Nel 2024, il mondo ha vissuto un punto di svolta nella crisi climatica: per la prima volta la temperatura media della superficie terrestre ha segnato un aumento superiore agli 1,5°C rispetto ai livelli pre-industriali, raggiungendo gli 1,55°C± 0,13°C. È il segnale che la Terra sta entrando in un territorio inesplorato. L’analisi scientifica di questa fase storica proposta dallo State of Global Climate 2024 dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) fa riflettere, delineando molteplici traiettorie basate su evidenze osservative che vanno a tracciare un quadro dettagliato e urgente di un mondo sempre più plasmato dai cambiamenti climatici indotti dall’uomo.
Questa importante pubblicazione annuale fornisce un input chiave nei negoziati globali sul clima e nelle discussioni politiche, offrendo la voce autorevole della comunità scientifica sul tema del sistema climatico in evoluzione. L’edizione del 2024 è forse la più consequenziale finora. Va a confermare ciò che i modelli climatici hanno previsto da tempo: senza un’azione immediata e radicale, il pianeta non solo supererà le soglie chiave del riscaldamento climatico, ma subirà anche ricadute importanti sugli ecosistemi, sulle economie e sulle società.
Il rapporto conferma che il 2024 è stato l’anno più caldo dei 175 registrati, sorpassando il record raggiunto appena l’anno prima, nel 2023. Viene confermata una tendenza inquietante: ciascuno degli ultimi dieci anni (2015-2024) è stato tra i dieci più caldi mai osservati.
Questo segnale di riscaldamento è amplificato da una forte manifestazione di El Niño che si è sviluppata a partire dalla metà del 2023 raggiungendo il picco all’inizio del 2024. Sebbene questo genere di eventi faccia aumentare in modo naturale la temperatura della Terra, l’anomalia del 2024 non può essere spiegata solo come una variabile naturale. Il rapporto evidenzia che il riscaldamento globale – causato da concentrazioni record di anidride carbonica (CO₂), metano (CH₄) e protossido di azoto (N₂O) – è la causa principale delle temperature estreme.
Nel 2023, la concentrazione di CO₂ ha raggiunto i 420,0 ppm, il livello più alto almeno degli ultimi 800.000 mila anni, continuando a salire nel 2024. Anche il metano e il protossido di azoto hanno raggiunto nuovi picchi, aumentando il forzante radiativo atmosferico e accelerando il riscaldamento del pianeta. Questi livelli rappresentano il 151% (CO₂), il 265% (CH₄) e il 125% (N₂O) delle concentrazioni preindustriali, evidenziando la portata dell’interferenza umana nell’atmosfera terrestre.
Nel 2024 gli oceani, che assorbono oltre il 90% del calore in eccesso intrappolato dai gas serra, hanno continuato a riscaldarsi. Il calore globale degli oceani ha raggiunto il livello più alto mai registrato, segnando un nuovo record per l’ottavo anno consecutivo. Tale aumento indica che il pianeta si trova in uno squilibrio energetico, assorbendo più radiazione solare di quanta ne emetta nello spazio.
Il riscaldamento degli oceani non è un problema ambientale isolato; ha profonde conseguenze: causa cicloni tropicali più intensi e precipitazioni estreme; contribuisce alle ondate di calore marine, che vanno a danneggiare le barriere coralline e l’attività ittica; fa aumentare i livelli del mare – già a un valore record nel 2024 – con ritmo accelerato (ora 4,7 mm/anno, più del doppio del dato degli anni Novanta). L’aumento dei livelli del mare è ormai irreversibile su scale temporali che vanno da secoli a millenni, per via dell’espansione degli oceani in riscaldamento e del continuo scioglimento dei ghiacciai. Lo scioglimento della criosfera influisce anche sui modelli meteorologici globali, sulla disponibilità di acqua dolce e sulla stabilità geopolitica nelle regioni dipendenti dai ghiacciai.
Il rapporto sottolinea, inoltre, l’incessante e allarmante ritiro dei ghiacciai nel mondo. I dati preliminari suggeriscono che il 2023/2024 rappresenti l’anno con il bilancio di massa più negativo mai registrato, in particolare sulle Alpi, in Scandinavia e sulle Ande tropicali. Il triennio che va dal 2021 al 2024 è il peggiore per quanto riguarda la scomparsa dei ghiacciai, una conferma che il riscaldamento globale accelera lo scioglimento dei ghiacci a una velocità mai registrata prima.
Nel lavoro dell’OMM vengono documentati gli impatti reali degli eventi meteorologici estremi e della variabilità climatica nel 2024, incluso un numero record di sfollati climatici. Si tratta del numero più alto dal 2008, dovuto ad alluvioni, siccità, ondate di caldo e tempeste tropicali, che hanno colpito in modo sproporzionato le regioni fragili e al centro di conflitti.
