Ogni anno nel mondo si generano 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici. Una cifra pari al peso di 800 laptop al secondo. Si tratta dei RAEE, acronimo di Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche. Vengono considerati tali tutti i prodotti tecnologici non funzionanti o dismessi per obsolescenza. Una varietà di generi di consumo che va dalle lavatrici agli smartphone, passando per i televisori, i telecomandi, gli elettrodomestici da cucina, fino ai più piccoli marchingegni come le sigarette elettroniche. Oggetti della nostra quotidianità che, giunti a fine vita o semplicemente accantonati par altri più nuovi, necessitano di un trattamento specifico e, soprattutto, sicuro per l’uomo e per l’ambiente.

Che i RAEE siano legati a doppio filo all’evoluzione della tecnologia è un corollario intuitivo: non esiste rifiuto elettronico che non derivi da un dispositivo precedentemente prodotto. Va da sé che a una maggiore quantità di tecnologia immessa sul mercato, corrisponde un relativo agglomerato di rifiuti elettronici. Il mondo se n’è reso conto con l’avanzare del progresso, quando la sovrabbondanza di nuovi prodotti hi-tech ha reso necessaria una riflessione su quelli vecchi che venivano dismessi. Cambiare un televisore o un frigorifero è un’operazione semplice, smaltire miliardi di vecchi pezzi nel modo corretto è decisamente più difficile.

L’Europa ha iniziato a sviluppare una strategia dei rifiuti elettronici nei primi anni Duemila quando apparve chiaro che le enormi quantità di RAEE (in inglese WEEE – Waste of Electrical and Electronic Equipment) avrebbero dovuto essere trattate in modo specifico per evitare danni permanenti all’ambiente. Il principio trovato per creare il sistema da zero fu quello del “Chi inquina paga” introdotto nella direttiva 2002/96 con il nome di “Responsabilità estesa del produttore”. Più semplicemente venne stabilito che chiunque immettesse sul mercato materiale elettronico, sarebbe stato responsabile dello smaltimento di un’identica quantità, in peso, di rifiuti elettronici. Il totale annuo in Europa ha raggiunto la cifra di circa 9 milioni di tonnellate.

In Italia, la direttiva europea del 2002 è stata recepita nel 2005 con il Decreto Legislativo 151, successivamente sostituito dal D.Lgs. 49/2014. Il Legislatore italiano ha dato la possibilità alle varie aziende produttrici di assolvere al loro compito di gestione dei RAEE in modo singolo o attraverso Sistemi Collettivi. Questi ultimi sono solitamente Consorzi finanziati dagli stessi associati allo scopo di provvedere alle operazioni di ritiro dei rifiuti elettronici dai vari centri di conferimento realizzati dagli Enti Locali o dai Distributori in tutto il territorio nazionale e al loro successivo trattamento negli appositi impianti.

La normativa italiana prevede una suddivisione dei RAEE in cinque Raggruppamenti: R1 (freddo e clima), R2 (grandi bianchi), R3 (TV e monitor), R4 (informatica, elettronica di consumo, piccoli elettrodomestici e apparecchi di illuminazione), R5 (sorgenti luminose). Nel 2018 la quantità di RAEE trattati correttamente dalla nostra filiera formale ha superato per la prima volta le 300mila tonnellate, assestandosi su quota 310.610 tonnellate. Di queste, oltre il 34% (105.824 t) è stata gestita da Ecodom, ad oggi il più grande consorzio RAEE operante in Italia per quantità di rifiuti gestiti. Attivo dal 2008, Ecodom associa 124 produttori e genera ricavi superiori a 38 milioni di euro. I dati contenuti nel Rapporto di Sostenibilità 2018 del Consorzio rivelano che nel 2018 Ecodom ha gestito 4.825 punti di prelievo su tutto il territorio nazionale, effettuando 46.676 trasporti con una puntualità nei ritiri superiore al 99,8%.

Insieme a Ecodom, in Italia lavorano altri 14 consorzi di varia natura e dimensione, collegati dal Centro di Coordinamento RAEE (CdC RAEE), un organismo che rappresenta il vero e proprio arbitro di tutta la filiera. Il CdC RAEE garantisce il corretto funzionamento del nostro sistema multi-consortile e ne fa un’eccellenza a livello europeo, grazie a regole precise rispettate da tutti i consorzi.

Relativamente al tema RAEE, il problema più grave in Italia e anche in molti altri Paesi europei – abbastanza importante da impedire all’intero sistema di esprimere il suo pieno potenziale – è la presenza di soggetti terzi che operano sui rifiuti elettronici sfuggendo alla supervisione del CdC RAEE. Ci sono quelli che costituiscono il cosiddetto sistema “informale” e che, seppur in possesso di autorizzazioni regolari, eseguono operazioni di trattamento e smaltimento senza rispettare alcuno standard di qualità. Ancora più in là sulla linea della legalità, esiste un canale clandestino che riesce a controllare indisturbato una significativa “parte mancante” di RAEE. Questi soggetti sono responsabili di azioni illegali di vario genere: dall’abbandono del rifiuto in discariche illegali fino alla cannibalizzazione delle sue parti pregiate. Secondo una ricerca effettuata nel 2015 dal Consorzio CWIT (Countering WEEE Illegal Trade) nel 2012 in Europa solo il 35% dei RAEE generati (pari a 3,3 milioni di tonnellate su 9 milioni di tonnellate totali) è stato trattato e rendicontato dai sistemi di raccolta ufficiali e riconosciuti. In Italia, il sistema “informale” gestirebbe ogni anno circa il 30% dei RAEE nazionali; mentre i flussi “clandestini” potrebbero arrivare a sottrarre al trattamento corretto circa una quantità compresa tra il 43% e il 47%.

Di questo e di altri problemi si è discusso martedì 11 giugno 2019 nel corso del convegno “RAEE – Sei nazioni a confronto”, organizzato da Ecodom a Roma. I rappresentanti dei maggiori consorzi RAEE di Francia, Gran Bretagna, Spagna, Portogallo, Olanda e Italia hanno messo a confronto i rispettivi sistemi e le criticità ai quali questi ultimi sono soggetti, avanzando al contempo delle proposte per migliorare la raccolta e il trattamento dell’E-Waste. Ne è risultato che i sistemi potrebbero migliorare solo per mezzo di correttivi normativi che blocchino definitivamente le pratiche illecite e taglino fuori dal controllo dei rifiuti tutti quei soggetti che operano ai margini, o addirittura al di fuori, degli standard. Consegna obbligatoria dei rifiuti ai Consorzi, divieto di pagare in contanti le transazioni relative ai rottami e ai rifiuti in generale e introduzione di standard di trattamento obbligatori per legge: apportare tali modifiche alla normativa potrebbe, secondo gli esperti, facilitare il raggiungimento degli obiettivi europei di raccolta dei RAEE in tutta Europa.  

Dal gennaio 2019 l’asticella si è alzata, portando i target di raccolta a cifre più ambiziose. Secondo la corrente normativa europea, infatti, dal 2019 il tasso minimo di raccolta da conseguire annualmente è pari al 65% del peso medio delle AEE immesse sul mercato nello Stato membro interessato nei tre anni precedenti o, in alternativa, all'85 % del peso dei RAEE prodotti nel territorio di tale Stato membro. Un obiettivo che, allo stato dell’arte, nessun paese in Europa pare in grado di raggiungere, ma che sarebbe a portata di mano se solo i sistemi formali fossero più garantiti da parte della legge.