La riforma delle tariffe di distribuzione dell’energia elettrica non è materia semplice da spiegare in poche righe. Ne è una evidente dimostrazione la campagna istituzionale dell’AEEGSI passata di recente in televisione. Uno spot molto breve, che voleva comunicare l’equità, la trasparenza e l’efficienza della riforma, è stato immediatamente segnalato all’AGCM da una nutrita schiera di associazioni dei consumatori e ambientaliste come pubblicità ingannevole. Mi limiterò pertanto a esporre i contenuti essenziali della riforma e a indicare i suoi principali effetti sui consumatori residenti. Non tratterò in modo approfondito delle utenze non residenti semplicemente per il fatto che la parte di riforma ad esse rivolta ha seguito percorsi e logiche certamente meno trasparenti e meno eque, e probabilmente anche meno efficienti. E non tratterò nemmeno degli impatti della riforma sulle aziende di distribuzione e sugli autoconsumi in regime di scambio della generazione distribuita per esigenze di spazio.

E’ bene precisare che la riforma non tocca solo le tariffe di distribuzione ma coinvolge anche gli oneri di sistema. Si tratta di due voci del prezzo dell’energia elettrica che hanno un peso grossomodo equivalente sulla bolletta del consumatore-tipo da 2.700 kWh/anno, che spende circa 500 euro, di cui 200 euro corrispondono alle due voci di cui sopra. Il mandato del Parlamento all’AEEGSI prevedeva esplicitamente il superamento della progressività tariffaria, ovvero del fatto che il prezzo dell’energia elettrica crescesse in modo più che proporzionale all’aumentare dei consumi secondo una struttura a scaglioni che era stata introdotta alla fine degli anni settanta con un duplice scopo: agevolare le utenze con consumi ridotti, perché ritenute famiglie bisognose, e penalizzare i consumi ritenuti eccessivi per le condizioni del sistema elettrico dell’epoca. In tutte le circostanze nelle quali è stata utilizzata, la progressività ha implicato un esplicito trasferimento di risorse – detto in gergo sussidio incrociato – dagli scaglioni di consumo più alti, ai quali viene applicata una tariffa più alta dei corrispondenti costi del servizio, agli scaglioni di consumi inferiori.

E’ difficile dire quanto la tariffa (onnicomprensiva) degli anni settanta fosse equa, trasparente ed efficiente rispetto agli scopi che si prefiggeva. Come ammette la stessa AEEGSI essa ha avuto molti meriti in passato, ma negli anni molte cose sono cambiate. Prima di tutto il fatto che a seguito della liberalizzazione il peso della progressività era ormai tutto spostato sulla parte variabile delle tariffe di distribuzione (e sugli oneri di sistema). A differenza dei costi di approvvigionamento dell’energia, la quota dei costi del servizio di distribuzione che varia rispetto alla quantità di kWh è minima, perciò gli esperti ritengono più efficiente fare pagare ai consumatori questi servizi con corrispettivi fissi, cioè non dipendenti dai kWh effettivamente prelevati. E così dal primo gennaio 2017 la tariffa di distribuzione domestica ha solo due componenti: un corrispettivo fisso annuo e un corrispettivo, sempre annuo, per la potenza impegnata nel contratto di fornitura. Tradotto in cifre, ogni consumatore residente con potenza impegnata di 3 kW pagherà da ora in avanti 83,40 euro annui (al netto delle imposte). A parità di altre condizioni, l’impatto sulle bollette dipende dal livello di partenza dei consumi. Prima della riforma gli stessi due corrispettivi fissi ammontavano a circa 27 euro annui, a cui si sommava la componente variabile progressiva di cui si è parlato. La riforma si completerà il primo gennaio 2018 con l’eliminazione degli scaglioni anche per gli oneri di sistema, che quest’anno sono stati ridotti da quattro a due, e rimodulati.

Chi ha provato a fare qualche conto, afferma che a regime le nuove tariffe per le utenze residenti con potenza impegnata di 3 kW premieranno i consumi al di sopra di 2.700 kWh/anno, ossia meno del 20% del totale delle utenze. Chi ha consumi molto bassi, fino 1.000 kWh/anno, subirà un aggravio di circa 70-80 euro all’anno. Una somma che secondo la logica dei conteggi fatti dall’AEEGSI corrisponde al sussidio di cui erano beneficiari in precedenza.

Cosa possono fare costoro per limitare l’impatto sulle loro bollette? A parte i consumatori in condizioni di disagio economico, che hanno avuto un adeguamento del bonus sociale in grado di neutralizzare o quasi l’aggravio, l’unica possibilità offerta dalla riforma è ridurre l’impegno di potenza, dopo avere valutato con attenzione i dati di massimo prelievo mensile che le aziende di distribuzione dovrebbero mettere regolarmente a disposizione nelle bollette.

A parte questo impatto certo sulle nostre bollette, il principale effetto annunciato della riforma per tutte le utenze domestiche è di ridefinire i termini di convenienza dell’efficienza energetica delle apparecchiature elettriche presenti nelle abitazioni. Nelle intenzioni dell’AEEGSI la riforma dovrebbe anche ridefinire i termini di convenienza del vettore elettrico rispetto agli altri vettori energetici ora più diffusi per usi come il riscaldamento, la cucina dei cibi e in futuro, forse, i trasporti.

Non ci si dovrebbe però dimenticare che la convenienza economica dell’efficienza energetica o di un vettore rispetto a un altro non è quasi mai un attributo prioritario nelle euristiche di scelta delle famiglie.