Da quando la preoccupazione per i cambiamenti climatici è diventata dominante, l’obiettivo principale della politica energetica è diventato la “decarbonizzazione”. In concreto, si tratta di realizzare la “transizione energetica” diminuendo progressivamente il peso dei combustibili fossili che ancora oggi soddisfano più dell’80% dei consumi energetici mondiali. Questo processo sta già avvenendo in parte spontaneamente, guidato dalla convenienza economica e dal progresso tecnologico, in parte sotto la spinta di decisioni politiche. Tuttavia sappiamo che il settore energetico è dotato di forte inerzia e quindi la modifica del peso delle diverse fonti richiederà molti decenni. Certamente più ci si allontana nel tempo e più saranno possibili grandi cambiamenti rispetto alla situazione odierna, ma anche i margini di precisione diventano più sfuocati. Per questo l’orizzonte degli studi più seri non supera i 20-25 anni.
Uno degli studi di riferimento nel campo dell’esplorazione del futuro energetico è il World Energy Outlook (WEO) che l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) pubblica dal lontano 1977 e ininterrottamente ogni anno dal 1998. Questo esercizio ha il pregio di esaminare in modo analitico tutti i fattori suscettibili di influenzare la dinamica della domanda e dell’offerta di energia e di presentare i risultati riassunti in alcuni scenari coerenti. Volendo capire il ruolo che potrà avere il gas nella transizione energetica conviene dunque partire da qui.
Il WEO 2017 prende in considerazione tre scenari. Lo scenario denominato “Current Policies” (CP) delinea uno sviluppo del settore energetico mondiale inerziale, cioè senza ulteriori interventi politici suscettibili di modificarne la traiettoria evolutiva al di là delle decisioni prese fin qui. Lo scenario chiamato “New Policies” (NP) è quello che viene considerato di riferimento dall’AIE e ingloba non solo i risultati attesi delle misure che i Governi hanno già deciso, ma anche quelli delle politiche “probabili”, perché annunciate o rese necessarie per rendere coerenti i risultati con gli impegni presi (in particolare con la firma dell’Accordo di Parigi). Infine lo scenario “Sustainable Development” (SD) è uno scenario che disegna un possibile percorso qualora si volessero davvero raggiungere gli obiettivi generali enunciati su scala internazionale (come l’Accordo di Parigi o i Sustainable Development Goals dell’ONU per il 2030).
Gli aspetti per noi più rilevanti che emergono dal confronto tra i tre scenari al 2030 e al 2040 sono i seguenti:
- partendo dall’81% del 2016, la quota di domanda soddisfatta dai combustibili fossili nel 2040 scenderebbe al 79% nello scenario inerziale (CP), al 75% nello scenario “nuove politiche” (NP) e al 61% nello scenario volontarista (SD). In altri termini persino nello scenario più ambizioso (e ad oggi poco probabile) di decarbonizzazione i combustibili fossili sarebbero dominanti nel 2040 per soddisfare la domanda mondiale, malgrado la crescita del 800% della produzione da “nuove” fonti rinnovabili (in primis solare ed eolico) e gli imponenti sforzi di efficienza energetica per contenere l’aumento della domanda;
- a differenza di carbone e petrolio, la quota del consumo energetico soddisfatta da gas naturale salirebbe in tutti gli scenari e altrettanto avverrebbe per il valore assoluto della domanda di gas almeno fino al 2030.
Scenari di evoluzione della domanda di energia e della sua copertura
Fonte: IEA, World Energy Outlook 2017
Il gas naturale è dunque il combustibile fossile destinato ad accompagnare la transizione energetica e questa opinione è condivisa praticamente da tutte le proiezioni. Le ragioni sono soprattutto due: a) l’abbondanza e la diffusione delle risorse di gas producibili a basso costo sia da giacimenti convenzionali che da shale e tight gas; b) il vantaggio ambientale del gas rispetto agli altri combustibili fossili.
