L’efficienza energetica è da tempo, e lo sarà nel futuro, uno dei pilastri delle misure di policy a livello internazionale volte al raggiungimento degli importanti obiettivi di politica climatica. Per l’Europa, notiamo, tuttavia, l’esistenza di artificiali complicazioni per la valutazione e la misura dell’efficienza energetica, a nostro avviso conseguenti all’eccessiva attenzione al livello dei consumi assoluti, che possono purtroppo derivare anche da fenomeni estranei all’efficienza stessa, come le variazioni del ciclo economico e del livello di attività.

La chimica è il settore che più è in grado di apprezzare il potenziale enorme che l’efficientamento energetico ha sulla nostra società. Il petrolio ed il gas naturale sono al tempo stesso i vettori energetici che muovono il mondo (insieme al carbone, peraltro pochissimo utilizzato dall’industria chimica in Italia) e le materie prime da cui si parte per la fabbricazione dei prodotti della chimica organica che hanno ormai pervaso la nostra civiltà e a cui non potremmo più rinunciare. Produrre gli stessi beni con meno energia (+efficienza) significa avere a disposizione materie prime a minor costo e per lungo tempo.

Non dobbiamo qui dimenticarci di altri due aspetti che iniziano a diffondersi soprattutto nei paesi sviluppati, vale a dire le FER (fonti rinnovabili) e l’economia circolare. Su quest’ultima, in particolare, occorre precisare che una realizzazione progressiva e significativa di modelli di circular economy, con le associate maggiori possibilità di impiego per prodotti/sottoprodotti che oggi pongono esigenze di smaltimento, avrebbe effetti di efficientamento sulle prestazioni economiche del processo interessato, e quindi anche sul miglioramento dell’efficienza energetica. Tuttavia, seppur in rapida e continua evoluzione, FER ed economia circolare avranno ancora un peso contenuto nel panorama energetico mondiale per i prossimi decenni.

Non trattiamo in questo contesto l’energia nucleare perché tema troppo complesso per poter essere affrontato in poche righe; mentre citiamo, ma non sviluppiamo, un fattore che sicuramente ci coinvolgerà sempre di più e che può sembrare inizialmente difficile da collegare al tema dell’efficienza energetica: l’utilizzo dell’acqua. Ciò in ragione del fatto che tutti i cicli termodinamici ed i processi chimici hanno bisogno di un livello termico inferiore rispetto a quello utilizzato dal processo interessato; questo, per aumentare l’efficienza dell’operazione, deve essere il più basso possibile, così da consentire l’utilizzo di acqua di raffreddamento, quindi con le connesse problematiche di efficiente utilizzo della risorsa idrica.

Nel contesto dell’efficienza energetica, l’industria chimica si pone nella doppia veste di consumatore (circa un terzo delle fonti secondarie di energia consumata dall’industria italiana va nel settore chimico, inclusi gli usi non energetici) e di fornitore di soluzioni per l’efficientamento di altri settori o dei consumatori finali.  Citiamo a questo riguardo alcuni esempi che tutti possono vedere quotidianamente applicati: gli isolanti termici per gli edifici, i fluidi frigoriferi per il condizionamento degli ambienti, i materiali compositi leggeri per l’automotive.

La chimica italiana, con questo suo doppio ruolo, è infatti fra i comparti più performanti: tra il 1990 e il 2015, il suo indice di efficienza energetica è, secondo Odyssee-Mure - progetto della Commissione Europea per la realizzazione di un database sui consumi energetici dei Paesi, indicatori di efficienza energetica e indicatori connessi alla CO2 -, nell’ordine del 55%, vale a dire il migliore tra tutti i comparti industriali. Inoltre, il programma volontario di promozione dello Sviluppo Sostenibile dell’Industria Chimica mondiale, noto come Responsible Care, lanciato dal settore a livello mondiale per documentare i progressi concreti che sono stati compiuti a favore del miglioramento dell’impatto ambientale e verso produzioni sostenibili, mostra come la chimica italiana si ponga all’avanguardia in termini di efficienza (si vedano i grafici seguenti).

L’andamento degli indici e dei consumi di energia riportati dal programma sono la dimostrazione che il settore ha saputo trasformarsi ma, soprattutto, ha saputo cogliere nello sviluppo di nuove tecnologie - come la cogenerazione a ciclo combinato - tutti gli spunti necessari per produrre quel cambiamento che ha fatto della chimica un’industria trainante per il paese.

