Nella Biblioteca di Babele immaginata da Jorge Luis Borges sono conservati tutti i possibili libri composti da tutte le possibili combinazioni delle lettere dell’alfabeto e dei segni di punteggiatura. Insieme ad infiniti testi privi di significato, in quella biblioteca deve esistere un libro per ogni possibile futuro; probabilmente anche un volume che abbia preconizzato l’avvento di un’epoca, apparentemente idilliaca, di prezzi nulli o addirittura negativi. Gli anni pre-Covid si sono distinti per l’accesso gratuito ai servizi forniti dalle piattaforme digitali e per i tassi d’interesse negativi; ma il detto “se è gratis, il prezzo sei tu”, riferito ai social avidi di informazioni, non vale per i prezzi negativi nelle borse elettriche, le cui determinanti riguardano i limiti fisici di infrastrutture materiali.

Dopo i lock-down pandemici e il peggiore inverno della crisi gas, i prezzi negativi sono tornati, estrema evidenza di un generale ribasso dei prezzi dell’energia elettrica nei mercati all’ingrosso. Può essere utile confrontare i prezzi del primo periodo di emergenza gas dichiarato dalla Commissione Europea (agosto 2022-marzo 2023, come da proposta di regolamento approvata dal Consiglio Europeo il 26 luglio 2022), con lo stesso periodo più recente (agosto 2023-marzo 2024). Analizzando i dati open source di Ember sui mercati elettrici all’ingrosso di 29 Paesi europei, scopriamo che mediamente i prezzi ad un anno di distanza si sono ridotti di ben 129,59 €/MWh. Un focus sui Paesi più esposti alla crisi gas - e che tuttavia hanno seguito strategie di adattamento diverse - indica riduzioni medie che vanno dai 101,09 €/MWh dell’Italia, ai 131,69 €/MWh della Germania, fino ai 146,45 €/MWh della Spagna. Gli stessi dati rivelano che la probabilità di osservare prezzi negativi nel periodo agosto 2023-marzo 2024 in Europa è cresciuta di quasi 4 volte rispetto allo stesso periodo dell’anno prima; in Germania, l’incremento di tale probabilità è stato di 12 volte. Finora assenti in Italia, i prezzi negativi per la prima volta sono comparsi in Spagna e Portogallo.

Per gli studenti di microeconomia, un prezzo negativo è frutto di un errore di calcolo che potrebbe costare caro all’esame; è invece un fenomeno familiare per gli operatori del mercato. La più remota testimonianza nella letteratura scientifica risale probabilmente ad una ricerca di Genoese et al. (2010) su dati tedeschi del 2008-2009. I primi articoli sul fenomeno lo attribuivano alle generose politiche di sostegno alle rinnovabili dell’epoca (es. Fanone et al. 2013); infatti, conviene ad un produttore di energia da fonti rinnovabili chiedere un prezzo negativo in misura pari alla differenza tra l’incentivo ricevuto e i costi operativi. 

In epoca di grid parity, osserviamo prezzi negativi a prescindere dal sostegno pubblico. La prima volta della Spagna è attribuibile al ciclone Nelson, che ha colpito le Asturie sul finire di marzo 2024, amplificando la produzione di energia eolica. Peraltro, secondo i dati della società di consulenza AleaSoft l’incremento più evidente nella produzione di energia eolica è avvenuto in Germania nello scorso inverno, e non a caso già nel dicembre 2023 si osservavano prezzi negativi nel 9,7% delle ore (nostra elaborazione su dati Ember). Per quanto riguarda il fotovoltaico, incrementi marzo 2024 su marzo 2023 sono osservati in Germania e Francia, ma non nella penisola iberica.

Quindi le rinnovabili spiegano, ma non abbastanza. Anche nella sua massima espressione, l’effetto dell’ordine di merito in uno scenario 100% rinnovabili dovrebbe azzerare il prezzo, senza sconfinare in territorio negativo. La chiave è nell’interazione strategica tra paradigmi tecnologici alternativi. Biber et al. (2022), in un articolo per The Electricity Journal su dati del periodo 2019-2021, mostrano che i prezzi negativi tendono a verificarsi in presenza di centrali caratterizzate da bassa flessibilità e in periodi in cui i prezzi del carbonio sono più contenuti. Rendersi disponibili a generare elettricità anche a prezzi negativi conviene se l’alternativa (essere spiazzati dalle rinnovabili) comporta elevati costi di rampa. Si tratta di un ragionamento valido per le fonti dispacciabili, e dunque presuppone che la generazione centralizzata e quella distribuita coesistano, come è necessario in assenza di batterie efficienti. La discesa dei prezzi internazionali del gas naturale (con i futures sul TTF intorno ai 30 Euro) e del carbonio (circa il 30% più bassi nell’EU-ETS in questi giorni rispetto ai picchi del febbraio-marzo 2023) hanno agevolato la strategia di undercutting delle rinnovabili, riducendone il costo opportunità.

Non sappiamo ancora se i prezzi negativi sono tornati per restare. Nella Biblioteca di Babele esistono predizioni in un senso e nel suo opposto. Il valore informativo dei prezzi negativi è ben noto: segnalano fabbisogni di flessibilità nell’offerta, di sistemi di accumulo e di capacità di trasmissione. L’importanza di investimenti per colmare quei divari è ampiamente riconosciuta e dunque potremmo aspettarci sempre meno prezzi negativi in futuro. Ma gli effetti di un parco di generazione meno rigido e di meccanismi di valorizzazione della capacità potrebbero essere controbilanciati dalla flessibilità dal lato della domanda, prevista dalle riforme del mercato elettrico, che abilita strategie di ottimizzazione inter-temporale del carico su cui alcune ricerche (es. Halbrügge et al. 2024) si stanno concentrando.