Il 6 febbraio scorso, la Commissione Europea ha pubblicato la Comunicazione riguardante l’obiettivo climatico al 2040. Ora spetta agli Stati Membri trovare un accordo sul quantum di questo obiettivo e sul come raggiungerlo. Un endorsement veloce dei capi di stato e governo europei  sarebbe cruciale per confermare l’impegno politico e la leadership globale dell’Unione Europea in materia climatica prima dell’inizio  della prossima legislatura.

La Commissione Europea ha raccomandato una riduzione del 90% delle emissioni nette di gas serra entro il 2040, se comparate con i livelli del 1990, percentuale a cui si è arrivati sulla base dell’Impact Assessment della stessa Commissione e in linea con le raccomandazioni indipendenti del comitato scientifico europeo sul clima (European Scientific Advisory Board on Climate Change). La Comunicazione arriva in un momento particolarmente travagliato dal punto di vista politico, visto l’approssimarsi delle prossime elezioni europee del giugno 2024, ma anche in concomitanza con sollevazioni popolari in Europa e tensioni geopolitiche che si espandono dall’Ucraina al Medio Oriente. Fattori che contribuiranno a formare la rinnovata leadership e la nuova agenda politica delle istituzioni europee.

Nonostante un clima politico tutt’altro che sereno, la Commissione ha voluto mandare un messaggio chiaro: combattere il cambiamento climatico sarà vantaggioso per il futuro di tutti gli europei, in quanto garantirà prevedibilità agli investimenti e stimolerà la competitività delle industrie e la resilienza economica. La irreversibile transizione verso una società a emissioni zero è già avviata e continuerà a guidare le scelte politiche future. Diversi leader nazionali hanno mostrato continuo sostegno a un obiettivo climatico prima ancora della pubblicazione della Comunicazione da parte della Commissione. Ciò che metterà alla prova il loro impegno nei mesi futuri sarà la capacità di trovare un consenso sulla strategia per raggiungere questo nuovo obiettivo intermedio. Al momento, il terreno comune rimane quello dell’impegno a perseguire questa impresa in modo equo da un punto di vista sociale ed efficiente da quello economico.

Con l’intensificarsi delle sfide climatiche, economiche e sociali, le stesse devono essere affrontate come un unicum. Il tutto nella prospettiva di un cambiamento sistemico che consenta di raggiungere un progresso in modo equo e sufficientemente resiliente. La valutazione della Commissione evidenzia come ogni settore economico sia chiamato a giocare la propria parte nel processo. Gestire un dibattito di tale portata nel pieno di una campagna elettorale influenzata da preoccupazioni socioeconomiche aggiunge un ulteriore livello di complessità a tale compito.

Eppure, concordare una direzione comune per i prossimi 10-15 anni è il segnale più forte che i politici europei possono inviare ai propri elettori nel corso dei prossimi tre mesi. La Commissione ha giustamente indicato quali possano essere gli impatti diretti e positivi della transizione sulla vita dei cittadini e delle imprese. Presentare una visione chiara a lungo termine consentirebbe una maggiore concretezza tra una legislatura e l’altra, confermerebbe l’impegno a dare seguito a misure concordate negli anni scorsi, e dimostrerebbe una certa chiarezza sulla strada da percorrere. Man mano che la situazione diventa più complicata, saranno necessari modi innovativi per affrontare le sfide emergenti al fine di salvaguardare la credibilità nel portare avanti gli impegni esistenti, coinvolgendo partner internazionali e allo stesso tempo fornendo una prevedibilità agli investitori nell’utilizzo del loro capitale.

Dovremo comunque attendere che la prossima Commissione Europea si sia insidiata per formulare proposte legislative. Tuttavia, più i leader europei potranno trovare un accordo sulle condizioni abilitanti necessarie, più facile sarà per il nuovo esecutivo delineare un percorso di attuazione chiaro. La prima opportunità per discutere il nuovo target, la struttura, e il pacchetto più generale di misure abilitanti, sarà il Prossimo Consiglio dei Ministri dell’Ambiente il 25 e 26 marzo. Il Consiglio Europeo informale in programma il 17 aprile, invece, sarà l’occasione per portare avanti questo dibattito insieme all'agenda strategica europea per i prossimi cinque anni, che dovrebbe essere finalizzata entro giugno 2024.

A valle della raccomandazione, il dibattito sulle implicazioni della Comunicazione per i settori energetici e industriali del continente europeo si sta già scaldando. Nell’analizzare l’Impact Assessment fornito dalla Commissione, E3G ha identificato sei aree di particolare importanza per le implicazioni che avrebbero per il settore energia e industria.

1)      I drivers della decarbonizzazione stanno cambiando

-          Se la decarbonizzazione del comparto di generazione elettrica continuerà ad essere un obiettivo cruciale in tutta questa decade, quella dell’industria e del trasporto interesserà il prossimo decennio.

-          L’innovazione tecnologica e il crescente interesse delle imprese stanno ampliando rapidamente il campo di ciò che è considerato possibile in questi settori.

-          Gli anni a venire saranno cruciali per affinare il quadro politico che faciliterà il raggiungimento degli obiettivi al 2040 e, in questo modo consentirà di raccogliere i benefici derivanti dalla decarbonizzazione.

