Nello scenario in continua evoluzione della sicurezza energetica europea, l’Ucraina costituisce uno snodo chiave, al di là del suo ruolo tradizionale di paese di transito del gas. Per tale motivo, visto l’approssimarsi della scadenza del contratto di transito del gas russo del 2024, diventa cruciale il riconoscimento degli asset ucraini e il suo contribuito nel salvaguardare il panorama energetico europeo.

Durante l’epoca sovietica, l’Ucraina ha svolto il ruolo di solo corridoio per il passaggio del gas russo verso l’Unione Europea. Solo verso la  fine degli anni ’90,  la Russia ha iniziato a costruire alcune rotte alternative ai gasdotti ucraini, con l’intenzione di bypassare l’Ucraina e indebolire la sua posizione geopolitica. Progetti come Yamal, Nord Stream 1 e 2, e Turkstream si sono dimostrati ridondanti dal punto di vista economico, dal momento che hanno trasportato il gas  estratto dagli stessi pozzi russi ai medesimi consumatori europei, anche se seguendo rotte differenti, ognuna di esse sotto il controllo completo della Russia, ma efficaci da un punto di vista geopolitico. Nonostante i ripetuti avvertimenti dell’Ucraina riguardanti una possibile weaponization del gas naturale, l’UE ha largamente ignorato il problema. Quando poi,  nel 2021 l’Europa ha iniziato a fare i conti con una profonda crisi energetica orchestrata dal Cremlino, risultante in costi esorbitanti dei prezzi energetici e oneri finanziari notevoli per gli individui, governi, e compagnie, quelle che sembravano solo preoccupazioni ucraine si sono rivelate criticità concrete.

In risposta alla crisi energetica post pandemia prima e all’aggressione russa all’Ucraina dopo, l’UE ha intrapreso misure importanti per ridurre la dipendenza dal gas di Mosca (pur non imponendo, almeno ad oggi, un embargo su questa commodity), impegnandosi ad azzerare le importazioni  di combustibili russi entro il 2027. Tra queste misure rientrano una diversificazione delle rotte del gas via gasdotto,  maggior ricorso alle forniture via metaniera,  riduzione dei consumi e maggiori investimenti nello sviluppo delle rinnovabili. Tuttavia, il processo di sostituzione del gas russo non è facile e scevro da contraddizioni. Da un lato, infatti, per far fronte all’ammanco, diversi paesi, inclusi Francia, Spagna e Belgio hanno aumentato in maniera significativa le proprie importazioni di GNL russo. Ragione per cui la Commissaria Simson ha invitato gli stati membri a non rinnovare i contratti di importazione di GNL russo di prossima scadenza. Dall’altro, nonostante i tagli, la Russia ha continuato a beneficiare del commercio di gas con i paesi europei, alimentando ulteriormente l’aggressione contro l’Ucraina. Secondo Bruegel, nel primo anno dall’invasione russa dell’Ucraina, l’UE ha pagato all’incirca 140 miliardi di dollari alla Russia per importazioni di idrocarburi, di cui 83 miliardi per petrolio e 53 miliardi per il gas naturale. Inoltre, nei prossimi 12 mesi l’UE potrebbe arrivare a pagare sino a 21 miliardi per importazioni di gas e GNL russi.

Malgrado stia affrontando un’aggressione, l’Ucraina ha continuato a rispettare i propri impegni di transito, garantendo il passaggio all’incirca di 35-40 milioni di metri cubi di gas al giorno all’Europa, principalmente alla Slovacchia, Austria e Italia. Questi impegni sono un chiaro segnale della solidarietà ucraina nei confronti dell’Unione Europea, che sta provando a mitigare le conseguenze della crisi energetica provocata dal Cremlino. Inoltre, l’atteggiamento dell’Ucraina sta concedendo ai paesi europei tempo di cruciale importanza per stabilire rotte alternative di approvvigionamento. Ad ogni modo, il contratto oggi in essere per il transito di gas è destinato a scadere entro la fine del 2024.

Come agire quindi? Visto il contesto attuale di guerra, è molto improbabile che il governo ucraino e la Commissione UE vogliano iniziare dei negoziati con il regime di Putin per il rinnovo contratto  dopo il 2024. Così come  appare anche improbabile il tentativo da parte delle singole compagnie europee di negoziare con Gazprom le forniture di gas attraverso l’Ucraina. Conseguentemente, la probabilità che il transito continui dopo il 2024 rimangono molte poche.

Nonostante ciò, anche qualora dovesse perdere il suo ruolo di paese di transito, l’Ucraina rimane un asset senza pari per la sicurezza energetica europea. Il paese ha a disposizione la maggiore capacità di stoccaggio di gas naturale nell’Unione Europea (anche se non fa dell’UE) e possiede infrastrutture capaci di ospitare sino a 31 miliardi di metri cubi gas naturale. Queste capacità strategiche offrono ai consumatori europei una flessibilità essenziale e che ha ancor più valore per un’Europa che sta attivamente diversificando le importazioni, ricorrendo maggiormente al GNL. L’Ucraina può offrire ai trader europei fino a 15 miliardi di metri cubi di stoccaggio e solo fra 2020 e 2021 sono stati importati circa 10 miliardi di metri cubi di gas come stoccaggi temporanei.

In conclusione, mentre il futuro del transito di gas attraverso l’Ucraina appare incerto, l’importanza del paese per la sicurezza energetica europea del paese esula dal ruolo di Stato di passaggio. Grazie ad una sostanziate capacità di stoccaggio  gas interconnessa con la rete europea, l’Ucraina rappresenta un asset di incalcolabile valore, specie in un periodo, come quello attuale,  di interruzioni di offerta o di aumento della domanda energetica. Vista la continua diversificazione delle rotte energetiche e gli investimenti in fonti rinnovabili alternative messe in atto dall’UE, il ruolo dell’Ucraina nel mantenere la stabilità e flessibilità del sistema energetico europeo non dovrebbe mai essere sottovalutato. Con il continuo evolversi del contesto geopolitico, i contributi incessanti dell’Ucraina nel supportare la sicurezza energetica europea rimangono centrali, favorendo la costituzione di un futuro energetico più resiliente e sostenibile per tutti.

La traduzione in italiano è stata curata dalla redazione di RiEnergia. La versione inglese di questo articolo è disponibile qui