I 195 Paesi che hanno aderito all’accordo di Parigi nel 2015 si sono impegnati per ridurre le proprie emissioni al fine di perseguire ogni sforzo per limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. In Europa, tale impegno viene declinato a livello nazionale attraverso i Piani nazionali integrati per l’energia e il clima (PNIEC). La prima versione di questi Piani risale al 2019. Seppur concepiti con orizzonte decennale, gli attuali piani necessitano di una revisione per poter tenere conto del nuovo obiettivo europeo di riduzione dei gas serra - pari al -55% di emissioni nette rispetto al 1990, in linea con il pacchetto di misure noto come “Fit for 55” -, così come dei mutamenti economici e sociali derivati dalla pandemia e dalla crisi dei prezzi dell’energia.  

Entro lo scorso 30 giugno, gli Stati membri avrebbero dovuto inviare a Bruxelles una proposta di aggiornamento dei Piani per la valutazione da parte della Commissione. Alcuni lo hanno già fatto, avviando il percorso di confronto con la Commissione e miglioramento del Piano, che si concluderà con la presentazione della versione finale il 30 giugno 2024.

Anche l’Italia si era impegnata a rispettare tale data. Venerdì 30 giugno, il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha confermato l’avvenuto invio attraverso un breve comunicato stampa. Nei giorni successivi un breve estratto del documento è stato diffuso attraverso la stampa specializzata. Ad oggi, tuttavia, non possiamo ancora leggere il Piano italiano né sul sito della Commissione UE né su altre fonti pubbliche. La mancata pubblicazione del testo completo non permette ancora una piena valutazione del Piano italiano, consentendo solo alcune considerazioni preliminari sulla base dell’executive summary, che potranno essere verificate e approfondite solo con il testo definitivo. 

Innanzitutto, possiamo registrare con favore la volontà di un cambio di approccio rispetto al PNIEC 2019. Piano considerato semplicistico ed eccessivamente ‘ottimista’, evidentemente sulla scorta delle più recenti proiezioni emissive diffuse dall’ISPRA, che mostrano che i livelli delle emissioni italiane dei gas a effetto serra 2021 sono già oltre i livelli ammessi a norma dei Regolamenti UE. Questo ha portato il Governo ad assumere un atteggiamento più concreto e considerare la sfida della decarbonizzazione nella sua complessità delle dimensioni che coinvolge, da quella sociale e produttiva a quella economica e degli investimenti. Su tale base, il Governo dichiara di voler migliorare il Piano, sfruttando il periodo di 12 mesi che ci separa dall’invio della versione definitiva nel 2024.

Tuttavia, dal breve testo disponibile, emergono  elementi poco chiari o contraddittori. Prima di tutto, sul settore energia si punta al 65% di penetrazione rinnovabile nel sistema elettrico. Obiettivo non  in linea con gli impegni presi dall'Italia in ambito G7 che, secondo le nostre elaborazioni, dovrebbe prevedere una percentuale del 76% di produzione rinnovabile nell'elettrico. 

Il gas viene considerato essenziale per la transizione del sistema elettrico, soprattutto per la gestione dei picchi di domanda, ma non vi è un confronto con alternative, come la demand response. Più in generale, non si accenna a una visione di lungo periodo che permetta di inquadrare il ruolo e l’utilizzo del gas in modo coerente con gli obiettivi clima 2030 e 2050 e in linea con gli scenari di domanda attesi.  Su tale aspetto si ipotizza che molti chiarimenti arriveranno dal capitolo REPowerEU, i cui investimenti, in linea con gli indirizzi della Commissione europea, devono essere coerenti con le misure del PNIEC e, qualora si prevedano nuovi investimenti in fonti fossili, questi dovrebbero essere necessari e proporzionati e non mettere a rischio il raggiungimento degli obiettivi 2030 e 2050.

Una delle principali carenze del Piano precedente è stata la mancata individuazione di un meccanismo di governance adeguato, che permettesse di monitorare, valutare e tempestivamente modificare le politiche inefficaci, in costante dialogo con le istituzioni e gli attori a più livelli coinvolti nell’attuazione del Piano. Al di là di obiettivi calcolati o dichiarati, solo un costante monitoraggio dell’attuazione delle politiche permette di verificarne l’efficacia. A riprova di questo, l’inefficacia registrata delle politiche messe in campo, ad esempio nel settore civile, hanno determinato riduzioni di emissioni nell’ordine dell’1%, a fronte degli ingenti investimenti pubblici del PNRR. Anche gli aiuti alle bollette erogati senza incentivi all’efficienza o in relazione al reddito e l’incapacità di snellire le procedure autorizzative per le rinnovabili, nonostante ripetuti e numerosi interventi legislativi, mostrano l’inefficacia di norme che avrebbero dovuto contribuire agli obiettivi del PNIEC 2019.

Per questa ragione il PNIEC2023 dovrebbe segnare un netto cambio di passo, su almeno tre elementi fondamentali:

  1. Una chiara governance del Piano fondata su un dialogo multilivello, che lo renda ‘attuativo’ e vincolante;
  2. Strumenti e meccanismi di monitoraggio, valutazione e miglioramento, anche per gli obiettivi che si dichiarano ‘raggiunti’ o raggiungibili.
  3. Allineamento del Piano alla strategia di sviluppo del Paese. Le politiche e misure dovrebbero essere valutate anche in base alle loro ricadute sul sistema economico, sociale e produttivo nazionale in un percorso di miglioramento continuo che permetta la valorizzazione delle opportunità e la gestione dei rischi di una transizione che si sta trasformando in sfida competitiva globale in cui l’Italia deve giocare un ruolo da protagonista.

Il PNIEC dovrà mostrare un approccio maggiormente innovativo e coraggioso ma, al contempo, rigoroso e realistico. Ci auguriamo, quindi, che, come si legge nella sintesi, la proposta inviata a Bruxelles sia una fotografia di partenza e che i 12 mesi che ci separano dall’invio del documento finale siano concretamente utilizzati per migliorare il Piano almeno in questi elementi e, come dichiarato, “per innalzare ulteriormente il livello di ambizione”.