La crisi energetica che stiamo affrontando in questi mesi, con gli impatti economici che ne determina su famiglie ed imprese e con quelli, altrettanto rilevanti, in termini di aumento delle emissioni climalteranti (per effetto del ricorso a combustibili fossili più inquinanti come petrolio e carbone), ci impone di rivedere le nostre strategie di decarbonizzazione che evidentemente hanno mostrato tutte le loro fragilità.
Guardando con pragmatismo a quello che è accaduto in questi mesi potremmo concludere che un processo di transizione energetica che non valuta correttamente la dimensione necessariamente globale del processo ed i fabbisogni crescenti di energia nel mondo è purtroppo destinato a fallire. La grande sfida che abbiamo davanti ci chiede di rendere possibile i tanti e diversi percorsi che i Paesi nel mondo stanno affrontando verso modelli produttivi più sostenibili. Laddove rendere possibile significa garantire la disponibilità delle risorse energetiche necessarie e a costi sopportabili, in altre parole, permettere a ciascun Paese di fare un passo in avanti verso la sostenibilità.
È quindi evidente che stante la difficoltà di prevedere esattamente tempi e modi di questo complesso processo globale sia necessario puntare sulla diversificazione delle fonti e dei vettori, dei Paesi produttori e delle tecnologie. La diversificazione consente di adeguare con flessibilità politiche e strumenti rispetto ad eventi anche imprevedibili, garantendo una resilienza al processo di transizione energetica.
In quest’ottica è ormai largamente condivisa la necessità di valorizzare anche l’idrogeno come vettore essenziale per la decarbonizzazione dei settori ‘hard to abate’, tra cui, stante la numerosità e la vetustà degli impianti esistenti e la necessità di un coinvolgimento importante, anche economico, dei consumatori finali, potremmo, per certi versi, includere anche il settore del riscaldamento. Il parco immobiliare italiano comprende infatti 12,42 milioni gli edifici residenziali, con quasi 32 milioni di abitazioni: oltre il 65% di tale parco edilizio ha più di 45 anni. Gli edifici e i complessi di edifici ad uso non residenziale sono più di 1,5 milioni rappresentativi di circa l'11% del totale.
Attualmente in Italia le pompe di calore elettriche rappresentano il 2% dei sistemi di riscaldamento, le stime ne prevedono una penetrazione al 2030 del 4% e, in ogni caso, la completa elettrificazione del riscaldamento, oltre a non essere tecnicamente percorribile in tutte le situazioni, richiederebbe tempi molto lunghi e rilevanti interventi sulla rete elettrica per garantire stabilità ai consumi.
Oggi il 43% dei consumi di gas naturale sono relativi al settore domestico/residenziale e il metano è la fonte di alimentazione più diffusa, sia per il riscaldamento (68%) che per la produzione di acqua calda. Questo grazie a una infrastruttura capillare e diffusa che, con oltre 300mila km di rete, raggiunge 24 milioni di clienti finali e collega il 92% dei Comuni italiani.
In tale contesto, la filiera del gas in Italia può offrire prospettive di decarbonizzazione concrete in tempi brevi valorizzando la possibilità di trasportare fin da subito idrogeno in blending nelle reti di trasporto e distribuzione come previsto dal recente DM 3 giugno 2022 che fissa al 2% la percentuale massima di idrogeno che è consentito immettere nelle reti attualmente in esercizio. Applicando questa percentuale alla domanda complessiva correlata alle reti di distribuzione gas avremmo già fin d’ora oltre 600 milioni all’anno di domanda di idrogeno da poter soddisfare.
Si tratta di un primo valore cautelativo rispetto al quale il Ministero della Transizione Ecologica prospetta già un ampliamento in esito agli studi e alle sperimentazioni in corso. Avremmo quindi a disposizione uno straordinario strumento di flessibilità da poter utilizzare per accompagnare la creazione di un mercato nazionale dell’idrogeno, consentendo alla domanda e all’offerta di svilupparsi e raggiungere una maturità anche con tempistiche diverse.
Oltre al transitorio, anche in una prospettiva di lungo termine è necessario che il percorso di decarbonizzazione del settore residenziale venga indirizzato sulla base di un’analisi costi/benefici che tenga in considerazione la situazione attuale, l’assetto infrastrutturale esistente e la necessità di minimizzare gli stranded costs.
In quest’ottica, sarebbe opportuno valutare l’ipotesi di impiego dell’idrogeno nel settore del riscaldamento, anche in blending, rispetto a situazioni che presentano limiti strutturali che non consentono l’elettrificazione o la rendono inefficiente, garantendo il rispetto del principio della neutralità tecnologica per offrire a ciascun cliente finale la possibilità di partecipare al processo di transizione ecologica. Ci sono quindi gli spazi per sviluppare le pompe di calore sia elettriche che a gas, operando in maniera sinergica per individuare la soluzione più efficiente rispetto a ciascun contesto.
Alla luce di queste considerazioni e per rendere sempre più resiliente il processo di transizione energetica, anziché puntare su un’unica tecnologia appare essenziale valorizzare anche le soluzioni che l’utilizzo delle infrastrutture gas possono offrire in termini di accelerazione del percorso di decarbonizzazione, favorendo i necessari investimenti in digitalizzazione delle reti e la sostituzione di tecnologie di riscaldamento più vetuste ed inefficienti con sistemi che, in prospettiva, potranno utilizzare sempre di più gas rinnovabili e low carbon.