Circolarità delle risorse, criticità da risolvere e la consueta fotografia del sistema di gestione dei rifiuti urbani, sono questi gli argomenti chiave della decima edizione del Green Book, la monografia di riferimento del settore, promossa da Utilitalia e curata dalla Fondazione Utilitatis.

Per garantire la transizione verso un’economia circolare l’Italia sta affrontando importanti riforme strutturali nel settore ambientale; tuttavia, restano ancora alcune criticità da risolvere che potrebbero aumentare nel prossimo futuro il divario tra Nord e Sud. Si tratta essenzialmente del completamento della governance locale in alcune aree del Paese e del superamento del gap infrastrutturale, per garantire la corretta gestione dei rifiuti urbani.

Il processo di attuazione dei modelli di governance locale previsto dalla normativa in diverse Regioni, infatti, è ancora incompleto. Sul fronte gestionale, principalmente al Centro Sud, il settore si mostra caratterizzato da una forte frammentazione sia orizzontale, dovuta al gran numero di operatori attivi in territori comunali, sia verticale, con la presenza di numerosi gestori specializzati nelle fasi a monte o a valle della filiera e pochi grandi operatori in grado di chiudere il ciclo. Alla frammentazione gestionale si affianca anche una forte discontinuità temporale della conduzione del servizio: circa l’85% delle gare per l’affidamento dei servizi di gestione dei rifiuti ha una durata pari o inferiore a 5 anni. Questo si traduce in un repentino cambio di gestione nei territori che, in assenza di una governance locale forte e di una pianificazione di lungo periodo, può incidere sui possibili livelli di miglioramento della gestione e sicuramente sulla possibilità di attuare consistenti piani di investimento. La maggior parte delle gare (il 67%) è localizzata al Sud, per effetto della ridotta presenza di gestioni industriali in questa parte del Paese.

Il Sud Italia presenta ancora i più bassi tassi di raccolta differenziata (55,7% nel 2021, contro una media nazionale del 64% nello stesso anno) e il deficit impiantistico più significativo, tanto da essere soggetto al trasporto di rifiuti verso impianti fuori Regione che influisce pesantemente sul differenziale di spesa con il resto del Paese: è qui che si paga la Tari più alta d’Italia, con 368 euro/abitante nel 2022, staccando Centro (335 euro) e Nord (276 euro). Il tema di un adeguato sistema impiantistico, tuttavia, si ripercuote anche sul raggiungimento degli obiettivi europei, oggi principalmente incentrati sul riciclaggio e la riduzione al di sotto del 10% dello smaltimento in discarica. L’Italia, nel 2021, ha visto una sostanziale stabilità delle percentuali di riciclaggio rispetto al 2020, anno in cui si rilevava un valore pari al 48,4%, confermando un progressivo allargamento negli ultimi anni della forbice tra la percentuale di raccolta differenziata e i tassi di riciclaggio, a riprova del fatto che la raccolta, pur costituendo uno strumento di primaria importanza per garantire l’ottenimento di flussi omogenei, non può rappresentare il solo elemento per raggiungere elevati livelli di circolarità delle risorse.  È difatti necessario garantire che i quantitativi raccolti si caratterizzino anche per un’elevata qualità, al fine di consentirne l’effettivo riciclaggio. Lo sviluppo delle raccolte deve essere, inoltre, necessariamente accompagnato dalla disponibilità di un dimensionato sistema impiantistico per il riciclo dei rifiuti e per il recupero energetico di quelli non riciclabili, al fine di ridurre lo smaltimento in discarica che tuttora riguarda circa il 20% dei rifiuti urbani.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), da questo punto di vista, può offrire una spinta importante a creare un tessuto infrastrutturale adeguato e dunque a colmare il service divide che separa il Paese. Le linee di investimento programmate mirano a incentivare la circolarità delle risorse e, nello specifico, a migliorare i sistemi di raccolta e gestione dei rifiuti in tutto il territorio nazionale. Per questi interventi sono stati stanziati 2,1 miliardi di euro a fronte di progetti candidati dalle imprese per circa 7 miliardi di euro: si tratta quindi di risorse che agiscono da propulsore per gli investimenti delle aziende, ma che da sole non sono sufficienti a colmare il fabbisogno nazionale di settore.

