Secondo la definizione data dall’Ocse, per sussidio normalmente si intende “una misura che mantiene i prezzi per i consumatori al di sotto dei livelli di mercato, o mantiene i prezzi per i produttori al di sopra dei livelli di mercato o che riduce i costi per i produttori e i consumatori, tramite sostegno diretto o indiretto”.
Sulla questione sussidi il dibattito è sempre molto acceso, soprattutto quando si parla di quelli relativi ai combustibili fossili, oggetto di interesse a livello internazionale tenuto conto che, a partire dal 2015, il G20 ha avviato un programma volontario di peer review di rapporti nazionali su questo tipo di sussidi al fine di razionalizzare ed eliminare nel medio termine quelli inefficienti che incoraggiano gli sprechi.
L’Italia, da parte sua, si è impegnata a rivederli anche nell’ambito del recente "Piano nazionale integrato energia e clima” (PNIEC), con particolare riferimento a quelli che definisce come “sussidi ambientalmente dannosi” (SAD), e come tali da superare gradualmente, raggruppandoli in 3 liste:
a) Una lista da esaminare e valutare prioritariamente al fine di individuare eventuali compensazioni;
b) Una lista secondaria da approfondire tecnicamente;
c) Una lista da riformare a livello internazionale.
Per capire un po’ meglio di cosa si tratta, si può al momento fare riferimento all’ultima edizione del “Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli” messo a punto dal Ministero dell’Ambiente nel 2017, attualmente in fase di aggiornamento, che, per quanto riguarda l'energia, identifica una cifra di circa 11 miliardi di euro di sussidi che interessano prevalentemente i combustibili utilizzati nei trasporti, inseriti nella lista a) del PNIEC, di cui 5 miliardi dovuti al differente trattamento fiscale fra benzina e gasolio, inseriti invece nella lista b).
Sono ricomprese agevolazioni per varie categorie professionali (pesca, allevamento, agricoltura e florovivaistica, taxi, ambulanze, Forze armate e autotrasporto) ed esenzioni per alcuni comparti, come quello del trasporto marittimo e aereo (bunker e jet fuel).
Nel primo caso, la voce più rilevante è quella relativa all'autotrasporto (pari a circa 1,3 miliardi di euro) e nello specifico si tratta del “Rimborso del maggior onere derivante dall'aumento dell'accisa sul gasolio impiegato come carburante per l'autotrasporto merci e altre categorie di trasporto passeggeri, a partire dal 2000 e per i provvedimenti successivi di aumento dell'accisa”, agevolazione che a decorrere dal 1° gennaio 2016 non viene più concessa ai veicoli di categoria euro 2 o inferiore per favorire un ricambio dei mezzi verso modelli più nuovi, efficienti e a più basse emissioni.
Una misura introdotta a salvaguardia della competitività di tali operatori, data la rilevanza del carico fiscale sui prodotti petroliferi italiani rispetto al resto d’Europa. Competitività che è alla base, insieme agli aspetti sociali e alla tutela del territorio, anche della seconda categoria, ossia le agevolazioni per pesca, agricoltura, allevamento, orticoltura e florovivaistica (complessivamente poco più di 830 milioni).
Quanto alle esenzioni per trasporto aereo e marittimo (circa 2 miliardi di euro), inseriti nella lista c) del PNIEC, esse derivano da convenzioni internazionali (WTO e GATT) e trattandosi di un mercato globale la modifica richiede accordi internazionali. Iniziative unilaterali di un singolo Paese avrebbero il solo effetto di spostare i rifornimenti altrove.
Quanto al differente trattamento fiscale fra benzina e gasolio, che rientrerebbe nella lista b) del PNIEC, va rilevato che non è né un'esenzione né un'agevolazione ma, come si legge nel “Catalogo”, una stima del “gettito fiscale perduto dallo Stato in conseguenza della minor accisa sul gasolio rispetto alla benzina (una forma implicita di “spesa fiscale”), a parità di contenuto energetico, prendendo come riferimento i livelli medi annui di accisa (circa 5 euro/GJ di differenza a favore del gasolio nel 2015) e i consumi di gasolio e benzina in Italia nel medesimo anno” e quindi ritenuto “una forma di sussidio dannoso”. Va tuttavia ricordato che nel nostro Paese il gasolio contiene una crescente quota di biocarburanti non valorizzata nel “Catalogo”.
Tra l’altro, il diverso trattamento fiscale tra benzina e gasolio è previsto dalla Direttiva Ue 2003/96/CE, che fissa livelli minimi di accisa diversi da prodotto a prodotto, recepita in Italia con il decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 26. Nel 2011 si è tentata una revisione della Direttiva, con l'introduzione del principio della parità di trattamento tra prodotti energetici a parità di contenuto energetico e tenore di CO2, ma sulla proposta non si è trovato accordo tra gli Stati membri.
In conclusione, si può dire che si tratta di un insieme di agevolazioni ed esenzioni che non vanno al produttore, ma rappresentano riduzioni di tasse per alcune categorie di consumatori per rendere la tassazione omogenea rispetto a quella dei concorrenti esteri (es. trasporto merci) e/o perché necessitano di sostegno per gli effetti positivi che garantiscono all’economia ed al territorio (es. pesca e agricoltura).
D’altra parte, nello stesso PNIEC si afferma che essi “giocano un ruolo rilevante a difesa di gruppi sociali in difficoltà o di settori economici vulnerabili o esposti alla competitività internazionale”, rendendo evidente il fatto che una loro eliminazione determinerebbe un “effetto spiazzamento” dell’attività dei singoli settori a vantaggio delle importazioni.
Dato il quadro e tenendo ben presente che si tratta di scelte esclusivamente politiche, su cui eventualmente si dovranno esprimere le categorie direttamente interessate, l’unica raccomandazione che si può fare nel caso di una loro revisione, è quella di procedere in modo coerente con gli altri Paesi europei per non pregiudicare la competitività del nostro Paese.