Fig. 1 – Andamento dei consumi di energia e dell’efficienza energetica dell’industria chimica in Italia

Fonte: ENEA-ODYSEEE Project; ISTAT; Ministero dello Sviluppo Economico

 (ultimi dati disponibili)

 

Fig. 2 – Andamento dell’efficienza energetica dell’industria chimica italiana a confronto con quello dell’industria manifatturiera

Fonte: ENEA-ODYSEEE Project (ultimi dati disponibili)

 

Nota: va ricordato, per una migliore comprensione dei grafici, che l’alto costo dell’energia elettrica in Italia - dovuto principalmente alla rinuncia al nucleare ed all’utilizzo del gas come fonte primaria nella generazione - ha portato alla chiusura a partire dal 1990 dei settori particolarmente energy intensive della chimica di base, sostituiti con successo dalle specialità.

Ciò non significa che non vi siano ancora spazi aperti di miglioramento, soprattutto rivolgendo lo sguardo alla filiera della produzione (digitalizzazione dei processi con la messa a fattor comune dei dati di processo) e ancor di più a quella delle attività a valle (catena di distribuzione, economia circolare, nuovi prodotti e servizi).

Fare chiarezza su certi aspetti e informare sulle principali questioni in materia è interesse di tutti i settori industriali e di quello chimico in particolare. È questo lo scopo che ci siamo prefissi nell’organizzare lo scorso 23 giugno un Workshop dedicato al tema Efficienza Energetica e TEE: Opzioni per le imprese”. In quell’occasione, sono stati discussi temi di grande interesse per le imprese associate, come l’accesso ai servizi di efficienza energetica, e sono stati illustrati esempi di tecnologie idonee a conseguire miglioramenti in tal senso (come il recupero termico a basse ed alte temperature). Sono stati inoltre analizzati i principali aspetti introdotti dal nuovo Decreto Ministeriale dell’11 gennaio 2017 pubblicato il 3 aprile scorso ma atteso da più di un anno in materia di TEE. Possiamo affermare che è stato individuato un percorso per cercare di uscire dalle problematiche che hanno minacciato la sopravvivenza nell’ultimo anno del meccanismo stesso, almeno nel settore che ci caratterizza, quali incertezze derivanti dalla modifica unilaterale dei criteri di validazione dei progetti con il passaggio da AEEGSI a GSE, crescita dei contenziosi amministrativi al TAR, escalation dei prezzi dei TEE e quindi necessità di indagine da parte dell’Autorità, aumento dei costi a carico dei consumatori, nonché del “costo” per il raggiungimento degli obiettivi di policy nazionali. Tuttavia, tutt’oggi restano aperte numerose aree critiche, tra cui:

  • Il criterio dell’addizionalità, cioè la possibilità di riconoscere solo risparmi energetici addizionali, che non si sarebbero conseguiti comunque in ragione della sola evoluzione tecnologica o per l’introduzione di nuovi standard normativi. Criterio caratterizzato da problematiche applicative che risentono dell’incerto ruolo relativo sia di aspetti tecnici ed economici sia dell’innovazione. Nel primo caso l’incertezza deriva dal fatto che il risultato tecnico di un progetto (il risparmio energetico) può generare diversi livelli di performance economica, in funzione dell’investimento richiesto, in presenza di direttive non chiare in termini di rapporto tra entità dell’incentivo e risultato ottenuto o, in alternativa, rispetto a quanto richiesto per determinare la convenienza economica, assente senza l’incentivo in questione. Quanto all’innovazione, a nostro avviso il concetto risulta estraneo alla valutazione dell’efficienza energetica. Le conseguenze sono critiche soprattutto per il nostro settore, con processi il più delle volte di difficile inquadramento in un contesto di “mercato”.
  • Collegato al precedente, l’impossibilità di definire delle linee guida per tutti i processi coinvolti, in un settore in cui i possibili miglioramenti derivanti da modifiche di processo sono da un lato i più rilevanti, dall’altro ne costituiscono caratteristica quasi esclusiva.
  • Mancanza di trasparenza nella disponibilità di dati sui progetti presentati che, al di là di pochi ma possibili casi di riservatezza industriale, potrebbero facilitare gli operatori nell’applicazione del meccanismo.
  • Incertezza nei “rischi” conseguenti alla partecipazione al sistema, vista la frequenza sperimentata di “messa in discussione” di quanto approvato, in sede di presentazione di richiesta di verifica e di certificazione dei risparmi (RVC), ovviamente salvo i casi di aperta violazione delle norme o dei parametri stabiliti.

Riteniamo che il sistema necessiti di una cabina di regia da parte del MISE capace di incidere sui diversi attori in campo al fine di minimizzare i costi e dare la massima efficienza al meccanismo.