Occorre risparmiare il 15% del consumo di gas naturale nei 6 mesi da agosto 2022 a marzo 2023. È un atto di buon senso e ce lo chiede l’Unione Europea. Di qui il piano del Ministero della Transizione Ecologica che delinea una serie di azioni tese a risparmiare 8,2 miliardi di metri cubi (mld mc) di gas.
Un primo modo attraverso il quale leggere il piano del governo è attraverso la distinzione tra interventi sul lato dell’offerta e della domanda. Come si può vedere, il risparmio avverrà principalmente attraverso azioni del secondo tipo, che ammontano al 74% del totale risparmiato, mentre quelli sul lato dell’offerta (carbone, olio combustibile e bioliquidi al posto del gas naturale nella termoelettrica) pesano per il restante 26%. Dunque, circa ¾ viene dalla domanda, mentre ¼ dall’offerta.
Per quanto concerne la prima, la misura che ha maggiore impatto è quella concernente il riscaldamento. Nel settore residenziale la riduzione di 15 giorni del periodo di riscaldamento congiunta ad un’ora di accensione in meno e 19° interni porterebbe a risparmiare 2,7 mld mc di gas, mentre negli uffici e nel settore commerciale l’abbassamento della temperatura interna da 20 a 19°C e la diminuzione di un'ora al giorno dell'orario di accensione del riscaldamento indurrebbe un risparmio di mezzo mld mc. Quindi più di un terzo del risparmio, il 36% per la precisione, ha origine nel riscaldamento mentre un altro terzo circa (il 35%) deriva da misure comportamentali in gran parte a costo zero. Tali misure includono interventi quali la riduzione della temperatura e della durata delle docce, l’utilizzo per il riscaldamento delle pompe di calore elettriche, l’utilizzo di lavastoviglie e lavatrice a pieno carico, il distacco della spina di alimentazione della lavatrice quando non in funzione, la riduzione delle ore di accensione delle lampadine, ecc. Vi è poi un ulteriore risparmio del 2% originato da investimenti, “anche piccoli da parte degli utenti”, per la sostituzione di elettrodomestici a più elevato consumo con quelli più efficienti, l’installazione di nuove pompe di calore elettriche in sostituzione delle vecchie caldaie a gas, sostituzione lampadine tradizionali con quelle a led.
Piano di contenimento consumo gas (miliardi m3 e %)
Fonte: nostra elaborazione su dati MITE
Un altro modo attraverso il quale leggere il piano del Governo è distinguendo tra interventi tesi ad accrescere l’efficienza e interventi basati sulla conservazione. Come noto, infatti, ci sono almeno due modi attraverso il quale si può risparmiare energia. Con riferimento alla figura seguente, che illustra il risparmio energetico associato, ad esempio, all’illuminazione, si può vedere che con il risparmio A’B’ si può ottenere tanto attraverso la conservazione - ad esempio riducendo il numero di lumen della lampadina (movimento da A a B) - quanto attraverso l’efficienza (movimento da A a C), ad esempio utilizzando lampadine led che, senza diminuire la qualità del servizio energetico, riducono fortemente il consumo. In questo esempio, il risparmio è lo stesso, ma l’origine è completamente diversa. In un caso il consumatore è penalizzato, nell’altro no.
Ora, fatte queste distinzioni, si possono leggere gli interventi del piano del Governo ponendoli su un quadrante che distingue, da una parte, tra interventi lato domanda (D) e interventi lato offerta (O), dall’altra tra interventi lato efficienza (E) ed interventi lato conservazione (C).
Efficienza e conservazione energetica
Fonte: adattato da G. Pireddu, Economia dell’energia. I fondamenti, Cooperativa Libraria Universitaria, Pavia 2015.
Purtroppo, il dettaglio del piano del Governo non consente di comprendere in che misura gli interventi comportamentali a costo zero siano di efficienza (es. pompe di calore al posto dei radiatori) oppure di conservazione (es. docce più brevi e meno calde). Ipotizzando che essi impattino per metà su Efficienza (E) e per metà su Conservazione (C), e assumendo che le misure comportamentali a basso costo siano tutte di efficienza (es. elettrodomestici più efficienti), ne risulta la seguente figura:
Classificazione degli interventi previsti dal piano Mite
Fonte: Elaborazione dell'autore su dati Mite
In sintesi, se la nostra ripartizione è corretta, il grosso delle misure (55%) sono sul lato della domanda e della conservazione, ovvero chiedono un sacrificio al cittadino. Il 19% di esse sfruttano l’efficienza, mentre assumiamo che le misure sul lato dell’offerta (26%) siano neutre rispetto alle variabili efficienza/conservazione.
