‘Transizione verso un mix energetico sostenibile: il contributo dell’industria dell’Oil&gas’: il titolo dell’edizione 2017 dell’Offshore Mediterranean Conference (OMC), che è ospitata a Ravenna dal 29 al 31 marzo, può essere già considerata una dichiarazione ‘politica’. Gli stati generali dell’Oil&Gas si riuniscono per ufficializzare che il futuro della produzione energetica avrà due protagonisti: da una parte, inevitabilmente, le rinnovabili e dall’altra il gas naturale.
E il confronto sulla scelta della fonte fossile più pulita per sostenere la produzione energetica vedrà un parterre de roi di prestigio internazionale: nella sessione di apertura dell’OMC si incontreranno il Ministro Italiano dello Sviluppo Economico Carlo Calenda e quello Egiziano del Petrolio e delle Risorse Minerarie, Tarek El Molla. Insieme a loro anche i colleghi di Libano, Grecia, Cipro, Iraq e gli amministratori delegati delle più importanti imprese del settore, a cominciare da quello di Eni, Claudio Descalzi.
L’attesa per l’edizione di quest’anno è già molto alta. Il settore energetico si trova a giocare un ruolo strategico non solo per il sostegno delle economie, ma anche nella definizione dei rapporti nei vari scacchieri internazionali. Il caso della Russia con l’aumento costante delle esportazioni di Gazprom verso l’Europa e l’Italia in particolare e delle vicende legate alla costruzione dei metanodotti per trasportare il gas dalle zone di produzione ai terminali di distribuzione è emblematico. Di grandi guadagni e di occasioni perse, queste ultime purtroppo che riguardano proprio noi.
È vero però che per un’occasione persa se ne possono presentare altre favorevoli: Eni si sta confermando una delle aziende Oil&Gas più lungimiranti quando opera all’estero. La scoperta del giacimento egiziano ‘Zohr’ e l’investimento nella ricerca di giacimenti a Cipro lo stanno a testimoniare.
Un risultato invece che molte imprese italiane del settore che partecipano all’OMC si aspetterebbero è la ripresa di una strategia nazionale di estrazione dei giacimenti di gas naturale. Cosa pensiamo di fare con la nostra produzione nazionale, che è diminuita in maniera sostenuta dagli anni 90 a oggi, passando da 12 miliardi a 6 miliardi di metri cubi all’anno? Le potenzialità ci sono, soprattutto in Adriatico: l’estrazione dell’ingente quantità di gas naturale nazionale potrebbe innescare un processo virtuoso che avrebbe come finalità una minore dipendenza dall’estero per la bolletta energetica e la creazione di occupazione qualificata.
Non ci sarebbe niente da inventare perché il modello operativo è già stato messo a punto, grazie a un protocollo firmato dal presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e dal Ministro Antonio Calenda (http://unmig.mise.gov.it/unmig/agenda/dettaglionotizia.asp?id=380): è un’intesa per la gestione delle attività di estrazione in mare che ha coinvolto sindacati e imprese. Il documento prevede l’estrazione di gas naturale nel massimo rispetto ambientale e delle attività turistiche. Seguendo questa traccia, l’Adriatico potrebbe diventare una vera "palestra di esercizi" dove sperimentare un nuovo paradigma industriale, dove lo sfruttamento delle risorse non è fine a se stesso ma serve a produrre ricchezza per i territori, difendere l’ambiente e sostenere le altre attività economiche.
Questa è la base su cui procedere, che ha già prodotto azioni, come quella che Claudio Descalzi ha annunciato proprio a Ravenna, insieme al Sindaco Michele de Pascale lo scorso ottobre: un investimento di Eni di 600 milioni di euro in 4 anni.
È un’occasione da concretizzare per mettere le basi di una strategia energetica nazionale che punti a utilizzare le risorse energetiche (gas a km 0, eolico, solare, moto ondoso), infrastrutture esistenti (piattaforme e terminali), tessuto industriale e competenze tecniche (quelle del polo offshore appunto). E se ci pensiamo, è quello che del resto fece Enrico Mattei.