2)      La decarbonizzazione porta benefici chiari

-          Il principio di “energy efficiency first” rimane centrale. La Comunicazione si aspetta un contributo significativo dall’efficienza al raggiungimento della decarbonizzazione, con una riduzione del 30% dell’energia tra il 2021 e il 2040.

-          Oltre a ciò, la comunicazione sottolinea la rilevanza del legame esistente tra la decarbonizzazione, la competitività, e la resilienza dell’economia. Evidenzia inoltre che la decarbonizzazione dell'economia migliorerà la sicurezza e l'autonomia strategica dell'UE. Ciò indica l'emergere di una nuova comprensione della sicurezza energetica, focalizzata sulla riduzione della domanda e sulla diminuzione della dipendenza eccessiva.

3)       Cambio di direzione sull’idrogeno, ma le incertezze permangono

-          Nel settore elettrico, la comunicazione indica una direzione chiara: una riduzione significativa delle produzione da fonti fossili che dal 12% entro il 2030 dovrà portarsi al 3% entro il 2040. Questa sarà principalmente sostituita da centrali a gas con CCS (cattura e stoccaggio del carbonio) dopo il 2040.

-          Tuttavia, è la stessa analisi della Commissione che sottolinea il ruolo ancora marginale che l’idrogeno avrà nella decarbonizzazione. Permangono tuttora molte incertezze sul tipo di idrogeno (rinnovabile o low-carbon) utilizzato, e su quali saranno i principali centri di domanda al 2040.

-          Al contrario, un ruolo importante viene riconosciuto al biometano, ma le proiezioni non distinguono oggi tra gas fossile e biogas. Pertanto è cruciale maggiore chiarezza riguardo il phase-out del gas fossile e le strategie per una scalabilità del biometano, al fine di guidare futuri investimenti energetici e uno sviluppo delle infrastrutture.

-          Considerando la decarbonizzazione del settore edile entro il 2040, diviene ugualmente imperativo capire quali saranno le implicazioni per le reti di trasmissione e distribuzione del gas, che potrebbero diventare obsolete a causa dell'assenza di domanda residenziale di gas.

4)       Fare affidamento sulla cattura del carbonio comporta dei rischi

-          Le tecnologie di carbon capture sono descritte come “soluzione tampone” per affrontare le emissioni non trattate con altri mezzi. Di conseguenza, la correzione di rotta sull'idrogeno ha portato a un ruolo più ampio per la cattura del carbonio rispetto ai percorsi precedenti, incluso nel settore elettrico.

-          Tutto ciò mette ulteriore pressione sulla buona performance di questa tecnologia, sottolineando così parallelamente l’importanza di creare un quadro politico di gestione delle emissioni a livello europeo.

-          Tuttavia, i politici dovrebbero essere cauti per non cadere nella “trappola dell’idrogeno”, ovvero fare eccessivo affidamento su una soluzione che comporta costi incerti e che non ha ancora dimostrato la sua fattibilità (tecnica, politica e sociale) su larga scala.

-          Per evitare un’eccessiva dipendenza, gli sforzi in materia di cattura del carbonio dovrebbero concentrarsi solo laddove esistono poche alternative, dando priorità, ove possibile, a soluzioni comprovate tra cui energie rinnovabili, miglioramenti dell’efficienza, elettrificazione diretta e economia circolare.

5)      La circolarità e l’azione sul lato della domanda rimangono soluzioni poco percorse

- L’impact Assessment della Commissione indica che sfruttare appieno la circolarità e gli interventi lato domanda potrebbe ridurre significatamene gli investimenti necessari, i materiali utilizzati, i beni primari e le materia prime, ma anche ridurre i costi del sistema energetico.

-          Viste le paure di deindustrializzazione e le preoccupazioni per la competitività, la Commissione appare esitante nell’esplorare questi scenari attraverso la propria Comunicazione.

-          Questo rappresenta un falso dilemma. Gli scenari non hanno infatti implicazioni negative sulla crescita del PIL o sui livelli di occupazione. Al contrario, l’adozione di queste soluzioni rappresenterebbe un’interessante opportunità economica e stimolerebbe al contempo nuovi modelli di business, ideali per un continente povero di risorse ed energia come l’Europa.

6)      Le questioni distributive faranno la differenza per il raggiungimento dell'obiettivo climatico 2040.

-          La mancanza di trasparenza nel rapporto tra energia ed altri settori solleva dubbi di importanza fondamentale in materia di ripartizione dei costi all'interno della società. La questione distributiva è al centro della politica del 2040.

-          Un esempio in tal senso è la definizione del giusto modello di business per coprire il cosiddetto “green premium” per il settore industriale. Da qui muovono varie problematicità, in primis quella di capire in capo a chi sta la responsabilità di tali decisioni: agli Stati Membri o alle istituzioni europee. Allo stesso modo, pivotale è capire come avviene la ripartizione dell'onere tra produttori e consumatori.

La traduzione in italiano è stata curata dalla redazione di RiEnergia. La versione inglese di questo articolo è disponibile qui