Che questa spettacolarizzazione del problema possa facilitarne la soluzione è tutto da dimostrare. Ma è un dato di fatto che la definizione delle strategie per contrastare il cambiamento climatico – nonché l’esistenza stessa e la portata del cambiamento – sono oggetto di considerazioni che hanno poco a che fare con la natura e la dimensione del problema. Tra le più dibattute la CCUS (Carbon Capture, Utilization & Storage), sulla quale, per evitare posizioni approssimative che possono farci mancare occasioni preziose, è utile richiamare il significato ed il potenziale contributo all’auspicata sostenibilità.

L’entità, le conseguenze e le responsabilità del cambiamento climatico sono tuttora oggetto di discussione e soggette a notevole incertezza. Tuttavia è abbastanza acclarato che l’attività umana vi contribuisca in misura determinante, in particolare con le emissioni di CO2 generate dall’utilizzo di combustibili fossili e da una serie di processi industriali. Tra quest’ultimi giocano un ruolo primario la produzione di acciaio e cemento, nonché l’industria chimica.

 

L’entità delle emissioni antropogeniche di CO2 è formidabile: circa 35 miliardi di tonnellate/anno. Per conseguire nei prossimi 30-40 anni gli ambizios(issim)i obiettivi definiti dagli accordi internazionali – contenimento dell’incremento della temperatura media terrestre entro 1.5-2°C – è indispensabile “correggere” la traiettoria del nostro sviluppo in modo di evitare complessivamente, nell’arco dei 30-40 anni, emissioni per centinaia di miliardi di tonnellate di CO2. Sono numeri da capogiro, con i quali è tuttavia indispensabile confrontarci per definire strategie che possano davvero condurci al risultato.

 

La dimensione non è l’unico aspetto che rende difficile il compito. Circa l’80% dell’energia primaria oggi utilizzata proviene da combustibili fossili, e per i processi industriali che più emettono CO2 non esistono al momento alternative competitive, nemmeno ipotizzando che le emissioni di CO2 siano “tassate” pesantemente. Di conseguenza una massiccia riduzione delle emissioni richiede di rivoluzionare (i) il sistema energetico, oggi dominato dai combustibili fossili; (ii) una serie di settori industriali molto “pesanti”, quali acciaio, cemento, chimica.

 

Ciò detto sull’entità della sfida, le opzioni percorribili sono quattro:

1)      Risparmio energetico e aumento dell’efficienza di conversione dell’energia.

2)      Maggior ricorso alle energie rinnovabili.

3)      Maggiore ricorso all’energia nucleare.

4)      CCUS.

Una quinta strategia “passiva” potrebbe essere non fare nulla e adattarsi. Per quanto ipotizzata da alcuni, le incognite e i rischi ad essa associati sono tuttavia temibili. Anche perché eventuali ripensamenti richiederebbero tempi e risorse ben maggiori di quelle richieste dalle strategie “attive”.

 

Risparmio energetico e aumento dell’efficienza sono obiettivi comunque obbligati. La riduzione del fabbisogno energetico (più in generale delle risorse) richiesto per la fornitura di un bene o di un servizio aumenta la disponibilità che lasciamo per le future generazioni – un fattore cruciale per la sostenibilità. Ma il solo risparmio energetico non basta. Quand’anche ci avvicinassimo all’idealità, l’espletamento delle complesse funzioni richieste dal nostro sistema economico continuerà a richiedere energia. E se l’energia continuasse ad essere prodotta da combustibili fossili, ciò comporterebbe emissioni di CO2.

 

Le energie rinnovabili consentono di ridurre drasticamente (per quanto non sempre azzerare) le emissioni di CO2. Sono disponibili in quantità sufficiente per soddisfare il fabbisogno energetico mondiale per un tempo praticamente indefinito. Ma in molti casi comportano costi elevati e impatti non trascurabili. Al pari del risparmio energetico sono un’opzione obbligata, che tuttavia richiederà molto tempo per dispiegare un effetto significativo. La produzione mondiale da rinnovabili sta crescendo a ritmi molto sostenuti: nel decennio 2009-19, quasi +5% all’anno, più del doppio del ritmo di crescita dei consumi finali di energia. Ma pur a questi ritmi saranno necessari decenni per spodestare il dominio dei fossili, senza contare che in un futuro dominato dalle rinnovabili avremo assoluta necessità di adeguate tecnologie per lo stoccaggio, che ora non abbiamo.

 

Il contributo del nucleare dipenderà dalla capacità di risolvere i cruciali temi di accettabilità, sicurezza, finanziabilità. Ma quand’anche così fosse, i tempi necessari per un significativo aumento del suo ruolo sono lunghi - anche in questo caso molti decenni.

 

In definitiva, pur perseguendo in parallelo tutte le prime tre opzioni, il conseguimento degli obiettivi fissati dall’agenda internazionale appare estremamente difficile. O meglio: con adeguato impegno possiamo riuscire a realizzare un sistema economico pressoché “zero-carbon” dominato da rinnovabili e – se piacerà – nucleare. Ma per farlo serve molto più tempo di quello che abbiamo. Ciò che può darci il tempo che tanto ci serve per limitare cambiamenti dirompenti è la quarta opzione.

 

Cattura, Utilizzo e Stoccaggio di CO2 consentono di disaccoppiare le emissioni di CO2 dall’utilizzo dei fossili e dei processi industriali per i quali al momento non abbiamo alternative (acciaio, cemento, chimica, etc.). Mentre sviluppiamo e mettiamo progressivamente in campo le tecnologie del futuro “zero-carbon”, la CCUS consente di ridurre drasticamente le emissioni di gas serra in tempi molto più brevi di quelli necessari per la dismissione dei combustibili fossili o la revisione (se possibile) dei processi carbon intensive. Si tratta quindi di un’opzione transitoria, giustificata fintantoché non ci saremo affrancati dai combustibili fossili e dai processi carbon intensive. Un transitorio che durerà parecchi decenni. Forse anche un secolo o più, stante che la disponibilità e la competitività dei combustibili fossili appare destinata a durare per tempi lunghi.

Nella prospettiva CCUS la “U” dell’Utilizzo (chimica, agro-alimentare, stoccaggio di energia, etc.) può contribuire ad accelerare la penetrazione della tecnologia. Anche se i quantitativi in gioco – miliardi di tonnellate/anno – richiedono anche la “S”, ovvero lo stoccaggio sotterraneo di lungo periodo. Una tecnica per la quale esiste un ampio ventaglio di possibilità, a partire dai giacimenti esauriti di petrolio e di gas naturale. Alla disponibilità fisica si aggiunge la disponibilità di conoscenze e tecnologie, direttamente mutuabili dalla formidabile esperienza maturata proprio nell’estrazione di quei combustibili fossili che la CCUS può in un certo senso “neutralizzare”.

 

In conclusione, la CCUS costituisce un’opzione cruciale per accelerare la correzione di rotta del cambiamento climatico. Fermo restando che dovrà essere perseguita in parallelo a risparmio energetico, rinnovabili e nucleare. Nessuna delle opzioni possibili deve essere ignorata, bensì valorizzata tenendo conto di circostanze specifiche: disponibilità di risorse, competenze, impianti, siti appropriati, etc. Il compito che ci attende è talmente smisurato che non possiamo permetterci di mancare alcuna occasione.