Questo, in sintesi, il piano del Governo, opportunamente riclassificato ai fini di un’analisi più accurata, che può essere compiuta lungo due linee principali: esaminando ciò che il piano contiene - e per converso, quindi, ciò che non contiene - e la fattibilità di quanto proposto. È senz’altro positivo il fatto che il piano si concentri sul lato della domanda, segmento fino ad oggi assente dal dibattito sulla questione crisi del gas. Stupisce però che, nel contesto delle azioni lato offerta, non vengano menzionate le rinnovabili. L’Unione Europea le cita al primo posto tra gli interventi possibili: “fuel switch in industry and power and heat sectors: preferably towards renewables and cleaner energy sources; nuclear where feasible; coal and other heavy fuels where necessary and on a temporary basis”. Ed è vero che nel documento del MITE si afferma che “sono attesi in esercizio + 9,3 GW tra 2022 e 2023 di cui 7 GW tra gennaio 2022 e marzo 2023, a fronte di meno di 1 GW/anno degli anni precedenti”, ma il fatto che non siano inclusi risparmi generati da tali nuovi GW significa che il taglio di domanda di gas ad essi associati è molto incerto. In ultimo, le rinnovabili mancano in questa fase e ciò non può che significare che, nella concretezza della realtà, vi sono ancora parecchie barriere che ne ostacolano lo sviluppo.
L’altra questione che si pone è quella eterna della realizzabilità del risparmio energetico potenziale e teorico. Da sempre, la fattibilità degli interventi di energy saving rimanda al dualismo tra potenziale ingegneristico e realizzabilità concreta. Non poniamo in discussione i numeri sui quali il documento del governo si basa, ovvero lo studio Enea “Azioni Amministrative e Comportamentali per la riduzione del Fabbisogno Nazionale di Gas Metano”, ma non si può non sottolineare come il successo del piano riposi per 3/4, come abbiamo visto, su interventi che sono nelle mani dei cittadini. Le campagne di sensibilizzazione citate nel piano giocheranno sicuramente un ruolo positivo nell’attivare il senso civico e morale dei cittadini. Gli alti prezzi dell’energia rappresentano un altro driver verso il risparmio degli italiani. Nulla, tuttavia, assicura che i risparmi saranno realizzati nella misura auspicata dal Ministero della Transizione Ecologica. Puntando su un piano che per tre quarti poggia sulla domanda, e per almeno il 39% sul sacrificio tout court dei cittadini, si amplifica inevitabilmente il grado di incertezza del risultato finale.
La domanda che si pone è se vi fosse modo di contenere l’incertezza del piano. Presumiamo che, effettivamente, i gradi di libertà del governo non fossero molti. I notevoli ostacoli alle rinnovabili - burocratici, tecnici ed economici - come pure l’impossibilità di attingere, per decisioni pregresse, alle riserve di gas nazionale esistenti, ha limitato considerevolmente i gradi di libertà del soggetto pubblico. Di qui l’affidarsi al cittadino, al suo senso civico, alla sua moralità in questo momento difficile. La conseguenza di questo stato di cose è che il piano rappresenta un ulteriore test per la transizione energetica. I prezzi esorbitanti dell’energia, la scarsità di gas e le criticità geopolitiche avrebbero dovuto implicare un’accelerazione della transizione. Confidiamo che ciò accada nel medio-lungo periodo, di certo non sta accadendo nel breve, come il piano italiano dimostra.
Dunque, il primo test della transizione è fallito perché le rinnovabili non hanno spiccato il volo. Al contrario, sono cresciuti i consumi di carbone e si è fatto di tutto per sostituire il gas russo con quello americano o mediorientale. Ciò dimostra che l’idea di una diffusione veloce delle rinnovabili è errata: gli ostacoli sono ancora tanti, a cominciare dai freni burocratici: “i ceppi dell’umanità tormentata sono fatti di carta bollata”, scriveva Kafka.
Il secondo test fallito è quello relativo agli alti prezzi energetici che altro non sono che una carbon tax implicita, un assaggio del mondo che verrà – o dovrebbe venire, secondo quello che ci dicono i modelli energetici. La reazione dei cittadini è stata, comprensibilmente, la protesta, e quella dei governi la mitigazione degli aumenti, ovvero lo spegnimento della miccia di innesco della rabbia sociale. Dunque, fallito il test delle rinnovabili, fallito quello della carbon tax, ora si passa all’ultimo vertice del triangolo della transizione: il risparmio energetico dei cittadini, indotto sia dalla conservazione che dall’efficienza. Vedremo se questo terzo fronte della transizione - perché essa inevitabilmente si basa anche su comportamenti virtuosi - condurrà a una vittoria oppure a una sconfitta. Qualora, a primavera, fossimo di fronte a risparmi assai minori del previsto, avremmo la prova che la battaglia al cambiamento climatico è più retorica che verità, e che il free-riding transgenerazionale - per citare il premio Nobel Nordhaus - ai danni dei nostri figli e nipoti, è un pilastro fondativo della nostra civiltà affluente. Se, al contrario, avremo fatto i compiti, saremo di fronte a un segnale di speranza, qualcosa sul quale costruire.
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