Dall’11 al 22 novembre, l’Azerbaigian ha ospitato la COP29, il più importante summit climatico annuale organizzato dalle Nazioni Unite. In questo frangente, l'attenzione globale si è rivolta a Baku, capitale di un Paese tradizionalmente noto per le sue ricche riserve di petrolio e gas e che, negli ultimi anni, sta cercando di assumere un nuovo ruolo di leader nella sostenibilità e nelle energie rinnovabili nella regione del Caspio. Sebbene da programma questa edizione della conferenza climatica avrebbe dovuto aver luogo in un Paese dell’Europa Orientale, il veto imposto dalla Russia per via delle sanzioni europee ha fatto ricadere la scelta sull’Azerbaigian.
L’economia di questo Paese situato sulla sponda occidentale del Mar Caspio è da tempo incentrata sul settore dei combustibili fossili. Nel 1847, il primo pozzo petrolifero mondiale venne scavato proprio nella periferia di Baku, a Bibi-Heybat. All’inizio del ventesimo secolo qui si arrivò a produrre la metà del petrolio mondiale, mentre nel periodo sovietico gli idrocarburi forniti a Mosca dall’allora repubblica socialista dell’Azerbaigian furono decisivi in molte battaglie della Seconda Guerra Mondiale. La scoperta dei giacimenti petroliferi di Azeri-Chirag-Gunashli nel Mar Caspio nel 1985, seguita dopo l'indipendenza dall'Unione Sovietica dalla stipula del cosiddetto "Contratto del Secolo" con compagnie prevalentemente straniere per il loro sviluppo, ha rafforzato ulteriormente il ruolo centrale degli idrocarburi nell'economia dell’Azerbaigian. Oggi, questi rappresentano una parte significativa della produzione economica del Paese e una quota sproporzionata delle entrate statali. Tuttavia, nel 2016 è stata adottata una roadmap per la diversificazione economica, e fra le varie iniziative hanno iniziato a delinearsi piani per lo sviluppo del settore dell’energia green, grazie al vasto potenziale del Paese per la produzione di energia solare, eolica e idrica. Durante il discorso inaugurale della conferenza, il Presidente Ilham Aliyev ha presentato il Paese non solo come fornitore di energia tradizionale ma anche come hub emergente per l’innovazione nelle energie rinnovabili.
Il ruolo di Paese ospitante della COP29 ha offerto all'Azerbaijan un'importante vetrina per mettere in mostra le sue iniziative di fronte a un pubblico globale, ambendo a posizionarsi come un ponte tra i combustibili fossili ed un futuro più sostenibile. Se da un lato, più del 90% delle esportazioni annuali continuano ad essere rappresentati dagli idrocarburi, l’Azerbaigian sta attualmente adottando una politica climatica sempre più orientata verso lo sviluppo delle rinnovabili. Il Paese si è posto l’obiettivo ambizioso di produrre il 30% della propria elettricità da fonti di energia pulita entro il 2030 e a tal fine la leadership azerbaigiana ha dato il via a una serie di progetti tra cui l'installazione della centrale solare di Garadagh, la più grande del Caspio, realizzata in collaborazione con l’azienda emiratina Masdar che si occupa di energie rinnovabili. Un altro progetto di vasta portata nel settore delle rinnovabili è rappresentato dallo sviluppo di parchi eolici lungo la costa del Mar Caspio, in cui spicca quello di Khizi-Absheron, il più vasto di tutto il Caucaso, che ambisce a sfruttare il potenziale eolico del Paese stimato a 3000 MW. Anche in questo caso il contratto è stato stipulato con un’impresa straniera, ovvero la ACWA Power saudita, il che è in linea con la strategia di Baku di attirare investimenti esteri per lo sviluppo del settore delle rinnovabili.
L’Azerbaijan sta altresì rivestendo un ruolo sempre più centrale nella connettività energetica regionale, sfruttando appieno la sua posizione strategica tra Europa e Asia. Dopo essere stato protagonista del Corridoio Meridionale del Gas, attraverso il quale si trasporta il gas naturale dal Caspio all’Europa con l’ultimo tratto che arriva proprio in Italia, il Paese ora punta a replicare questo modello con le energie rinnovabili. Uno dei progetti più ambiziosi in questo senso è il cavo sottomarino del Mar Nero, noto con il nome di Green Energy Corridor, firmato nel 2022 da Azerbaijan, Georgia, Romania e Ungheria, con il pieno sostegno dell’UE. Questo corridoio, lungo circa 1.200 chilometri, trasporterà energia rinnovabile dall’Azerbaijan all’Europa, passando attraverso Georgia, Romania e Ungheria. Il cavo sarà in grado di trasferire fino a 1 GW di energia pulita, contribuendo concretamente agli obiettivi del Green Deal europeo che mira a diversificare le proprie fonti di energia e ridurre la dipendenza dai combustibili fossili tradizionali. Proprio durante la COP29, i presidenti dell’Azerbaijan, del Kazakistan e dell’Uzbekistan hanno firmato un accordo intergovernativo per lo sviluppo di un ulteriore cavo sottomarino per trasportare energia green dall’Asia Centrale all’Azerbaigian attraverso il Mar Caspio, che da lì verrà connesso al cavo nel Mar Nero. Inoltre, attualmente sono in corso degli studi di fattibilità per la creazione di un cavo via terra per il trasporto di energia pulita dall’Azerbaigian attraverso la Turchia verso i mercati europei.
Un altro elemento chiave della strategia climatica di Baku è rappresentato dagli sforzi per trasformare la regione del Karabakh, dilaniata da un conflitto trentennale, in una zona a zero emissioni nette, dove azioni climatiche si integrano con la ricostruzione post-bellica. La strategia di ricostruzione prevede progetti di riforestazione su larga scala, mirati a ripristinare la biodiversità e combattere il degrado del suolo. Allo stesso tempo, si stanno compiendo sforzi per bonificare le aree colpite dall'inquinamento e rimuovere le mine e i detriti bellici. Inoltre, la regione del Karabakh offre un potenziale significativo per l’energia solare ed eolica, per cui sono in fase di pianificazione l'installazione di parchi solari e turbine eoliche, che forniranno energia pulita e sostenibile non solo per le esigenze locali, ma anche per le industrie e le comunità mentre si procede con la ricostruzione. L’approccio per la ricostruzione di città e villaggi si basa su principi di pianificazione urbana sostenibile, creando comunità smart con edifici a basso consumo energetico, moderni sistemi di gestione delle acque e trasporti ecofriendly.
Nonostante le sfide legate alla transizione da un’economia basata sui combustibili fossili, la politica energetica dell’Azerbaijan vorrebbe dimostrare che è possibile perseguire uno sviluppo più sostenibile senza rinunciare al suo ruolo di fornitore energetico di rilievo. La COP29 è stata un’opportunità per stimolare il dialogo internazionale sul ruolo dei produttori di energia tradizionali nella lotta al cambiamento climatico, e il percorso intrapreso dall'Azerbaijan vuole indicare che la transizione verso un futuro più verde non è una scelta binaria tra combustibili fossili e rinnovabili, ma un processo dinamico che richiede visione, innovazione e collaborazione.
Simona Scotti è una ricercatrice presso il think tank Topchubashov Center a Baku.