I paesi europei hanno iniziato da molti anni, in anticipo rispetto ad altri, un processo di profonda trasformazione dei rispettivi sistemi energetici per ridurre drasticamente il loro impatto sull'ambiente. In questa prospettiva, il gas naturale è chiamato a svolgere un ruolo molto importante a partire dai settori nei quali sino ad oggi la presenza di questa fonte risulta, per varie ragioni, meno sviluppata ma dove il potenziale di crescita è molto elevato.

Nel corso degli ultimi decenni il gas naturale ha conquistato quote di mercato crescenti sino a diventare la fonte di riferimento più importante nella produzione di calore negli usi civili e in quelli industriali. L’ulteriore crescita della domanda in questi settori appare peraltro relativamente limitata anche per effetto degli interventi, che saranno sempre più incisivi, per aumentare l'efficienza degli apparati di utilizzo. Facendo invece riferimento al settore termoelettrico, dominato da carbone e nucleare, ed a quello dei trasporti, dominato dai prodotti petroliferi, gli spazi per una espansione del gas appaiono davvero rilevanti. Più specificamente, per quanto riguarda il settore termoelettrico, gli ambiziosi programmi europei di riduzione delle emissioni di CO2 comportano la necessità di una drastica riduzione degli impianti a carbone, che sono tra i principali responsabili di quelle stesse emissioni.

Nel 2015, secondo PRIMES, la quota del carbone sul totale della produzione elettrica europea era ancora pari al 26% del totale. I quantitativi da sostituire sono veramente imponenti e, chiaramente le fonti rinnovabili non potranno da sole ricoprire questo gap.

C'è poi il problema dell'invecchiamento del parco nucleare europeo, costruito in gran parte negli anni '70 e '80 come risposta ai pericoli di ridotta disponibilità di petrolio emersi con le crisi energetiche. Per la sostituzione di questi impianti - specie nei paesi leader come Francia e Germania - mancano indicazioni precise, ma si pensa ad una progressiva chiusura. Anche da questo punto di vista le prospettive di un aumento della domanda europea di gas appaiono più che fondate anche tenendo conto del ruolo di back-up nel caso di imprevisti problemi nel settore nucleare, di condizioni climatiche molto severe e di apporto ridotto delle rinnovabili. Nel 2015 la produzione nucleare europea copriva ancora il 27 % del totale. Gli sviluppi del 2017, caratterizzati da scarso apporto nucleare (fermo per manutenzione di molte centrali francesi), temperature fredde e modesto contribuito di alcune rinnovabili, hanno dimostrato con tutta evidenza la capacità del gas di affrontare situazioni di emergenza ed evitare rischi di black-out.

Complessivamente, a livello europeo, nei prossimi decenni si può ipotizzare, in linea con le indicazioni degli studi condotti dai principali istituti di ricerca e dalle stese istituzioni europee, una domanda di gas nettamente superiore ai livelli attuali di circa 450 miliardi di mc.

Ma le prospettive relative all’offerta sono altrettanto incoraggianti?

Attualmente i paesi OCSE europei coprono con importazioni da altre aree circa il 54% del proprio fabbisogno di gas naturale, ma facendo riferimento all'Unione Europea questa percentuale sale al 70%. Si tratta di una quota destinata ad aumentare ancora verso il 75-80% in quanto il trend della produzione interna è in calo, nonostante i numerosi investimenti per la valorizzazione di nuove risorse e per migliorare il coefficiente di recupero di quelle già scoperte.  In ogni caso, sviluppi simili a quelli degli Stati Uniti non sembrano possibili per la diversa struttura dei giacimenti e la loro localizzazione.

Il tema delle importazioni, già oggi molto importante, avrà sempre maggiore rilievo sia dal punto di vista economico sia da quello strategico. L'attuale sistema infrastrutturale, per quanto imponente, si è sviluppato nel corso degli anni prevalentemente in relazione al soddisfacimento della domanda dei singoli paesi più che di quella dell'Europa considerata come un unico grande mercato. Solo con la liberalizzazione dei mercati energetici nazionali e le iniziative dell'Unione Europea per avviare la costruzione di un single market, l'integrazione tra gli stessi ha cominciato a delinearsi anche attraverso il coordinamento delle attività di regolazione.

Il mercato italiano del gas, sviluppatosi in tempi molto lontani che risalgono agli anni '50, è un chiaro esempio di sistema costruito principalmente per il soddisfacimento della crescente domanda interna. Le grandi infrastrutture che lo collegano al Nord, all'Est Europa ed all'Africa, pur attraversando moltissimi paesi non sono state create in una ottica europea.

Oggi, però, i tempi sono maturi per un grande cambiamento.

La carta geografica indica chiaramente come l'Italia, che negli anni '50 divenne un vero e proprio hub del petrolio e dei prodotti raffinati destinati al cuore dell'Europa, può diventare oggi un hub del gas in una ottica di diversificazione verso sud dell'intero sistema europeo, oggi fortemente dipendente dalle importazioni di gas russo da Nord e da Est. L’Italia, già collegata con due paesi produttori come l’Algeria e la Libia con grandi gasdotti, impegnati al di sotto della loro capacità di trasporto, si accinge a diventare uno dei principali punti di arrivo del gasdotto TAP che porterà verso l'Europa il gas dell’Azerbaigian. Esiste anche la concreta possibilità che in Italia possa giungere parte delle enormi riserve di gas scoperte nel Mediterraneo orientale.

Chiaramente la possibilità di inoltrare il gas in arrivo in Italia da questi paesi verso Nord aumenterebbe enormemente il grado di diversificazione del sistema gas europeo che, attualmente, per i paesi del Nord Europa risulta insufficiente: la Germania, il più importante consumatore di gas europeo, dipende per circa il 45% delle sue importazioni dalla Russia, quota che raggiunge il 100% nel caso di alcuni paesi dell’Europa orientale come Polonia, Austria, Ungheria e Repubblica Ceca. 

La rete europea del gas naturale

Fonte: Eurogas

L'Italia presenta un grado di diversificazione ben maggiore per i suoi collegamenti con l'Africa e per la disponibilità di tre impianti di rigassificazione che, per loro natura, costituiscono uno strumento di flessibilità e diversificazione con la possibilità di ricevere gas da est e da ovest e poi movimentarlo verso Nord attraverso la rete dei metanodotti esistenti opportunamente adeguati alla nuova realtà.

È infatti prevista per la fine del 2018 la possibilità di invertire il flusso di gas nel gasdotto che collega l'Italia alla Svizzera e al Nord Europa. Una misura che potrà essere estesa alla linea con l’Austria rendendo ancor più concreta la possibilità di avviare flussi di esportazione verso la rete nord europea. Con queste ed altre modifiche l'Italia, che tra l'altro dispone di un sistema di stoccaggio che non ha confronti in Europa, può aspirare a diventare un grande hub contribuendo alla creazione di un vero e grande mercato europeo del gas, aumentando significativamente il grado di diversificazione e, quindi, di sicurezza dell'intera Europa.