Pistacchi, mandorle, agrumi…petrolio. Quella che sembrerebbe una ricetta di pessimo gusto è invece il possibile titolo di una storica alleanza che va in scena ogni giorno da quasi vent’anni in California, dove l’acqua associata all’estrazione petrolifera viene riciclata per irrigare le coltivazioni agricole limitrofe. Ma facciamo un passo indietro.

Nella contea di Kern, in California, fu scoperto nei primissimi anni del Novecento un mega giacimento di petrolio che prese il nome di Kern River e che contribuì al boom petrolifero a stelle e strisce. Quando il campo iniziò a mostrare il suo naturale declino produttivo, Chevron - la compagnia statunitense che tutt’oggi lo opera - corse ai ripari, introducendo un nuovo sistema di estrazione detto “steam flooding” o “steam injection”, che sostanzialmente sfrutta il calore del vapore per rendere il petrolio meno viscoso e quindi più facile da portare in superficie. Lo steam flooding è una tecnica piuttosto comune nella gestione dei giacimenti maturi. Come spesso accade per questo tipo di estrazione, oltre ad aumentare il recupero di petrolio aumenta anche quello di acqua: con una proporzione che per il Kern River si aggira sui 10 barili di acqua per ogni barile di petrolio estratto. E per un giacimento che a quei tempi produceva circa 70.000 barili al giorno di greggio si trattava certamente di un volume interessante.

Talmente interessante da indurre Chevron a chiedersi cosa fare di una simile quantità di risorse idriche. La risposta fu pressoché immediata, dal momento che nelle vicinanze dei pozzi si trovava un consorzio di agricoltori particolarmente preoccupati per i periodi di siccità che negli ultimi decenni stavano attanagliando la regione. L’accordo prese forma nel 1996 e con esso anche il sistema di recupero tuttora attivo. La metà dell'acqua che viene estratta nel campo petrolifero di Chevron viene riutilizzata nelle attività estrattive; la restante metà viene prima filtrata e poi inviata tramite un acquedotto nel bacino artificiale del consorzio Cawelo Water District, dove viene mescolata all'acqua corrente del fiume Kern che ne riduce ulteriormente la salinità e ne permette l'uso a fini agricoli. Trattandosi di acqua con parametri chimici più idonei di quella che viene estratta nella maggior parte dei campi petroliferi, l’acqua recuperata dal campo di Kern richiede un costo inferiore di trattamento, vantaggio che rende sostenibile la partnership con il consorzio agricolo.

I numeri sono impressionanti. 90 agricoltori, 18.000 ettari di frutteti, 87 milioni di litri d’acqua al giorno. Se nel 1996 il consorzio agricolo di Cawelo copriva circa un quarto del suo fabbisogno idrico con l’"acqua petrolifera" di Chevron, oggi ne copre la metà. Questo perché, mentre il prezzo dell'acqua nel mercato libero californiano è schizzato alle stelle per via delle ultime stagioni secche, il contratto a lungo termine sottoscritto con Chevron garantisce un prezzo dieci volte inferiore.

Il clima secco che negli ultimi anni sta colpendo Texas e California, rispettivamente primo e terzo stato per produzione di petrolio negli Stati Uniti, sta mettendo in ginocchio il comparto agricolo. Si parla di 1,7 mld di dollari e di 14.500 posti di lavoro solo per la Central Valley, una sorta di pianura padana californiana. Dall’altra parte della barricata, l’industria Oil&Gas è stata duramente attaccata negli ultimi anni per l’utilizzo sconsiderato di risorse idriche, specialmente per quanto riguarda le nuove tecniche di estrazione tramite fratturazione idraulica. L’esperienza di Chevron è quindi monitorata con attenzione per i risvolti positivi che riguardano entrambi i settori. Non a caso da quelle part è stato coniato un termine che definisce un nuovo settore economico: “Oil & Ag.”.

Ogni convivenza che si rispetti ha, tuttavia, i suoi aspetti meno fortunati, e quella tra Chevron e il Cawelo Water District non fa certo eccezione. A turbare anni di pacifica coesistenza sono state dapprima le velleità dei produttori petroliferi, interessati negli ultimi anni ad espandere le attività del campo di Kern River verso Shafter, un’area adiacente alle colture agricole esistenti dove si troverebbe un giacimento di shale oil. Interesse che ha acceso i timori degli agricoltori, spaventati dalla potenziale invasività delle operazioni di fratturazione idraulica. In un secondo momento, sono stati sollevati da alcuni media locali, e successivamente dall’opinione pubblica, diversi dubbi sulla compatibilità sanitaria e tossicologica dell’acqua associata alle estrazioni di petrolio con le colture alimentari.

Nel 2014 l’organizzazione ambientalista Water Defense prelevò e analizzò un campione d’acqua utilizzato nelle colture agricole e proveniente dal campo di Kern River, rilevando tracce di cloruro di metilene sopra le soglie di sicurezza. Il Central Valley Regional Water Quality Control Board, l’ente che monitora lo stato delle acque della regione, chiese quindi a Chevron e al Cawelo Water District di effettuare test specifici aggiuntivi rispetto a quelli ordinari. I test, condotti da un ente terzo, provarono che l’acqua “riciclata” rispettava i valori di sicurezza per tutte le sostanze ritenute critiche per l’uso agricolo e che, tranne per qualche rara eccedenza, poteva addirittura essere considerata al pari dell’acqua potabile. Ma come spesso accade per i dibattiti legati al mondo del petrolio, la polemica - invece di ridursi - si è amplificata e tutt’oggi, nonostante le rassicurazioni degli organi ambientali, la questione torna di tanto in tanto alla ribalta sui giornali e sulle televisioni locali.

La diffidenza è forse destinata a proseguire, soprattutto se le stagioni torneranno ad essere più piovose e gli agricoltori torneranno ad essere meno dipendenti dalle risorse idriche “petrolifere”. Inoltre, i numeri sono spesso interpretabili e le misurazioni ambientali difficilmente vengono prese come dato di fatto. Per questo, ad oggi non possiamo sapere cosa ne sarà della collaborazione tra Chevron e il consorzio agricolo di Cawelo. Rimangono tuttavia le svariate migliaia di miliardi di acqua che in questi vent’anni hanno permesso di irrigare ogni giorno 18.000 ettari di frutteto. Così come gli effetti positivi che un’alleanza del genere è stata in grado di produrre superando i preconcetti che vedono agricoltura e idrocarburi soltanto come nemici.