Secondo una stima di Utilitalia del 2023, che non tiene conto degli interventi finanziati dal PNRR, per rispettare gli obiettivi UE, il fabbisogno impiantistico al 2035 è stimato in 4-5 miliardi di euro per il trattamento della frazione organica e per il recupero energetico delle frazioni non riciclabili; a questi vanno sommati 1,2 miliardi di euro per l’incremento della raccolta differenziata, 600 milioni di euro di investimenti finalizzati a mettere in servizio le strutture dedicate al fabbisogno residuale di discarica, comunque inferiore al 10%,  e infine altri 300 per l’implementazione della tariffa puntuale. La stima del fabbisogno di settore al 2035 è pari dunque a 6-7 miliardi di euro, ovvero tra i 0,5 e i 0,6 miliardi di euro l’anno.

Per raggiungere gli obiettivi comunitari in tema di circolarità delle risorse, inoltre, non sono fondamentali solo investimenti nella gestione delle frazioni merceologiche che siamo soliti differenziare, tra cui quella organica è la più importante pesando circa il 35% dei rifiuti urbani, ma anche di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) e dei tessili, specialmente nelle città e nelle aree a maggior densità abitativa.

Negli ultimi anni si è assistito a un incremento delle quantità di frazione organica da trattare in tutte le aree del Paese, e al contempo a un crescente numero di progetti per la realizzazione di impianti dedicati grazie anche all’impulso del PNRR. Ciò nonostante, a livello nazionale sono circa 1,3 milioni le tonnellate trattate in impianti di Regioni diverse da quelle di produzione. Con il raggiungimento degli obiettivi di economia circolare, la stima del fabbisogno impiantistico al 2035, sulla base delle capacità installate al 2021, per il trattamento dell’organico mette in rilievo l’autosufficienza del Nord Italia e della Sardegna, mentre Centro, Sud peninsulare e Sicilia presentano un importante deficit.

Crisi pandemica e geopolitica hanno enfatizzato la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento delle materie prime critiche, fondamentali per la transizione energetica ed ecologica. Da questo punto di vista il corretto riciclo dei RAEE (circa 360mila tonnellate raccolte nel 2021) rappresenta un’opportunità per ridurre la dipendenza da Paesi terzi. Per raggiungere questo obiettivo è necessario implementare le infrastrutture e snellire le procedure autorizzative per la realizzazione degli impianti: oggi in Italia si raccolgono circa 6 kg/ab anno di RAEE contro una media europea di 10 kg/ab anno. L’obbligo di raccolta differenziata dei rifiuti tessili, inoltre, comporterà un incremento di questa frazione, in parte proveniente dall’industria della moda, che dovrà essere adeguatamente gestita. Ad oggi il 72% dei Comuni italiani raccoglie separatamente i tessili per una quantità complessiva di circa 154mila tonnellate nel 2021. Sono necessari investimenti in nuove tecnologie di selezione e riciclo, per garantire il raggiungimento degli obiettivi di circolarità. L’introduzione di un modello di EPR in questa filiera potrebbe contribuire a generare benefici ambientali, sociali ed economici su scala europea, con un risparmio di 4,0-4,3 milioni di tonnellate di emissioni di CO2, la creazione di oltre 15mila nuovi posti di lavoro e un giro d’affari compreso tra 1,5 e 2,2 miliardi di euro.

Il Green Book 2023, dunque, evidenzia l’importanza di una gestione industriale dell’intero ciclo dei rifiuti, la necessità di realizzare impianti soprattutto al Centro-Sud e l’urgenza di superare le frammentazioni gestionali. Si tratta di tre elementi fondamentali per la piena affermazione dell’economia circolare, una rivoluzione che deve riguardare non soltanto le classiche filiere merceologiche ma anche altre filiere strategiche, con il fine di garantire un servizio di qualità, anche con l’impiego di soluzioni innovative, nel segno della transizione ecologica e della tutela dell’ambiente.