro a basse emissioni, la CCS è l'unica tecnologia ad oggi disponibile in grado di consentire una forte riduzione delle emissioni in molti processi industriali ritenuti vitali per l'economia globale, come l’industria dell’acciaio e del cemento.
In aggiunta, vi sono molti settori - tra cui la raffinazione e la lavorazione di prodotti chimici, petrolio e gas, nonché la produzione di fertilizzanti - che producono un flusso di CO2 pura come sottoprodotto delle proprie lavorazioni. Oggi, questi settori sono quelli che ospitano la maggior parte degli impianti CCS su larga scala.
Da ultimo, va ricordato che la CCS costituisce anche un canale per la futura produzione di idrogeno a zero emissioni. Attualmente, è infatti la tecnologia più economica e matura con cui ottenere idrogeno blu (conversione del combustibile fossile in idrogeno + CCS) che, se sviluppata, è in grado di decarbonizzare, tra gli altri, il settore dei trasporti e i mercati domestici del gas.
Per un mondo a zero emissioni servono tecnologie a emissione negative
Inevitabilmente, a causa del continuo aumento del consumo di combustibili fossili e di quei settori che non sono in grado di decarbonizzarsi completamente (ad esempio l'agricoltura), la rimozione della CO2 dall'atmosfera attraverso tecnologie ad emissioni negative sarà sempre più necessaria. Secondo l'IPCC (2018), entro il 2100 devono essere rimosse dall'atmosfera tra le 100 e le 1000 miliardi di tonnellate di CO2. Secondo gli attuali modelli climatici, la bioenergia combinata con la cattura e stoccaggio del carbonio (BECCS) contribuirà in maniera preponderante al raggiungimento di questo obiettivo. Si tratta di una tecnologia matura ed economicamente sostenibile, oggi già disponibile. E non appena anche la Cattura Diretta dall’Aria con Stoccaggio (DACS) sarà implementata, assisteremo ad un suo sviluppo su larga scala.
Il Global Carbon Capture and Storage Institute è un think tank internazionale, sostenuto da governi, aziende e ONG, la cui missione è quella di accelerare lo sviluppo della cattura e stoccaggio del carbonio (CCS). L'Istituto ha sede a Melbourne, in Australia, con uffici a Washington DC, Londra, Bruxelles, Pechino, Calgary e Tokyo.
La traduzione in italiano è stata curata dalla redazione di RiEnergia. La versione inglese di questo articolo è disponibile qui