Il gas si conferma la principale fonte per l’uso riscaldamento, tanto in Italia quanto in Europa. Se nel nostro paese, o più in generale nel Vecchio Continente, la scelta è prevalentemente di natura tecnologica e/o economica, altrove il tema assume anche una dimensione sociale. Nei paesi in via di sviluppo, infatti, il numero di persone prive di accesso a servizi energetici moderni è ancora molto elevato e negli anni a venire il gas – insieme a GPL, elettricità e nuove rinnovabili – potrebbe assumere un ruolo determinante nella riduzione della povertà energetica.

In Italia, secondo le stime preliminari effettuate nell’ambito dei conti ambientali dell’Istat per il 2016, il 58% delle esigenze domestiche delle famiglie – e quindi riscaldamento/raffrescamento, acqua calda, uso cucina e elettrodomestici – viene soddisfatto dal gas (gas naturale e GPL). A seguire, le biomasse con il 21% (in particolare legna da ardere), l’energia elettrica con il 18% e  il gasolio con quasi il 4%.

Il primato del gas per uso domestico è evidente anche a livello europeo. Riscaldare le abitazioni, gli uffici e gli edifici pubblici conta per circa un terzo dei consumi finali di energia dell’Europa: l’85% del fabbisogno energetico di un edificio riguarda infatti il riscaldamento degli ambienti e la produzione di acqua calda. La maggioranza delle apparecchiature utilizzate (45%) sono gas-fuelled mentre il 20% impiega gasolio da riscaldamento, il 17% energia elettrica, il 7% biomasse.

Sistemi di riscaldamento domestico in EU 27

Fonte: Eurogas

Esaminare e discutere il mix di fonti impiegato per rispondere al fabbisogno energetico domestico è relativamente facile nei paesi sviluppati, dove la povertà energetica può dirsi contenuta e dove i termini del dibattito si limitano agli effetti nocivi del ricorso alla biomassa e la definizione di misure idonee a contenerli. Tutt’altro accade, invece, nei paesi in via di sviluppo dove l’accesso a servizi energetici moderni, sicuri, a basso costo e a basso impatto ambientale è ancora lungi dall’essere universale e dove l’uso tradizionale della biomassa – specie per cucinare – è causa ogni anno di un numero inaccettabile di morti premature (circa 2,8 milioni di persone).

Risulta quindi interessante comprendere quale può essere l’evoluzione attesa e rilevare alcuni casi di successo in cui politiche governative mirate e la crescente urbanizzazione stanno determinando la penetrazione di combustibili moderni per soddisfare le esigenze delle utenze domestiche. A tale scopo, il recente report pubblicato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) fornisce informazioni e numeri rilevanti per chi voglia esaminare il tema della povertà energetica e del percorso che dovrebbe portare a conseguire il risultato auspicato nello scenario Energy for All entro il 2030.

Si tralascerà in questa sede l’aspetto – pur determinante - dell’accesso all’energia elettrica, per concentrarsi sugli usi non elettrici per i quali vi è un utilizzo diretto di un combustibile in ambito domestico (ovvero riscaldamento e produzione di acqua calda, nei paesi in cui questi bisogni sono significativi, e usi cucina, in tutti i paesi). Secondo l’outlook delineato dall’AIE, nei paesi in via di sviluppo, 800 milioni di persone dislocate nelle aree urbane otterranno l’accesso a sistemi energetici moderni, principalmente grazie a GPL, gas naturale ed energia elettrica. Nelle aree rurali, invece, il mix di combustibili e tecnologie che consente di accedere a forme di energia più pulite – specie per cucinare - varierà in funzione delle risorse e delle infrastrutture disponibili a livello locale ma, nel complesso, circa 1 miliardo di persone otterrà l’accesso attraverso più avanzati sistemi di cottura a biomassa, mentre il rimanete miliardo che ad oggi ne è privo ricorrerà a GPL e biogas.

In Cina, ad esempio, si stima che oltre 300 milioni di persone - ovvero più di un quinto della popolazione - utilizzino biomassa per cucinare e per riscaldarsi, soprattutto nelle zone rurali. Altri 150 milioni di persone dipendono dal carbone per i medesimi usi. Tuttavia, considerati gli effetti nocivi di entrambi i combustibili in termini di elevati livelli di inquinamento dell’aria all’interno delle abitazioni, il paese asiatico ha improntato misure volte a ridurne l’uso. Dal 2010, l'utilizzo complessivo di biomassa nel settore residenziale è in calo di circa il 6% all’anno, mentre gas, GPL ed energia elettrica sono cresciuti annualmente di circa il 10%. Il ricorso al gas, ad esempio, è aumentato significativamente, passando da circa 3.200 migliaia di tonnellate di petrolio equivalenti (tep) nel 2000 (1% circa dei consumi totali) a circa 40.000 migliaia di tep nel 2015 (10% circa) nei settori residenziale e terziario, mentre la biomassa è scesa, nello stesso periodo, dal 65 al 22% dei consumi nei medesimi settori.

Merita inoltre considerare che, anche nei paesi in via di sviluppo, la “filiera” del gas può essere resa ancora più sostenibile in termini di emissioni climalteranti (CO2) grazie alla progressiva introduzione delle frazioni bio.

Attraverso la graduale sostituzione delle tecnologie più inquinanti, lo scenario Energy for All dell’AIE prevede una drastica riduzione (fino a 1,8 milioni in meno entro il 2030) delle morti premature che ogni anno sono riconducibili ai fumi nocivi presenti negli ambienti domestici per via della combustione della biomassa solida in sistemi inefficienti, oppure a quella del cherosene o del carbone.

Scenari di morti premature da inquinamento domestico dell’aria al 2030 (AIE)

Fonte: IEA, Energy Access Outlook 2017