Il tema della povertà energetica irrompe nelle politiche climatiche ed energetiche comunitarie, con la recente pubblicazione delle raccomandazioni sull’energy poverty da parte della Commissione europea e la contestuale pubblicazione del piano sulla riqualificazione energetica degli edifici che prende il nome di Renovation Wave. Una duplice presa di posizione che dimostra come anche da parte dell’Unione europea vi sia un riconoscimento del legame che unisce l’efficienza energetica e l’accesso equo all’energia. Ne parliamo con Monica Frassoni, presidente della European Alliance to Save Energy.

Che cosa si intende quando si parla di povertà energetica all’interno della cornice europea?

Il tema della povertà energetica è relativamente recente per l’Unione europea. Un tema che emerge con forza solo negli ultimi 3-4 anni e che oggi ci permette di stimare che siano circa 55 milioni le persone che non possono permettersi di riscaldare o raffrescare le proprie abitazioni in maniera dignitosa. In Italia queste persone sono 2,8 milioni e il trend è in aumento. Una cifra impensabile per una delle principali economie mondiali. Peraltro, si tratta di una questione fortemente correlata alla riqualificazione energetica degli edifici e delle abitazioni, che va oltre l’ambito energetico. Poiché la qualità del luogo in cui si vive, e mai come quest’anno ce ne siamo resi conto, influisce anche sulla salute dei cittadini. Nel nostro paese il 75% degli edifici necessita di una qualche forma di riqualificazione energetica e questo è fortemente correlato al fenomeno della povertà energetica.

Per questo motivo la Commissione europea ha voluto legare anche a livello mediatico i due temi? Con la pubblicazione contestuale, lo scorso 14 ottobre, delle raccomandazioni sulla povertà energetica e del piano Renovation Wave sulla riqualificazione energetica degli edifici?

Esatto, come detto le due cose vanno di pari passo. Non a caso il tema della povertà energetica è affrontato da due direttive comunitarie che sanciscono il principio del “energy efficiency first”, quella sull’efficienza energetica (Direttiva EED - Energy Efficiency Directive) e quella sulla prestazione energetica nell'edilizia (Direttiva EPBD-Energy Performance of Buildings Directive), entrambe recepite nel nostro ordinamento nel 2020. La cosiddetta renovation wave, pubblicata lo scorso ottobre, rafforza questo percorso, puntando a raddoppiare i tassi di riqualificazione energetica degli edifici, con interventi su 35 milioni di abitazioni su scala europea. Con questa azione quadro l’Unione europea ci mette la faccia, le competenze, i soldi. E questo ci dice due cose. La prima sul cambio di paradigma che ha attraversato l’opinione pubblica e la politica negli ultimi anni, entrambe finalmente convinte che la riqualificazione degli edifici non sia solo un vezzo da ricchi. Il secondo è il drammatico ritardo dell’edilizia, soprattutto di quella pubblica, rispetto al rinnovamento del proprio patrimonio immobiliare. Il tasso di rinnovo degli edifici dovrebbe essere del 4% annuo, mentre ad oggi siamo fermi allo 0,4%.

Dal suo disegno appare un’Europa più consapevole ma anche in ritardo. A tal proposito, quali sono le soluzioni che si possono mettere in campo per accelerare questo processo di rinnovamento?

È necessario continuare a ricercare alti standard di efficienza energetica, fornendo sostegno economico a chi non se lo può permettere e predisponendo un piano di rinnovamento del patrimonio legato all’edilizia sociale. Il messaggio che deve passare è che l’efficienza energetica è un requisito minimo per consentire contestualmente sia un’equità sociale che una giustizia climatica. Per fare questo serve coinvolgere i comuni e formarne la dirigenza amministrativa, affinché rilancino il concetto di comunità energetiche specialmente nei quartieri più popolati e popolari, e magari accedendo ad appositi finanziamenti comunitari. Sappiamo che spesso i soldi ci sono ma non ci sono le competenze sufficienti per intercettarli e spenderli in maniera efficace, soprattutto in quelle aree del paese che più trarrebbero giovamento da una riqualificazione del patrimonio immobiliare. In Italia il Super Bonus al 110% sta avendo un impatto positivo, ma bisogna avere il coraggio di incentivare comportamenti ancora più virtuosi e tecnologie che guardano al futuro. Mi chiedo che senso abbia, ad esempio, finanziare nuove caldaie a gas quando tra pochi anni le nostre politiche climatiche avranno preso tutt’altra direzione.

Il Covid e la pandemia hanno avuto un impatto sulla povertà energetica?

La pandemia ha avuto due impatti sulla povertà energetica. In primis, ci ha reso più consapevoli. Chi vive in case piccole, non isolate e inefficienti dal punto di vista energetico se n’è accorto, sia da un punto di vista sanitario sia da un punto di vista economico, perché le bollette sono state più salate. E non parlo solo dell’Italia. A Bruxelles, dove vivo, la presenza diffusa di abitazioni con metrature ridotte ha avuto pesanti ripercussioni sociali, sanitarie ed economiche. In secondo luogo, ha reso più consapevoli le istituzioni che un cambio di passo sia necessario per garantire standard di vita più giusti ed equi per tutta la popolazione, a prescindere dagli ostacoli legati al reddito o dalle barriere dovute alle competenze tecniche.