Nonostante una contrazione del 9% tra il 2010 e il 2017, l’Italia si conferma il paese con il maggior numero di punti vendita di carburante nell’Unione Europea, nonché quello con un erogato medio per punto vendita inferiore alla media comunitaria del 40%.

E’ inoltre indubbio che in questi ultimi sette anni la rete di distribuzione italiana abbia subito un processo di razionalizzazione e di ammodernamento, che tuttavia è lontano dall’essere completato. Si stima infatti che ammonti a circa 7/8 mila il numero di impianti che andrebbero chiusi per incompatibilità e inefficienze, ma che non vengono avviati allo smantellamento per gli alti costi di bilancio, di chiusura e di bonifica. Allo stesso tempo, anche la presenza di attività non oil (autolavaggi, meccatronica, piccola manutenzione, somministrazione di bevande, tabacchi, alimenti e giornali) è ancora troppo bassa, intorno al 30% della rete rispetto al 70% della media europea. Da ultimo, si registra la costante flessione dei consumi di carburanti tradizionali sulla rete nel periodo 2010-2017: del 27% per la benzina e del 9% per il gasolio. Flessioni che, in autostrada, toccano rispettivamente il 60% e il 54%. Sul segmento, come vedremo più avanti, pesano le royalties riconosciute ai concessionari autostradali.

Nonostante questi dati allarmanti, il sistema della distribuzione carburanti italiana contribuisce ad assicurare la mobilità del Paese, sia pubblica che privata e industriale, con particolare riguardo al trasporto delle merci su gomma, (l’80% della mobilità è su gomma) al presidio del territorio, alla sicurezza in tante aree del Paese. Un servizio che assicura lavoro ancora a migliaia di piccoli imprenditori per oltre 65 mila occupati, e che continuerà a rappresentare l’unica soluzione credibile per la mobilità di medio lunga percorrenza almeno per i prossimi due decenni.

Negli ultimi dieci anni, tuttavia, il mercato della distribuzione carburanti è stato interessato da numerosi cambiamenti con il rafforzamento di storiche compagnie del settore, l’abbandono di altre e l’ingresso di nuovi attori. A tal fine si registra l’acquisizione della TotalErg da parte di Api, che a suo tempo aveva assorbito il marchio IP, diventando il primo operatore italiano per numero di punti vendita e il secondo per volumi erogati. Poi si è completata per la Esso una fase di transizione che ha portato alla cessione degli ultimi 1.200 impianti al nuovo operatore Eg Italia (Intervias) che raggiungerà così a livello europeo 3.500 punti vendita e infine la Tamoil che ha acquistato dal Gruppo MOL la rete di 46 punti vendita carburanti a marchio Ies.

La crescita delle pompe bianche e della GDO ha coinciso con la riduzione dei punti vendita “colorati” che dal 2010 e 2017 si sono ridotti del 21%; allo stesso modo sono diminuiti in modo più drastico gli operatori indipendenti che espongono marchi delle compagnie petrolifere (-31% in dieci anni) ma anche gli impianti delle compagnie petrolifere stesse (-17% sempre in dieci anni). Nell’arco degli ultimi 7 anni l’erogato medio per gasolio e benzina è diminuito del 9% passando da 1.486 mc/anno a 1.353 mc/anno, addirittura in presenza di una contrazione di punti vendita. L’erogato medio delle pompe bianche, pari a circa 1.160 mc/anno, si mantiene inferiore alla rete tradizionale. Infine, l’erogato medio sulla rete autostrade si riduce del 52% tra il 2010 e 2017, passando da 5.670 mc/anno a struttura a 2.692 mc/anno.

La situazione che appare più drammatica è proprio quella che interessa le Autostrade, con una contrazione degli erogati presso le stazioni di servizio che tocca punte del 60% nell’ultimo triennio, e circa un quarto degli operatori della rete che versa in situazioni economiche non rosee. Pesano sul segmento le dinamiche concorrenziali sul fronte oil e su quello non oil, le aumentate spese di gestione per gli aspetti amministrativi, per i costi ambientali, gli oneri previdenziali e assistenziali, il costo del lavoro, ma anche creditizi e finanziari legati all’aumento dei prodotti petroliferi.

Ai dati critici sull’erogato si aggiunge l’illegalità, un fenomeno in crescita. Siamo di fronte ad una rete in cui l’illegalità si è diffusa sia in termini di quantitativi dei prodotti introdotti in evasione di iva ed accise, sia in termini qualitativi (gasolio tagliato con oli combustibili esenti da imposte di fabbricazione). Con effetti negativi sui prezzi e sulla redditività delle imprese. Questo si manifesta in termini di concorrenza sleale e dumping contrattuale, producendo una contrazione della redditività per il sistema che si riflette sui mancati investimenti, anche in termini di innovazione dei prodotti meno inquinanti.

Abbiamo già denunciato, in numerose occasioni gli episodi di violenza che si verificano sui distributori carburanti. Episodi multipli e continui. Dalla microcriminalità agli atti vandalici, dalle minacce a fini di estorsione ai furti, sino alle rapine e ad altri gravi episodi. Da stime effettuate dall’Associazione, sulla scorta delle denunce rilevate dalla categoria, si calcolano- annualmente- oltre mille episodi malavitosi sugli impianti stradali di distribuzione carburanti, con un danno economico stimato in diversi milioni euro. Per intervenire bisogna centrare 5 punti: monetica, video sorveglianza, assicurazioni, caveaux blindati, costituzione di un osservatorio di pubblica sicurezza.

Soffermandosi in questa sede sul primo dei cinque punti, va ribadito che i costi della moneta elettronica non possono gravare sui gestori carburanti in quanto percentualmente pesano molto più che in altri settori. Infatti, mentre in comparti come la moda o la somministrazione di alimenti e bevande il costo della moneta elettronica è impercettibile, nella distribuzione carburanti arriva ad incidere per un terzo del reddito del gestore.

Un maggiore ricorso alla moneta elettronica sarà comunque fondamentale, dal momento che favorirà uno sviluppo qualitativo e consentirà di intensificare l’azione di contrasto dell’illegalità, ma è necessario che i costi delle transazioni effettuate con la moneta elettronica non siano scaricati sulle gestioni.

Nota: i dati citati nell’articolo che si riferiscono alla rete di distribuzione carburanti provengono dall’Osservatorio FAIB Confesercenti nazionale