Il 2020 sarà ricordato come uno degli anni più difficili che le economie mondiali abbiano mai dovuto affrontare, almeno nei tempi moderni. La pandemia ha colto tutti impreparati e ha avuto un impatto molto pesante sulla domanda di energia. Impatto particolarmente evidente sulla domanda di petrolio che ha risentito del crollo nel settore dei trasporti (soprattutto aereo) dove la fonte petrolifera copre oltre il 90% del fabbisogno. Stando alle ultime stime dell’Agenzia internazionale per l’energia, nel 2020 la domanda di petrolio dovrebbe ammontare a poco più di 91 milioni b/g, cioé circa 10 milioni in meno rispetto allo scorso anno, mentre per il 2021 prevede che possa risalire intorno ai 97 milioni. Ciò significa che il prossimo anno si recupererà poco più della metà di quanto perso nel 2020 e gran parte di questo ammanco (circa l’80%) è attribuibile al settore aereo che più di altri ha risentito della crisi, mentre la domanda di carburanti dovrebbe riuscire a tornare vicina ai livelli pre-crisi.

Le incertezze sono ancora molte e ciò vale in particolare per l’Italia che ha dovuto fare i conti con una crisi senza precedenti. Confindustria, in uno dei suoi ultimi report, ha avvertito sulla possibilità di una nuova caduta in recessione, visto il progressivo ridimensionamento delle attese degli imprenditori manifatturieri su ordini, produzione e, soprattutto, sulle prospettive dell’economia italiana. Stesse preoccupazioni sono emerse dall’indagine ISTAT sulla fiducia delle famiglie, tra le quali sono fortemente peggiorate le aspettative sulla situazione economica dell’Italia, sui bilanci familiari e sulla disoccupazione.

Quali gli effetti sulla domanda nazionale di energia e in particolare di petrolio?

La domanda di energia nel 2020 è stata pari a 142,4 MTep, cioè 17 in meno rispetto allo scorso anno (-10,6%), uno dei valori più bassi degli ultimi 30 anni. Tra le fonti più colpite proprio il petrolio che è diminuito del 17,4%, con un peso sul totale sceso al 33,5% rispetto al 37% del 2019, mentre il gas naturale (-7%) si conferma la prima fonte di energia, con una quota vicina al 40%. Il carbone ha invece proseguito la sua discesa (-30%). Unico segno positivo per le fonti rinnovabili (+2,6%), in larga parte dovuto all’aumento della produzione idrica e fotovoltaica, nonché alla priorità di dispacciamento nella copertura della domanda di energia elettrica.

Quanto ai consumi petroliferi, complessivamente non raggiungono le 50 milioni di tonnellate, cioè oltre 10 in meno rispetto allo scorso anno (-17,4%), di cui oltre la metà concentrati nel trasporto stradale che più di altri ha risentito delle misure di lockdown nella prima parte dell’anno. Situazione che si è poi protratta e acuita nei mesi successivi nonostante i deboli segnali di ripresa registrati a settembre. La sola benzina ha fatto registrare una flessione vicina al 21%, mentre il gasolio motori intorno al 17% per la parziale tenuta del trasporto merci. In valore assoluto il calo del gasolio nell’anno ha comunque superato i 4 milioni di tonnellate, contro gli 1,5 della benzina. Crollo verticale per il jet fuel che fa registrare un meno 66%, con punte del 90% nei primi mesi dell’emergenza sanitaria.

Consumi petroliferi totali (sinistra) e Jet Fuel (destra): confronto 2019 VS 2020  (‘000/tonnellate)

Fonte: Unem

A penalizzare l’industria petrolifera sono state anche le diverse dinamiche prezzi del greggio e dei prodotti. I primi, grazie ai tagli di offerta decisi in ambito “Opec Plus”, a partire dalla seconda metà del 2020 hanno recuperato parte del terreno perduto nella prima parte apprezzandosi di oltre il 400% rispetto ai minimi di aprile, per stabilizzarsi intorno ai 40 dollari/barile - con punte vicine ai 50 in questi ultimi giorni. I secondi, invece, hanno interamente scontato la decisa riduzione della domanda di trasporto, recuperando solo molto parzialmente il crollo di aprile. Ciò ha allargato lo spread greggi/prodotti e pesato su margini di raffinazione negativi per tre trimestri consecutivi, accompagnati da un netto calo delle lavorazioni che, tra greggi e semilavorati, sono state pari a 59,4 milioni di tonnellate (-15,4% rispetto allo scorso anno) e un tasso di utilizzo degli impianti sceso intorno al 68% rispetto all’81% del 2019, molto vicino a quello che viene considerato il minimo tecnico prima di fermare gli impianti.

In decisa contrazione anche le vendite sulla rete carburanti che complessivamente sono diminuite mediamente del 20%, con un meno 34% sulla rete autostradale che negli ultimi 10 anni ha perso il 70% dei volumi. Tale calo dei consumi ha reso ancora più evidenti i cronici problemi di una rete caratterizzata da un numero eccessivo di punti vendita e da un basso erogato, per quanto con prezzi industriali (al netto delle tasse) inferiori alla media dell’area euro.

Una situazione difficile che però ha avuto effetti positivi sia sulla fattura energetica che petrolifera: la prima si attesta intorno ai 23 miliardi di euro, 16 in meno rispetto allo scorso anno (-41%); la seconda ai 12 miliardi, circa 10 in meno (-45%) grazie anche ad una produzione nazionale di greggio tornata a superare i 5 milioni di tonnellate che ha portato un risparmio di 1,5 miliardi. In entrambi i casi si tratta del valore più alto degli ultimi 30 anni.

Stando così le cose, cosa possiamo aspettarci per il 2021?

È evidente che qualsiasi previsione sconta un alto grado di incertezza in quanto devono tenere conto di elementi tutti legati alla possibile evoluzione della pandemia e alle misure adottate per superarla anche in termini di ripresa economica. Volendo essere ottimisti, si può ipotizzare un ritorno alla crescita a partire dal secondo trimestre del 2021 che si dovrebbe consolidare nel terzo, anche se il totale dei consumi dovrebbe restare comunque ancora molto più basso dei primi mesi sia del 2019 che del 2020.