Finalmente se ne sono accorti. Dopo 25 anni in cui la domanda di elettricità è cresciuta più rapidamente di quella complessiva, per l’IEA “2018 is the year of electricity” e il World Energy Outlook destina quasi un quarto delle pagine allo “Special Focus on Electricity”. Purtroppo, con risultati inferiori alle attese.
Ad esempio, era prevedibile che nelle 150 pagine dedicate al settore elettrico, il problema della cybersicurezza - una delle principali criticità di un sistema sempre più digitalizzato - fosse adeguatamente trattato, invece lo si cita di passaggio due o tre volte, limitandosi a sottolineare che va tenuto presente.
Inoltre, lo scenario “Future is electric” (FIES), cui è dedicato uno dei tre capitoli del Focus, pur contenendo spunti interessanti, si basa su ipotesi di lavoro intrinsecamente contradditorie. In questo scenario, nel 2040 la domanda elettrica supererà 42.000 TWh, circa 7.000 TWh in più rispetto al New Policies Scenario (NPS), ma la produzione aggiuntiva richiesta è ripartita tra le fonti secondo le proporzioni di quest’ultimo, che tiene conto soltanto di decisioni politiche già annunciate.
Analoga è la scelta per l’efficienza energetica. Si tratta di un’ipotesi che trova raro riscontro nelle strategie basate su una maggiore penetrazione dell’energia elettrica, alle quali è di solito associata anche la crescita dell’efficientamento energetico e dell’apporto alla produzione da parte delle rinnovabili, cioè in linea con le ipotesi dello Sustainable Development Scenario (SDS) dell’Outlook e non con quelle del NSP.
Oltre tutto, come è noto, nei due settori energeticamente meno efficienti – residenziale e trasporto – la crescita dell’elettrificazione, oltre a fornire un contributo sostanziale al loro efficientamento, nel residenziale è terreno fertile per lo sviluppo dell’autoconsumo, basato sulla generazione rinnovabile distribuita. D’altronde, non stupisce la scarsa attenzione a questo effetto in un documento dove nemmeno una volta hanno diritto di cittadinanza parole come “prosumer” e “local energy community”, viceversa centrali nella nuova direttiva RED II.
Con una simile impostazione del FIES, non si comprende quali informazioni aggiuntive possa dare il paragrafo 9.3.2, intitolato “Electrified does not necessarily mean sustainable”: date le premesse, la conclusione non poteva essere diversa.
Anche l’analisi delle misure per aumentare la flessibilità del sistema elettrico al crescere della produzione con rinnovabili non programmabili appare parziale. Nell’esaminare il contributo che possono fornire sia nel NPS che nel FIES gli impianti termoelettrici, le reti, gli accumuli e la “demand response”, continua ad essere assegnato il ruolo più rilevante ai primi due fino al 2040, senza tenere conto della crescita, già evidente, degli ultimi due. Nel NPS ne conseguono contributi alla flessibilità nel 2040 incredibilmente bassi da parte delle batterie - 3% (sic!) – e della “demande response” - 2% (sic! sic!) -, mentre le centrali a carbone, gas e olio combustibile ne fornirebbero complessivamente la metà.
Così, paradossalmente, nell’ipotesi che la penetrazione delle rinnovabili non programmabili cresca al punto da creare deficit di potenza per mesi e stagioni, viene ipotizzato, per la verità con non molta convinzione, il ricorso a tecnologie dall’incerta convenienza economica, come il power to gas e la produzione di idrogeno con energia rinnovabile.
Qualche perplessità deve essere sorta anche tra gli estensori dell’Outlook. Se si ha a pazienza di arrivare a pagina 465, si legge infatti che “l’energia distribuita potrebbe contribuire in modo importante alla flessibilità della generazione elettrica su una scala temporale perfino minore della produzione con fossili, in particolare in presenza di sistemi di accumulo elettrochimico”; e che “l’adozione di tecnologie digitali potrebbe rafforzare ulteriormente questo ruolo”.
Dato che il processo di elettrificazione richiede un contributo accentuato da parte delle tecnologie digitali e, anche senza crescere percentualmente, la produzione rinnovabile sarebbe in buona parte distribuita, stupisce che, almeno per il FIES, nell’analisi della flessibilizzazione non sia stata esaminata l’ipotesi di pagina 465.
Poiché non è pensabile che all’interno del nutritissimo numero di contributori e di revisori dell’Outlook nemmeno uno si sia accorto di questa dimenticanza, l’unica spiegazione plausibile è che, tenendone conto, si sarebbe ridimensionato il ruolo della generazione tradizionale e, di conseguenza, sarebbe diminuita la sua capacità indicata come essenziale per la stabilizzazione del sistema.
Già in passato, leggendo un Outlook, mi ero imbattuto in una situazione analoga; in quella circostanza mi avevano spiegato che la costruzione degli scenari deve tenere conto in modo equilibrato dei contributi dei singoli settori.
Per la verità, quel caso riguardava il NPS, cioè lo scenario che di fatto rappresenta il punto di vista “ufficiale” dell’IEA, per cui la cautela era almeno in parte comprensibile. Non dovrebbe però valere nel caso di uno scenario “fuori linea” come il FIES.