1) Il distretto petrolifero italiano e le sue eccellenze si trovano a fare i conti con una strategia energetica nazionale che non intende puntare sulla produzione domestica di idrocarburi e con accordi internazionali sul clima che spingono verso la riduzione delle fonti fossili. In questo scenario come si sta posizionando la filiera italiana dell’upstream? Quali sono le principali tecnologie su cui sta investendo?

Si sente spesso affermare che l’Italia è povera di risorse energetiche nazionali, mentre evidenze storiche, scientifiche e geologiche dimostrano che il nostro territorio ha, dopo il Mare del Nord, il più alto potenziale di scoperta di idrocarburi dell’Europa. Per questo la SEN, pur non facendo riferimento alla produzione nazionale di petrolio, continua a riconoscere di fatto il ruolo strategico e centrale del gas. Oggi, con il solo gas naturale prodotto in Basilicata e Puglia si copre quasi il 70% dei consumi per usi civili di importanti regioni italiane tra cui le stesse Basilicata, Puglia, ma anche Lazio, Campania, Calabria e Molise. Per inciso: finché si è investito nell’esplorazione, si sono toccati picchi produttivi elevati e intorno a 21 miliardi di mc/anno per il gas (30% del fabbisogno nazionale) e a circa 120 mila barili/giorno per il petrolio (12% del fabbisogno nazionale). Stiamo parlando di valori importanti per il bilancio energetico nazionale.

La nostra filiera, nata dall’upstream Oil&Gas, è sempre stata all’avanguardia in termini di innovazione ed efficienza energetica. È riconosciuta a livello mondiale grazie alle sue competenze e tecnologie avanzate e da sempre è abituata ad operare e a confrontarsi sui mercati globali nel rispetto degli elevati standard ambientali internazionali.

2) Dopo essere stati considerati agli antipodi per decenni, oggi il binomio operativo tra idrocarburi e rinnovabili non sconvolge più nessuno. Ci può spiegare di cosa si tratta? In che modo le energie rinnovabili possono essere associate alle attività Oil&Gas?

Il conflitto operativo tra idrocarburi e rinnovabili è stato generato esclusivamente dalla scarsa informazione esistente. Le aziende della filiera Oil&Gas sono invece un collante importante in questa transizione energetica, in quanto portatrici di tecnologia avanzata. Il business green è visto quindi come opportunità di crescita e diversificazione, realizzabile grazie alla capacità di investire in modo consistente nella Ricerca e Sviluppo (R&S) e alle competenze acquisite nel settore upstream.

I continui investimenti in nuove tecnologie sono principalmente orientati ad aumentare la diversificazione e l’efficienza energetica della produzione di energia, intesa come riduzione dei consumi durante il processo produttivo. Tra queste spiccano in particolare: eolico onshore e offshore; energia blu; solare fotovoltaico; geotermico; biomasse & Waste-to-Energy; stoccaggio di gas. Senza dimenticare l’importanza della ricerca nel campo dell’energy storage che permetterebbe una maggiore sicurezza e stabilità nell’approvvigionamento.

3) La transizione energetica dipende dallo sviluppo delle tecnologie e le imprese energetiche più avanzate da questo punto di vista sono quelle che fino ad ora hanno operato nell’Oil&Gas. È quindi corretto affermare che la tanto conclamata rivoluzione green passerà anche dalle compagnie energetiche “tradizionali”? In che misura?

Da anni, la filiera upstream è focalizzata sulla diversificazione delle fonti, consapevole che occorrerà adottare un mix energetico solido dove le fonti si completano l’una con l’altra, combinando sostenibilità economica, facilità di approvvigionamento ed emissioni contenute. Tutto ciò avviene mentre gli investimenti in ricerca ed esplorazione sono crollati, è vero, ma le compagnie petrolifere sono dotate di centri di ricerca di eccellenza che le permettono di essere all’avanguardia nello sviluppo e nell’implementazione di soluzioni tecnologiche applicabili anche in ambiti diversi da quelli strettamente Oil&Gas.

Non è quindi sbagliato affermare che la tanto conclamata rivoluzione green passerà anche dalle compagnie energetiche “tradizionali”. Le attività Oil&Gas non sono antitetiche alle fonti rinnovabili, come dimostrato dalle attività che molte aziende del settore stanno portando avanti da anni in questa direzione.

4) Si sente spesso dire che chi ha lavorato nel settore Oil&Gas potrebbe facilmente lavorare anche nell’ambito della green company. La transizione energetica comporterà anche una transizione professionale?

La green economy viene vista dalle aziende del Settore Beni e Servizi di Assomineraria come un’opportunità. I cambiamenti climatici non sono più solo una questione ambientale ma una possibilità di business e di sviluppo economico a livello mondiale, specialmente se le competenze delle società sono trasversali e in grado di adattarsi alle nuove esigenze di mercato. In un momento di transizione è importante poter usufruire delle competenze necessarie e oltretutto già presenti nel nostro sistema industriale.

La continua ricerca tecnologica che le aziende compiono al loro interno garantisce di fatto la formazione e lo sviluppo di un know-how, difficilmente reperibile altrove, idoneo a nuovi business. Anzi, le conoscenze acquisite nel campo Oil&Gas sono già oggi trasversali (si pensi alla conoscenza del sottosuolo) e applicabili al settore green. Assomineraria è impegnata nella formazione, nello sviluppo di competenze e nel salvaguardarne la permanenza in Italia, mettendo in atto iniziative che favoriscano una transizione professionale oltre che energetica, evitando così la fuga di preziosi cervelli.