Le emissioni e i consumi energetici dovuti al riscaldamento e alla climatizzazione rappresentano uno dei principali argomenti di dibattito quando si parla di sostenibilità dell’edilizia. La temperatura dei nostri edifici, infatti, viene ancora in gran parte regolata da sistemi alimentati da combustibili fossili, il che contribuisce ad accrescere l’impatto degli stessi nella fase più estesa del proprio ciclo di vita, quella di esercizio. Motivo per il quale, negli ultimi decenni, in molti paesi – e particolarmente in quelli dell’Unione Europea – sono state intraprese azioni e adottati standard  sempre più severi per ridurre i fabbisogni energetici durante la fase di esercizio degli edifici, e ciò ha permesso di ottenere migliori condizioni di comfort indoor limitando i consumi energetici.

Questo effetto è stato ottenuto applicando due principali strategie: da un lato, adottando approcci più efficienti nella progettazione e nella costruzione e, dall’altro, facendo ricorso a materiali con prestazioni migliori, a dispositivi di captazione di fonti energetiche rinnovabili, ad apparecchiature di regolazione e di automazione. Parte della riduzione dell’energia richiesta nella fase operativa è quindi avvenuta “a spese” di un aumento degli impatti inglobati, e quindi nascosti, nei nuovi materiali e componenti installati negli edifici. Impatti che pesano però negativamente sul bilancio ambientale complessivo dell’edificio se si considera il suo intero ciclo di vita, che non si esaurisce nelle sole performance espresse durante la fase operativa.

Uno studio condotto all’interno della EeBGuide confronta le prestazioni energetiche di edifici nuovi con quelle di edifici realizzati nei 10-20 anni precedenti, analizzando la proporzione tra l’Energia Operativa (in accordo con la EPBD – European Energy Performance of Building Directive) e l’Energia Inglobata generata dai processi produttivi e dalle attività di dismissione a fine vita di materiali e componenti impiegati negli edifici. Questo studio mostra che il consumo energetico nella fase di utilizzo prevale su quello di tutte le altre fasi del ciclo di vita nel caso degli edifici meno recenti, mentre la quota di energia incorporata diventa prevalente per i moderni edifici a bassissimo consumo. (Fig.1)

Ne deriva che gli impatti generati dalla produzione dei materiali, intesa come prima fase del ciclo di vita di un edificio, possono pregiudicare i livelli prestazionali complessivi, nonostante i guadagni registrati in fase di esercizio.

Fig. 1 - Rapporto tra fase d’uso e costruzione più fine vita, per edifici di 10-20 anni rispetto ad edifici recenti ed energeticamente efficienti

Fonte: Rielaborazione da Wittstock et al. (2012); EeBGuide. Operational Guidance for Life Cycle Assessment Studies of the Energy-Efficient Buildings Initiative

Questa consapevolezza guida oggi lo sviluppo delle tecnologie e dei materiali innovativi destinati ad essere utilizzati in edilizia: la ricerca di migliori prestazioni funzionali si accompagna ad una estrema attenzione per gli effetti ambientali indotti dalla produzione e dall’utilizzo delle nuove applicazioni, in una logica di ottimizzazione non limitata ad alcune fasi, ma estesa all’intero ciclo di vita.

Qualche esempio permette di dare evidenza alla direzione che sta seguendo oggi la più potente dinamica di innovazione che investe il settore costruzioni, quella di materiali “smart” a basso impatto in tutto il loro ciclo di vita, coerentemente con una più generale evoluzione di tutti i sistemi economici e produttivi a ridurre la dipendenza dal carbonio e le emissioni di gas a effetto serra.

Air Flow(er)

Sviluppato da Lift Architects, un gruppo di giovani architetti americani con sede in South Carolina, Air Flow(er) è un sistema di ventilazione intelligente a chiusura e apertura automatiche, che opera senza l’uso di elettricità. Il sistema utilizza una lega metallica a memoria di forma (SMA= Shape Memory Alloy) che, in funzione della temperatura ambientale, fa modificare la posizione di una serie di lamelle per aumentare o ridurre fino a zero il flusso dell’aria che attraversa il telaio su cui le lamelle sono installate. (Figg. 2, 3, 4)

Fig. 2-3-4 - Sistema di ventilazione Air Flow(er)

Fonte: http://www.liftarchitects.com/air-flower/

BioBrick

Mentre Air Flow(er) si ispira ai meccanismi di termoregolazione con cui i vegetali si adattano alle condizioni dell’ambiente circostante, BioBrick dell’americana  bioMason non si limita a riprodurre il comportamento degli organismi biologici, ma li utilizza direttamente, impiegando batteri per produrre mattoni con sabbia o altri tipi di aggregati. BioBrick replica, in condizioni controllate, alcuni processi biochimici con cui in natura vengono formati materiali ad alta resistenza con pochissimo dispendio di energia. Con una composizione simile all'arenaria, BioBrick è prodotto dai batteri Sporosarcina pasteurii con l'aggiunta di cloruro di calcio, urea e estratto di lievito: materiali poco costosi, ampiamente disponibili ed ecologicamente compatibili, che consentono in meno di cinque giorni di avviare la produzione di questi “biomattoni”, con caratteristiche meccaniche comparabili a quelle di un laterizio convenzionale. (Fig.5)

Fig. 5 - Il biomattone “BioBrick”

Fonte: http://biomason.com

Questi sono solo due dei tanti esempi che si possono trovare oggigiorno (e non solo in America) e che dimostrano come l’edilizia si stia attrezzando nel trovare soluzioni efficienti che non si limitano alla fase d’esercizio. La strada dei materiali smart è ormai aperta: dai laboratori di ricerca e dalle università, le innovazioni non tarderanno ad arrivare in gran numero sul mercato.