Come si coniugano gli obiettivi globali di sviluppo sostenibile e i target europei al 2030 con la realtà dell’Emilia Romagna? Quale ruolo e prospettive per il sistema economico ed energetico regionale?”
L’adozione della Strategia Nazionale per lo sviluppo sostenibile, diretta derivazione dell’Agenda 2030 dell’Onu, ha aperto una nuova fase in cui il ruolo assegnato alle Regioni è decisivo. A loro spetta il compito di declinare i 17 obiettivi fissati dalle Nazioni Unite nelle loro politiche e – per riuscirci – penso sia necessario mettere prima di tutto in chiaro il metodo da seguire: partecipazione delle scelte, che è premessa perché siano condivise - perciò più efficaci in quanto fatte proprie anche dalla comunità - e integrazione delle politiche, dal momento che il vero approccio vincente è quello che punta ad una visione complessiva, non settoriale.
L’Emilia-Romagna è pronta a cogliere la sfida. Lo è la Regione, lo sono gli enti locali, il sistema economico e produttivo, i cittadini sempre più attenti alla tutela dell’ambiente e della salute.
La nostra è una terra che guarda al futuro. Ad un modello di sviluppo centrato sul riconoscimento del grande valore delle materie prime, che devono essere risparmiate, sull’importanza del recupero dei rifiuti e della conservazione del capitale naturale, sulla necessità di ridurre le emissioni e utilizzare un’energia più pulita.
Dall’avvio del mandato, abbiamo orientato ogni scelta in ragione di uno sguardo “lungo”. Significa che abbiamo orientato ogni scelta misurandola non sull’oggi o sul domani, ma sul dopodomani, sulle conseguenze che avrà per le generazioni future.
È chiaro che un approccio di questa natura pone al centro il tema della sostenibilità, in tutte le sue dimensioni: ambientale, economica, sociale, scientifica e culturale.
Proprio la sostenibilità è il driver a cui ci affidiamo per affrontare una delle sfide più importanti oggi sul tappeto, a partire dal cambiamento climatico. Stiamo costruendo una strategia regionale di adattamento e mitigazione che trova i suoi capisaldi in due leggi regionali volute con decisione e approvate nel corso del mandato e in una programmazione green che a 360 gradi sta interessando tutti gli ambiti di competenza regionale.
Partiamo dalle leggi. La prima ad essere approvata nell’ottobre 2015 –aprendo di fatto il quadro delle scelte “verdi” dell’Emilia-Romagna – è stata quella sull’economia circolare. Una norma unica nel panorama nazionale e che ha anche anticipato l’Europa, dal momento che il “Pacchetto” comunitario in materia è stato deliberato solo lo scorso 18 aprile.
Nasce dalla convinzione che sia necessario il passaggio ad un nuovo sistema economico, dove gli scarti di una produzione possano diventare risorse anziché rifiuti per lo stesso o per altri cicli produttivi: così il valore dei beni, delle risorse e dei materiali può essere utilizzato il più a lungo possibile. Per questo abbiamo fissato obiettivi molto ambiziosi per una gestione sempre più efficiente dei rifiuti: riduzione del 20-25% della produzione pro-capite di rifiuti urbani, raccolta differenziata al 73%, riciclaggio di materia al 70%.
Crediamo, quindi, nella grande opportunità di ridurre il consumo di materie prime perché siamo sempre più consapevoli di quanto siano limitate e, quindi, preziose.
Un criterio che vale anche in tema di suolo. Da qui nasce la nuova legge urbanistica regionale, approvata a dicembre dello scorso anno. È stata ribattezzata la “legge taglia-cemento” e permetterà infatti di abbattere del 60% le attuali previsioni urbanistiche passando, secondo le stime, dai 250 km quadrati di espansione previsti dagli attuali strumenti urbanistici a un massimo di 70.