Tra gli eventi più tragici ricordiamo che: il ciclone Chido ha devastato il Mozambico e Mayotte; gli uragani Helene e Milton hanno causato massicce inondazioni e oltre 200 morti negli Stati Uniti; un’ondata di calore durante il pellegrinaggio dell’Hajj in Arabia Saudita ha causato centinaia di morti legate al caldo; gli incendi boschivi in Cile, tra quelli con la più alta mortalità a livello globale in questo secolo, hanno ucciso oltre 300 persone.
Questi eventi non sono isolati. Fanno parte di una nuova realtà climatica in cui gli eventi estremi diventano più frequenti, intensi e costosi.
Cosa significa tutto ciò per l’Accordo di Parigi? Il superamento della soglia di 1,5°C nel 2024 non costituisce ancora una violazione dell’Accordo di Parigi, in quanto per poter parlare di violazione le temperature medie globali dovrebbero eccedere tale aumento su scala pluridecennale. Tuttavia, è un chiaro avvertimento. Le stime dell’OMM suggeriscono che, ad oggi, il livello di riscaldamento a lungo termine si attesti tra 1,34 e 1,41°C, a seconda del metodo utilizzato. Si tratta di un valore pericolosamente vicino al limite di 1,5 °C che gli scienziati ritengono fondamentale per ridurre al minimo i danni irreversibili.
Le implicazioni sono chiare: ogni frazione di grado è importante e un ritardo rende il percorso verso la stabilità climatica più difficile e costoso. Anche se raggiungessimo presto il picco delle emissioni, il riscaldamento continuerebbe per decenni a causa dell’inerzia del sistema terrestre. Questo rende l’adattamento, la resilienza e la riduzione del rischio altrettanto essenziali quanto la mitigazione.
Il settore energetico è sia motore della crisi che perno della soluzione. Il rapporto del 2024 sottolinea i molteplici modi in cui il cambiamento climatico influisce sui sistemi energetici:
- energia idroelettrica sotto pressione: la siccità nell’Africa meridionale e in Sud America ha interrotto la produzione idroelettrica, esponendo la vulnerabilità dei sistemi energetici alla scarsità d’acqua. Regioni come lo Zambia e il Brasile hanno registrato cali della produzione, con effetti a cascata sull’offerta e sui prezzi dell’energia;
- interruzioni delle centrali termoelettriche: ondate di calore e stress idrico hanno limitato la capacità di raffreddamento delle centrali a carbone e nucleari, causando perdite di efficienza e persino interruzioni;
- potenziale delle energie rinnovabili: sebbene il potenziale del solare cresca quando il cielo è sereno, il calore prolungato e gli incendi boschivi possono danneggiare le infrastrutture e ridurre l’efficienza dei pannelli. Anche l’energia eolica può essere influenzata da sistemi di pressione variabili e andamenti stagionali;
- affidabilità della rete: ondate di calore estreme e tempeste aumentano la domanda di energia (soprattutto per il raffrescamento) e mettono a dura prova le infrastrutture. In molte regioni, i guasti alla rete sono diventati più frequenti a causa di sovraccarichi, condizioni meteorologiche estreme o entrambi;
- segnali di investimento: il rapporto ribadisce l’urgente necessità di decarbonizzare i sistemi energetici. Gli investimenti in infrastrutture energetiche resilienti, distribuite e a basse emissioni di carbonio non sono più una questione di ambizione climatica, ma sono fondamentali per la sicurezza energetica.
L’OMM chiede una maggiore integrazione del rischio climatico nella pianificazione energetica. Ciò significa integrare i sistemi di prima allerta con le previsioni della domanda di energia, integrare i modelli climatici nella progettazione delle infrastrutture e allineare i finanziamenti pubblici e privati verso transizioni a basse emissioni di carbonio.
Stiamo vivendo le conseguenze di decenni di provvedimenti ritardati. Ma disponiamo di strumenti, tecnologie e conoscenze per cambiarne il corso delle cose.
Per preservare un pianeta vivibile, raggiungere obiettivi di sviluppo e salvaguardare la resilienza dei sistemi energetici, l’azione climatica deve diventare la base della strategia di ogni settore, non un ripensamento. Come viene fatto presente nel rapporto di quest’anno, un ulteriore ritardo non è un’opzione percorribile.
La traduzione in italiano è stata curata dalla redazione di RiEnergia. La versione inglese di questo articolo è disponibile qui



