La conferma che la fiducia nell’aumento dei consumi di gas non è solo teorica viene soprattutto dai numerosi progetti di GNL in corso di realizzazione o programmati. Poiché si tratta di progetti ad alta intensità di investimento, il loro avvio testimonia la grande fiducia nello sviluppo del mercato e nella competitività di questa fonte. La crescita degli scambi di GNL (superiore alla crescita di quelli via gasdotto) appare anche destinata a modificare significativamente il mercato del gas rendendolo progressivamente più simile (anche se ci vorranno molti anni) al mercato del petrolio con molti fornitori e molti acquirenti, non necessariamente legati da contratti a lungo termine. E un mercato più liquido è un ulteriore elemento che favorirà il ricorso al gas.
Il secondo elemento di fiducia nella crescita dei consumi di gas viene dal suo minore impatto ambientale rispetto ai combustibili concorrenti, soprattutto rispetto al carbone. In paesi come la Cina e l’India il carbone è ancora ampiamente usato anche nel settore industriale e una sua sostituzione con il gas aiuterebbe senz’altro a migliorare la qualità dell’aria delle città. Ma è soprattutto nella produzione elettrica che il gas potrebbe guadagnare quote di mercato a scapito del carbone se le politiche di lotta ai cambiamenti climatici diventeranno ancora più stringenti. Come è noto infatti, le emissioni di CO2 degli impianti a ciclo combinato a gas sono meno della metà di quelle degli impianti a carbone a parità di elettricità prodotta e i margini per sostituire carbone con gas sono enormi. Infatti, il carbone è ancora ampiamente usato per la produzione elettrica non solo in paesi come la Cina e l’India, ma anche negli Stati Uniti e nella stessa Europa. Nel Vecchio Continente l’uso del carbone nel settore elettrico potrebbe essere messo fuori mercato da un aumento del valore dei permessi di emissione (oltre che da scelte governative come quella annunciata in Italia con la SEN). Negli Stati Uniti non è tanto l’intervento legislativo (tanto più dopo che Trump ha dichiarato di voler difendere l’impiego del carbone) a favorire la sostituzione del carbone con il gas nel settore elettrico quanto il fatto che ormai i bassi costi del gas grazie alla shale revolution hanno reso l’impiego di questa fonte più conveniente del carbone, facendola diventare in pochi anni la principale fonte utilizzata negli USA.
Produzione elettrica negli USA
Fonte: EIA-DOE
Se il gas è e diventerà sempre più il concorrente del carbone nella produzione termoelettrica durante la transizione energetica, a sua volta dovrà subire la concorrenza delle fonti rinnovabili (specie solare ed eolico) che non solo sono fonti “carbon free”, ma che hanno visto nell’ultimo decennio una spettacolare discesa dei costi. In effetti nel confronto tra lo scenario volontarista e quello di riferimento NP del WEO si nota che a un aumento dell’ambiziosità della riduzione delle emissioni corrisponde una riduzione della domanda totale, un forte aumento del contributo delle FER e una diminuzione del ricorso a tutti i combustibili fossili, incluso il gas anche se solo dopo il 2030 e in misura molto più modesta del carbone e del petrolio. In effetti il gas rimane il combustibile che meglio si sposa alle FER intermittenti per garantire la continuità e la regolazione nella produzione elettrica.
Vanno infine rilevati altri due elementi positivi per le prospettive dell’impiego del gas nei prossimi decenni. Il primo riguarda il settore dei trasporti che oggi è completamente dominato dai prodotti petroliferi, ma nel quale, sia per ragioni economiche che ambientali, il GNL potrebbe sostituire almeno parzialmente i prodotti petroliferi nei trasporti marittimi e in quello dei mezzi pesanti. Il secondo riguarda lo sviluppo del biogas e del biometano che secondo alcuni studi potrebbe avere un ruolo limitato, ma non trascurabile nel futuro garantendo la fornitura di un “gas rinnovabile”.
In definitiva, tutti gli studi intravedono un mercato del gas in espansione almeno per 15-20 anni e un aumento del peso di questa fonte che si presenta come il combustibile fossile ideale per accompagnare la transizione energetica verso l’uso di fonti a sempre minore impatto ambientale e rinnovabili.