Negli ultimi decenni, la produzione e il consumo di carbone sono diminuiti in misura consistente in Polonia. Tuttavia, nonostante questa impressionante evoluzione, il paese è ancora lontano dall’eliminazione o anche solo da una drastica riduzione di questa fonte dal suo mix energetico. Alla base di questa considerazione, diversi fattori quali: la tradizione carbonifera del paese, aspetti socio-politici, questioni di sicurezza energetica. Fattori che, oltretutto, non sono riscontrabili solo in Polonia; pertanto, mentre il mondo si sforza di eliminare le emissioni di CO2, questi assumono un ruolo sempre più importante in materia di cambiamento climatico.

La forte diminuzione della produzione di carbone degli ultimi anni (Fig. 1) ha interessato principalmente l’antracite che, con volumi prossimi a 70 milioni di tonnellate (Mt) nel 2016, si colloca molto lontano dai 150 Mt del 1990 o dal record di 200 Mt prodotti del 1970. Più contenuto il calo per la lignite che tuttavia ha riportato nel 2016 una riduzione di 13 Mt rispetto al picco di 73 Mt l’anno che si osservava a metà degli anni ‘80. In discesa anche i consumi: nel 2017, il contributo del carbone alla generazione elettrica del paese è stato il più basso degli ultimi 100 anni.  

Fig. 1 - Produzione e consumo di carbone in Polonia e nell’UE (2007=100)

Fonte: Elaborazioni dell’autore su dati BP Statistical Review of World Energy

Nonostante questi trend, il carbone conta ancora per circa il 50% del fabbisogno energetico polacco e per l’80% della sua generazione elettrica. Inoltre, il calo dei consumi della Polonia non è in linea con quello registrato nell’UE. Nel 2016 la Polonia contava per circa il 20% della domanda di combustibili solidi dell’UE e, in media, un cittadino polacco consumava circa tre volte tanto un cittadino europeo. Per il futuro, il governo prevede che il carbone continuerà a rappresentare il 50-55% del mix energetico totale del paese anche nel decennio 2030 se non fino al 2050, ma spera di contenere le correlate emissioni di CO2 attraverso una serie di meccanismi che spaziano dal sequestro del carbonio, alla gassificazione del carbone, a sistemi di cattura e stoccaggio della CO2.

Quali fattori tengono in vita il carbone nel cuore di un’Unione Europea sempre più impegnata nella decarbonizzazione e nella riduzione dei consumi della più inquinante tra le fonti fossili?

Prima di tutto: la tradizione. Lo sviluppo economico e industriale della Polonia si è storicamente fondato sulla disponibilità a livello domestico di abbondanti riserve di carbone. Il lungo ciclo di vita che tipicamente caratterizza le infrastrutture carbonifere rende difficile abbandonare il settore repentinamente. La familiarità con la tecnologia e la forza lavoro specializzata incoraggiano ancora investimenti nella ristrutturazione o nella sostituzione di vecchie miniere e centrali elettriche. Inoltre, nonostante l’occupazione nel settore del carbone sia diminuita di oltre quattro volte dall’inizio degli anni ‘90, si contano ancora circa 100.000 lavoratori. La suddetta forza lavoro è poi concentrata nelle regioni di produzione di antracite della Slesia, il che rende molto difficile attuare una transizione veloce verso un’altra struttura del mercato del lavoro.

Questa concentrazione della forza lavoro correlata al carbone è strettamente dipendente dalle politiche elettorali della Polonia. Dei 460 seggi che compongono la Camera del parlamento polacco, 101 vengono eletti dalle regioni carbonifere della Bassa ed Alta Slesia e di Opole. La natura altamente contestata e “swing state” delle politiche locali obbliga inoltre ogni partito in vista delle elezioni locali ad accontentare un folto gruppo di lavoratori dell’industria carbonifera, storicamente ben organizzati in sindacati politicamente attivi. Come ha insegnato il governo di Ewa Kopacz nel 2015, questi ultimi sono in grado non solo di influenzare i risultati delle elezioni locali ma anche la stabilità del governo nazionale. L’elevata considerazione di cui i minatori godono nella nazione rafforza ulteriormente la loro posizione politica. Di conseguenza, tutti i governi polacchi, indipendentemente da quale partito ne sia alla guida, sono stati e probabilmente continueranno ad essere cauti nell’affrontare l’argomento carbone.

