All’avvento di ogni nuova crisi torna di moda il concetto di resilienza, un termine molto efficace ma spesso considerato come qualcosa di astratto o poco tangibile. La resilienza è in realtà un approccio molto più pratico di quanto si sia portati a pensare, come dimostra un fatto di cronaca che qualche anno fa tenne tutto il mondo con il fiato sospeso per diverse settimane.

È il 23 giugno del 2018, quando dodici ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 16 anni, tutti membri di una squadra di calcio, si avventurano con il proprio allenatore in una grotta della Tailandia e vi rimangono intrappolati a causa delle piogge monsoniche. La grotta è un labirinto calcareo lungo sei miglia, con passaggi molto stretti e ampie camere. Nei giorni che seguono, l’acqua comincia a salire e sempre più persone arrivano sul posto da tutto il mondo per tentare di portare in salvo i giovani prigionieri: ingegneri idraulici, geologi, sommozzatori, squadre militari tailandesi e statunitensi, esperti della NASA, medici e politici. Il 2 luglio, due sommozzatori britannici riescono finalmente a trovarli e raggiungerli in una grotta a 4 km dall’ingresso principale. Molti giorni dopo, infine, un gruppo di subacquei di grande esperienza riesce finalmente a liberarli e trarli in salvo.

Questo risultato, che a gran parte dell’opinione pubblica è parso un miracolo, non è in realtà dovuto all’eroismo di qualcuno o di un gruppo in particolare, quanto ad una collaborazione di successo fra attori sconosciuti, tra cui esperti di diverse discipline e volontari accorsi sul posto per caso. Un gruppo talmente eterogeneo che molti dei protagonisti delle operazioni non potevano neanche comunicare nella stessa lingua. Tutti si sarebbero aspettati che queste enormi differenze, sommate alla mappatura imprecisa della grotta e all’urgenza data dal veloce innalzamento dell’acqua, condannassero lo sforzo ad un drammatico epilogo; invece, la mentalità collaborativa degli attori ha spinto il gruppo a ricercare e ritrovare opportunità nelle loro differenze, sciogliendo così ogni possibile nodo che ostacolava il raggiungimento dell’obiettivo. Chi scrive questo articolo ha avuto la fortuna di intervistare molti dei protagonisti di questa storia, scoprendo che alla base del loro successo vi fu l’elasticità di pensiero, e l’agilità nel modo di lavorare e opporsi agli ostacoli in maniera propositiva. In una parola: resilienza.

La resilienza e l’agilità sono due elementi fondamentali per ognuno di noi e per le nostre organizzazioni, che permettono di superare con successo anche le situazioni più difficili. La volatilità è la nuova normalità: qualsiasi organizzazione, che sia una grande multinazionale o un rivenditore locale, opera in un ambiente di profonda incertezza economica e spietato sconvolgimento tecnologico. Le strategie a cui siamo abituati non funzionano, le culture si inciampano nell’autocompiacimento, i modelli di business invecchiano e diventano vulnerabili dall’oggi al domani. L’unica costante che rimane invariata è la concorrenza. Solo i leader agili e le loro formazioni prosperano. Il Covid-19 ha provocato l’ennesima tempesta nelle economie di tutto il mondo, inducendo diversi imprenditori a valutare la chiusura e il licenziamento dei propri dipendenti.

Così non è stato, ad esempio, per i dirigenti di una nota catena di ristoranti con sede a Washington DC che hanno deciso di investire nelle persone e nella comunità. Mettendo da parte il puro ritorno economico, hanno fornito gratuitamente la pizza a coloro che lavoravano in ospedale e si sono concentrati sul benessere del proprio personale: incrementato le misure per alleviare la tensione e l’ansia della vita pandemica, aumentando il salario orario e i rispettivi benefit; offerto ferie retribuite ai dipendenti che volevano unirsi alle proteste dopo l’uccisione di George Floyd.

I proprietari della catena avevano immaginato il 2020 come un anno di crescita, ma quando il virus ha ribaltato questi piani, hanno saputo riadattarsi rivolgendo lo sguardo all’interno, salvaguardando i propri valori e la propria missione. Un caso di successo che ha fatto perno sulla capacità di cambiare e adattarsi, agendo sulla risoluzione creativa dei problemi e mostrando reattività al mutare delle condizioni esterne.

Parlando di resilienza e di agilità non si può infine non citare Adriano Olivetti, attraverso un aneddoto che ha fatto scuola in tutto il mondo. Era il 1938, quando l’Olivetti divenne la prima azienda italiana che produceva macchine da scrivere. Un giorno, un operaio fu sorpreso lasciare la fabbrica con una borsa piena di pezzi di ferro e macchinari. I colleghi lo accusarono di essere un ladro ma lui cercò di difendersi: stava portando le parti a casa per lavorare a un progetto. Olivetti si insospettì e chiese spiegazioni, scoprendo che il colpevole, colto in flagrante, stava progettando una nuova macchina calcolatrice. Incuriosito, non solo non lo licenziò, ma lo mise a capo di un progetto per la costruzione di questa nuova “diavoleria”. Molto tempo dopo la calcolatrice fu pronta. Era la prima del suo genere e fu un successo in tutto il mondo.

Come Olivetti, un buon leader sa che l’innovazione nasce dalla curiosità anche se questo porta ad infrangere le regole, anzi, soprattutto se significa infrangere le regole. Quando ci apriamo alla curiosità, tendiamo a vedere i problemi difficili come sfide interessanti, costruiamo relazioni più forti e squadre di lavoro più affiatate. Siamo motivati a fare il possibile e anche l’impossibile. Quando siamo curiosi siamo anche più agili nel nostro modo di pensare, più capaci di mostrare resilienza e di lavorare con modi più efficaci, proprio come è successo ai gruppi eterogeni di esperti nella grotta in Thailandia.

Ma promuovere la curiosità non è così semplice come sembra. In un recente sondaggio che ho condotto, solo il 24% dei lavoratori ha indicato di sentirsi curioso nel proprio lavoro; il 70% dichiara di aver trovato ostacoli nel fare più domande in ufficio. Olivetti ha fatto domande per incoraggiare il suo dipendente a correre dei rischi, quando ciascuno di noi rifiuta lo status quo e insegue la curiosità, chi ci sta intorno se ne accorgerà, i nostri colleghi saranno più stimolati, più ambiziosi, più resilienti, più agili nel pensiero e le loro azioni avranno più successo. L’augurio è quindi di lasciarsi trasportare dalla novità, dal raggiungimento dell’obiettivo, prima ancora che dalla paura dell’ostacolo che ci si pone dinnanzi.