Il contributo delle fonti rinnovabili nel mix energetico europeo è cresciuto in maniera significativa nel corso degli ultimi 5-10 anni, tanto che durante i “giorni favorevoli” la domanda di energia elettrica tedesca potrebbe essere interamente soddisfatta da eolico, fotovoltaico e idroelettrico. Indubbiamente, il clima e le sue variazioni iniziano a giocare un ruolo fondamentale, dal momento che determinano la volatilità e gli andamenti della produzione elettrica e non solo. La quota di rinnovabili è infatti ormai talmente alta che un improvviso cambiamento delle condizioni meteorologiche può influire anche sui fondamentali delle cosiddette fonti fossili, soprattutto del gas e del carbone.
Cerchiamo di capire come.
Fino a qualche anno fa, l’impatto del meteo sui mercati energetici si limitava sostanzialmente al lato della domanda (ad es. le ondate di freddo invernali che determinano un aumento dei consumi per il riscaldamento); ad oggi, esso agisce allo stesso modo sull’offerta. Pensiamo ad esempio ad una situazione (non così inusuale durante gli inverni europei) nella quale un’area di alta pressione si stabilizza sull’Europa Settentrionale. Da un punto di vista meteorologico, la conseguenza sarà duplice: per prima cosa, la prevalenza di venti occidentali - i venti che normalmente soffiano dall’Atlantico verso l’Europa - caleranno drasticamente con ricadute negative sui campi eolici della Germania e dei paesi limitrofi. In seconda battuta, le possibilità che ondate di freddo si abbattano sull’Europa continentale e meridionale aumenteranno. A livello continentale, questo si tradurrà in un perfetto scenario rialzista – o, come dicono gli addetti ai lavori, bullish – caratterizzato da un aumento dei consumi elettrici non soddisfatto da un’offerta sufficiente, perlomeno per quanto riguarda le fonti rinnovabili.
Scenario meteo caratterizzato da una zona di alta (A) e bassa (B) pressione
Fonte: Marex Spectron
Il mercato delle rinnovabili non sarà il solo ad essere “turbato” al rialzo: la situazione di cui sopra avrà un effetto indiretto anche sulle risorse convenzionali. Se, infatti, i venti sono molto deboli, gas e/o carbone dovranno essere impiegati per supportare la prevista crescita della domanda. Al contrario, in un opposto scenario meteo (bel tempo su tutta l’Europa, venti su Germania e paesi scandinavi), a fronte di una produzione elettrica da eolico o da fotovoltaico stabile e robusta, le centrali a gas e a carbone verrebbero arrestate. Ne conviene che le risorse convenzionali siano anch’esse dipendenti dal meteo che, in virtù della sua intrinseca volatilità, detta i comportamenti di tutte le fonti energetiche (si veda a tal proposito questo white paper).
È inoltre interessante notare come la volatilità del meteo abbia effetto sui mercati lungo tutto lo spettro temporale, sia di breve che di lungo termine. Le dirette conseguenze che si riscontrano sui fondamentali, su base giornaliera, possono essere impiegate con uguale successo nel prevedere (con un ragionevole grado di confidenza) gli andamenti di domanda/offerta anche su scala stagionale o sub-stagionale.
La scala temporale più lunga è chiaramente collegata agli effetti del cambiamento climatico. Pur nella difficoltà di derivare ragionevoli scenari di lungo termine (a causa dell’incertezza delle relative previsioni climatiche), si potrebbero comunque mettere insieme un paio di assunzioni verosimili.
La più facile è quella che prevede un innalzamento delle temperature sulla superficie terrestre. La domanda estiva (condizionatori) sarà destinata ad aumentare, a spese della sua controparte invernale (riscaldamento). È interessante osservare come questa tendenza abbia già preso piede su parte delle regioni mediterranee. L’Italia, ad esempio, registra negli ultimi anni il suo picco di richiesta di energia elettrica durante i mesi estivi. Non è illogico dedurre che un simile andamento si allargherà lentamente (si parla di decenni) all’Europa centrale e, presto o tardi, a quella settentrionale.
Un discorso a parte va fatto per i venti, le cui previsioni, specialmente sul lungo termine, sono caratterizzate da una maggiore incertezza. Ciononostante ci sono diversi studi che supportano l’aumento dei venti occidentali citati in precedenza. Ragionando su un simile scenario, e tenendo conto delle estati via via più calde, si può desumere che il rendimento delle fonti rinnovabili è destinato ad aumentare sensibilmente nel corso dei prossimi 30-50 anni.
Infine, una nota finale sull’idroelettrico: una fonte che rischia di subire pesantemente il clima sempre più caldo e secco che interesserà tutto il continente europeo. Su questo fronte, la regione alpina è quella che presenta la maggiore vulnerabilità. La prevista crescita nella generazione da eolico e solare fotovoltaico rischia, pertanto, di essere parzialmente compensata dal declino dell’idroelettrico.