L’impegno sottoscritto nel settembre 2015 da tutti i Paesi dell’Onu configura un’Agenda articolata in 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs nell’acronimo inglese di Sustainable development goals), che spaziano dalla sostenibilità sociale a quella economica, dall’ambiente ai diritti civili.

L’Agenda 2030 sostituisce i precedenti Millennium Development Goals (MDGs), che valevano per il periodo 2001 – 2015. A differenza degli MDGs, gli SDGs valgono per tutti i Paesi del mondo e non soltanto per i Paesi in via di sviluppo. Inoltre sono stati elaborati con una significativa partecipazione della società civile, attraverso anni di confronto in molte sedi. Infatti, mentre gli MDGs erano stati vissuti come obiettivi calati dall’alto, con scarsa partecipazione (e con risultati da “bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno”: raggiunti quasi dovunque in Asia, mancati in Africa) per gli SDGs si assiste a una grande mobilitazione.

In Italia, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS) è lo strumento collettivo che intende spingere la politica al rispetto dell’Agenda 2030. Raccoglie più di 200 associazioni impegnate nella realizzazione di uno o più dei 17 Obiettivi e la sua iniziativa di maggiore risonanza è il Festival dello sviluppo sostenibile, che quest’anno ha visto la realizzazione di più di 700 eventi in 17 giorni su tutto il territorio nazionale.

Dei 17 Obiettivi, due investono direttamente questioni legate all’energia: il 7 (Assicurare a tutti l'accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni) e il 13 (Adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze). Altri obiettivi sono comunque condizionati dalle strategie energetiche; per esempio, il 9 (Costruire una infrastruttura resiliente e promuovere l'innovazione e una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile) e l’11 (Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili).

Tutti gli Obiettivi si articolano in target, con una batteria di indicatori scelti dall’Onu, ma integrati a livello nazionale, per verificarne l’attuazione. Per esempio, l’Obiettivo 7 ha cinque target che impegnano sull’efficienza energetica, sulle energie rinnovabili e sulla fornitura di fonti di energia pulita anche ai paesi meno sviluppati. I target del 13 parlano di adaptation e di mitigation e fanno esplicito riferimento alla Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici.

Che cosa possiamo derivare da questo complesso sistema di impegni? Per rispondere distinguiamo la situazione europea e quella specifica dell’Italia. A livello europeo, siamo in una fase di transizione. Le proposte presentate dalla Commissione europea sono state considerate inadeguate dal Parlamento europeo (e anche da organizzazioni della società civile), per cui la Commissione di Bruxelles prima della scadenza del prossimo anno e delle prossime elezioni europee, si è impegnata a presentare un nuovo documento sull’attuazione in Europa dell’Agenda 2030. Al recente convegno europeo organizzato dall’ASviS a Milano il 31 maggio, il vicepresidente della Commissione europea Franz Timmermans ha affermato: “entro la fine dell’anno presenteremo un documento di riflessione sullo sviluppo sostenibile. Il cambiamento climatico si sta sviluppando con più rapidità del previsto e dobbiamo far fronte a questa urgenza”.

Anche in Italia stiamo vivendo una fase di transizione, perché il ministero dello Sviluppo economico ha presentato la nuova Strategia energetica nazionale, ma siamo in attesa di un documento più ampio, il “Piano clima ed energia” che dovrebbe essere messo a punto entro la fine dell’anno. L’elaborazione della strategia italiana è anche condizionata da aspetti istituzionali: uno degli ultimi atti del governo Gentiloni è stato infatti il trasferimento a Palazzo Chigi del coordinamento delle azioni per la realizzazione in Italia degli impegni dell’Agenda 2030, in considerazione del fatto che non si tratta soltanto di impegni ambientali (la precedente Strategia di sviluppo sostenibile è stata elaborata dal ministero dell’Ambiente), ma anche sociali ed economici. Vedremo quale seguito darà a questa scelta il nuovo governo.

Dal punto di vista energetico, oltre alla necessità di dare un deciso impulso alle energie rinnovabili e alla efficienza nei consumi, il nodo da sciogliere in Italia riguarda l’effettiva possibilità di eliminare l’uso del carbone nella produzione elettrica entro il 2025 e il ruolo che si intende riservare al gas naturale in questa fase di transizione.

È chiaro peraltro che se anche l’Italia e l’Europa diventassero “campioni dello sviluppo sostenibile” dal punto di vista energetico, gli obiettivi di Parigi di contenere il riscaldamento climatico entro i 2° C e possibilmente entro 1,5° C non si potranno raggiungere senza un sostanziale trasferimento di risorse ai Paesi in via di sviluppo, per aiutarli a far fronte ai loro crescenti fabbisogni di energia con tecnologie pulite. Inoltre la battaglia per contenere il riscaldamento globale dovrà continuare anche dopo il 2030, con l’impiego di nuove tecnologie, non ancora disponibili, per estrarre anidride carbonica dall’atmosfera, cioè per abbassare i livelli di CO2 nell’aria con tecniche artificiali che abbiano lo stesso effetto delle foreste. Si tratta di una scommessa molto impegnativa ma vitale per l’Italia, considerando che l’aumento delle temperature investirà la nostra penisola con conseguenze più rilevanti rispetto ad altre aree d’Europa.