Tuttavia, le considerazioni politiche sul carbone vanno al di là delle elezioni e includono questioni di spessore come la sicurezza energetica. Per la Polonia, il carbone è la sola risorsa energetica interna abbondante, relativamente economica e facilmente accessibile. Al contrario, la maggior parte del gas naturale, il principale concorrente del carbone, viene importato e il principale fornitore è la Russia, un partner che la Polonia considera critico in quanto potenzialmente in grado di usare il suo predominio sul piano energetico per conseguire obiettivi geopolitici. 

Anche se la Polonia sta compiendo importanti passi per diversificare le sue forniture di gas, grazie alle importazioni di GNL e alla costruzione di nuovi gasdotti e interconnettori, il risultato che vuole conseguire è principalmente di ridurre il peso dell’import di gas russo piuttosto che puntare alla sostituzione del carbone. Sempre in tema di alternative al combustibile solido, quali ad esempio le fonti rinnovabili, merita rilevare come il settore sia ancora ad uno stadio iniziale in Polonia ed è improbabile che si espanda rapidamente e in modo significativo, dati i problemi di intermittenza della produzione e i costi associati alle infrastrutture necessarie. I costi sono un ostacolo anche per un’eventuale generazione elettrica da nucleare che ad oggi non ha ancora superato la fase decisionale.

Allo stesso tempo, in un’ottica di allineamento alla politica europea di decarbonizzazione, la Polonia sta puntando ad una serie di strategie che potrebbero limitare le emissioni di CO2 e di altri inquinanti associati all'estrazione di carbone nonché alla produzione elettrica e al riscaldamento generati da questa fonte. Fra questi: 1) l’utilizzo di carbone di qualità superiore e meno inquinante; 2) un’economia nazionale caratterizzata da maggiore efficienza e minore intensità energetica; 3) la gassificazione del carbone in sotterraneo (coal-bed methane); 4) l’implementazione di nuove e meno inquinanti tecnologie per la produzione di energia elettrica e calore da carbone; 5) la cogenerazione che include l’uso di biomassa; 6) potenziali opzioni di cattura e stoccaggio del carbonio. Il governo spera anche che il progresso tecnologico possa consentire in futuro il riutilizzo del carbone, anche attraverso la sua gassificazione ed altri usi connessi alla produzione di energia nucleare.

Tuttavia, dal momento che molte di queste strategie versano ancora in uno stadio iniziale, la Polonia potrebbe incorrere in penalità se non dovesse mantenere gli impegni assunti in ambito UE. Ciò potrebbe rendere più costosa la produzione e il consumo di carbone, anche se non è chiaro in che misura questi potenziali costi potrebbero prevalere rispetto alle considerazioni sopra menzionate. Sul fronte interno, anche le questioni legate all’inquinamento, sempre più problematico, associato all'uso del carbone potrebbero mettere in discussione il ruolo di questa fonte, così come la presenza di infrastrutture obsolete che rendono necessari investimenti continui in un settore sempre più considerato legato al passato e non al futuro.

A dicembre la Polonia ospiterà la prossima Conferenza sul cambiamento climatico, COP24, che si terrà a Katowice, il cuore dell’industria carbonifera del paese. Nella mente degli organizzatori, Katowice dovrebbe essere il simbolo di una regione che si trasforma passando dalla dipendenza dal carbone ad un modello che coniuga industria moderna, innovazione e cultura. La stessa conferenza dovrebbe essere anche l’occasione per evidenziare i successi conseguiti dalla Polonia nel contenimento delle emissioni di CO2 e in materia di cambiamenti climatici. Ma la scelta di Katowice è stata compiuta anche per sottolineare le difficoltà che accomunano i paesi dipendenti dal carbone in tutto il mondo, ivi inclusi Cina e India, i principali consumatori di energia. In un contesto globale in cui aumentano le tensioni legate ai dazi e alle potenziali guerre commerciali, è molto probabile che la dimensione della sicurezza energetica acquisisca ulteriore slancio, con il carbone domestico che diventerebbe ancora più importante non solo per lo sviluppo economico ma anche come fonte energetica "sicura" o "più sicura".

Anna Mikulska è nonresident fellow in studi energetici presso la Rice University’s Baker Institute's Center for Energy Studies e senior fellow all’ University of Pennsylvania's Kleinman Center for Energy Policy.

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