Il nuovo supercalcolatore HPC4 perla del made in Italy

Tra le risaie della Lomellina, a Ferrera Erbognone in provincia di Pavia, si trova un super cervello artificiale dai mille record, tutto frutto della ricerca e del genio italiani. È HPC4, acronimo che sta per "High Performance Computing – layer 4" ed è sveglio notte e giorno per combinare tra loro i dati in possesso di Eni, riducendo così ai minimi termini ogni rischio di fallire nelle operazioni di exploration and production di idrocarburi e non solo. HPC4 è fra i dieci computer più veloci al mondo, facendo riferimento all’attuale classifica TOP500, il più potente tra quelli finora realizzati da una major dell'energia.

Il sistema di calcolo HPC4 (nel gergo un cluster) è in grado di sviluppare una potenza di elaborazione di picco pari a 18,6 petaFlops: 18,6 milioni di miliardi di operazioni matematiche al secondo. Questa potenza di elaborazione si somma a quella della generazione precedente del supercervellone artificiale, HPC3. Quando lavorano insieme, i due sistemi di calcolo sono in grado di produrre una potenza di picco di 22,4 petaFlops.

Il tutto nel rispetto dell'ambiente, visto che accanto al Green Data Center, il polo che ospita i due supercalcolatori, è stato realizzato un campo di pannelli solari in grado di produrre 1 MW di potenza che serve a fornire parte del fabbisogno energetico dei due cluster, Il Green Data Center ospita una infrastruttura di supercalcolo ibrida, che sfrutta i processori grafici come acceleratori di calcolo, permettendo così di assorbire la metà dell’energia richiesta da  un sistema tradizionale di pari potenza di calcolo. La quantità di CO2 risparmiata all’atmosfera nel triennio 2014-2017 è stata di 18.000 tonnellate e l’elettricità risparmiata nello stesso periodo è ammontata a oltre 50.000 MWh. Questo perché per soddisfare il fabbisogno energetico dell’intero sistema, Eni ha scelto soluzioni a basso impatto ambientale, come per esempio un sistema di raffreddamento che sfrutta principalmente l’aria prelevata dall’esterno che, per circa il 92% del tempo nell’arco di un anno, è a temperatura sufficiente per garantire il raffreddamento dei calcolatori senza necessità di far intervenire gli impianti di condizionamento.

Eni utilizza la potenza di calcolo del Green Data Center per vedere sotto terra, estrarre idrocarburi e, in definitiva, produrre energia. Tutti i più recenti successi esplorativi, da Rovuma in Mozambico a Zohr in Egitto, nascono prima a tavolino in Lomellina, grazie a programmi di calcolo dedicati all’elaborazione dei dati provenienti dal sottosuolo. I dati geofisici e delle prospezioni sismiche che Eni raccoglie in tutto il mondo arrivano a Ferrera Erbognone, entrano nel Green Data Center e vengono elaborati sfruttando specifici modelli matematici, che permettono di tracciare i giacimenti di petrolio e gas nascosti perfino 10-15 km sotto la superficie e distribuiti su migliaia di chilometri quadrati.

Facciamo l’esempio del maxi giacimento di gas Zohr in Egitto, che è grande come metà della Valle D’Aosta: alto 7 km, una via di mezzo tra il Monte Bianco e l’Everest, dal volume di 11.000 km cubi. La sua immagine sismica è composta da 717 milioni di pixel. Tanto per rendere l'idea, solo per visualizzare un'immagine simile servirebbero ben 87 televisori ad altissima risoluzione. HPC4 riesce a calcolare il 3% di questa immagine in un'ora, mentre il suo predecessore HPC3 arriva solo allo 0,5%.

Ma la trasformazione digitale di Eni non si ferma al Green Data Center, ed è diventata una vera e propria filosofia che punta ad abbracciare tutte le attività della compagnia.

Nell'ultimo piano strategico al 2021, lo sviluppo digitale è una delle strade per raggiungere una maggiore efficienza, assieme alla disciplina finanziaria e alla decarbonizzazione. Per questo Eni sta portando avanti oltre 150 progetti per la digitalizzazione, coinvolgendo più di 400 persone. Per ogni asset fisico, non solo upstream, la compagnia sta creando un gemello digitale che consente di prevedere le operazioni in anticipo, migliorandone così sicurezza e produttività e riducendo le emissioni.

Entro la fine del 2021, grazie alla digitalizzazione, Eni raggiungerà: l’abbattimento del 7% dei costi di produzione; una riduzione del 30% del tempo improduttivo (dal 7,5% al 5%); accorcerà del 15% le tempistiche di esplorazione.

La trasformazione digitale di Eni è quindi destinata a coinvolgere tutte le aree di attività della compagnia, dal miglioramento della sicurezza e della salute degli operatori della società, all’aumento ulteriore del livello di affidabilità, operabilità e integrità tecnica degli impianti. Obiettivi che saranno raggiunti con una capillare applicazione di sensori digitali presso tutti gli impianti, collaborando con le start up tecnologiche più avanzate e attraendo giovani talenti.

Fin dagli anni ‘90, Eni ha iniziato a trattare enormi quantità di dati, sia geologici che fluido dinamici, con calcolatori allo stato dell’arte. Successivamente, la società ha avviato lo sviluppo di veri e propri algoritmi personalizzati per le proprie attività di esplorazione. Negli anni 2000, Eni ha poi riscritto i propri algoritmi, adattandoli all’esecuzione sui calcolatori paralleli: ogni elaborazione viene scomposta per poi essere ricomposta alla fine. Il concetto è: lavorando in parallelo si fa prima. Oggi, grazie ai propri algoritmi originali, Eni è in grado di sfruttare al meglio il sistema di calcolo industriale più potente al mondo che si trova in Lombardia.

- Si ringrazia Eni per le fonti messe a disposizione -