Non solo: prevede forti incentivi per la rigenerazione urbana – è già partito il primo bando che mette a disposizione 36 milioni di euro per i Comuni -, schiaccia l’acceleratore sull’adeguamento sismico e l’efficientamento energetico per città più belle, sostenibili e sicure.
Anche da qui passa il nuovo modello che vogliamo affermare. Un modello che fa perno su ricerca, innovazione, adesione convinta del mondo delle imprese e delle comunità.
Lo dico con la consapevolezza che in Emilia-Romagna già un’impresa su tre è green. Si tratta di oltre 30 mila aziende. Poco meno - 29.480 – quelle che negli ultimi 7 anni hanno effettuato eco-investimenti in nuovi prodotti e tecnologie compatibili. Non solo: questa Regione è prima in Italia per numero di certificazioni EPD - Dichiarazione ambientale di prodotto - e secondi per EMAS ed ECOLABEL. E ancora: siamo primi al mondo per le dichiarazioni EPD per il latte, la pasta e l'acqua. Lo scorso anno si sono contate oltre 5.000 aziende agricole biologiche, +21% rispetto al 2015, e la produzione integrata interessa oltre 124.000 ettari. Dal 2013, le assunzioni “verdi” sul totale si sono mantenute al di sopra del 10% del totale nazionale: 10,4% nel 2017. (fonte Osservatorio GreenER).
Proprio alla promozione di questa nuova occupazione puntano le programmazioni settoriali messe in campo dalla regione, tutte orientate al 2020. Il Piano energetico vuole accelerare la transizione verso la low carbon economy con un pacchetto di 248,7 milioni di euro per ridurre le emissioni climalteranti del 20% al 2020 e del 40% al 2030 rispetto ai livelli del 1990; aumentare al 20% al 2020 e al 27% al 2030 della quota di copertura dei consumi attraverso l’impiego di fonti rinnovabili e portare l’efficienza energetica al 20% al 2020 e al 27% al 2030.
E ancora: il Piano forestale rende disponibili 80 milioni per promuovere un’economia del bosco dove il capitale naturale diventi leva di crescita sostenibile; il Piano Aria finanzia con 300 milioni 94 azioni tra cui cito la sostituzione di almeno 600 autobus di categoria inferiore a Euro 3 in ambito urbano con nuovi mezzi a basso impatto ambientale, il “rimborso” del bollo auto per chi acquista veicoli elettrici o ibridi, la rottamazione dei veicoli privati più inquinanti e la riduzione delle emissioni dell’agricoltura. Proprio queste due ultime misure hanno trovato nuovo impulso grazie all’Accordo di bacino Padano sottoscritto a giugno 2017 con le altre Regioni padane - Piemonte, Lombardia e Veneto - e il Ministero dell’Ambiente. Lavoriamo insieme, alzando l’asticella, per interventi comuni perché l’aria non ha confini e solo politiche omogenee possono portare a ridurre le concentrazioni di polveri sottili.
Green economy significa anche infrastrutture verdi e cura del territorio. Dal 2015 abbiamo programmato risorse per circa 75 milioni di euro, capaci di finanziare oltre 310 cantieri da realizzare all’insegna dell’integrazione, conciliando cioè le esigenze di sicurezza idraulica con quelle di conservazione degli habitat perifluviali, della biodiversità e del paesaggio.
L’Emilia-Romagna si propone quindi come protagonista di una vera svolta green, ad ampio raggio, che coinvolge tutti i settori e soggetti diversi chiamati ad un’azione corale: istituzioni pubbliche, imprese e cittadini. Una svolta che potrà dare a pieno i suoi frutti solo se accompagnata da un vero cambio culturale. Serve una nuova visione diffusa e condivisa, all’insegna della sostenibilità. Serve più consapevolezza diffusa anche nella società perché si affermino nuovi stili di vita e nuovi comportamenti.
La sostenibilità è un valore importante. È una delle stelle polari da seguire per i prossimi anni, attorno alla quale rinsaldare il rapporto di fiducia con le Istituzioni, nell’interesse delle generazioni che verranno.