Dicembre 2015 è stata una tappa fondamentale nella roadmap dei cambiamenti climatici: è la data in cui ben 196 paesi del mondo hanno concordato la necessità di limitare l'aumento del riscaldamento globale a meno di 2 gradi Celsius (°C) rispetto ai livelli pre-industriali. Quello che ancora non si conosce è la strategia che ciascun paese adotterà per abbattere le emissioni di CO2 e mantenere l’aumento di temperatura, se possibile, entro i 1,5°C.
Un dato fondamentale è quello diffuso dall’AIE, l’Agenzia Internazionale dell’Energia: le fonti fossili non sono destinate a scomparire, almeno per i prossimi 20 anni. Nonostante l’apporto delle energie rinnovabili nel mix energetico sia in continua crescita, un futuro senza combustibili fossili è ancora lontano. I dati dimostrano che il settore energetico produce circa il 70% delle emissioni di CO2 perciò non si può non immaginare un futuro senza una precisa strategia di abbattimento di emissioni. Di qui la necessità di sviluppare le tecnologie CCS – Carbon Capture and Storage - in grado, secondo l’AIE, di abbattere del 20% le emissioni di CO2 entro il 2050.
Fig. 1 - Contributo delle tecnologie CCS alla riduzione delle emissioni al 2050
Fonte: AIE, 20 Years of Carbon Capture and Storage
Sono passati ormai 20 anni da quando a Sleipner, Norvegia, è partito il primo grande progetto di CCS che in poco più di due decenni ha immesso, in un acquifero salino collocato a più di 800 m di profondità, circa 1 mil. ton. di CO2 all’anno.
Ma in cosa consiste precisamente la tecnologia CCS? Carbon Capture and Storage significa letteralmente cattura e sequestro (stoccaggio) del carbonio. Tecnicamente è un processo di confinamento geologico dell’anidride carbonica (CO2) prodotta da grandi impianti di combustione.
La cattura della CO2 può avvenire con tre metodi diversi applicabili alle centrali alimentate con i vari combustibili, principalmente carbone e gas: Pre-combustion, Oxy-combustion, Post-combustion1.
Pre-combustion: consiste nel catturare la CO2 prima della combustione. Il combustibile (carbone o gas) è preventivamente trattato trasformandolo prima in syngas (gas di sintesi) e successivamente, separando due flussi gassosi: un gas ad alta concentrazione di idrogeno destinato alla combustione (o ad altri usi) e anidride carbonica.
Oxy-combustion: metodo applicato al carbone che, immesso in forma polverizzata nella caldaia, non brucia con aria ma con ossigeno (o aria molto arricchita). In questo modo si aumenta enormemente la concentrazione di CO2 nei gas combusti rendendo meno difficile la cattura dell’anidride carbonica.
Post-combustion: prevede la cattura dell’anidride carbonica dai gas combusti, quindi al termine del ciclo; non occorre apportare consistenti modifiche alla centrale, ma si tratta comunque di procedimenti costosi e molto complessi.
Fig. 2 – Schema di processi di cattura dell’anidride carbonica
Fonte: ENEA
Subito dopo la cattura, l’anidride carbonica viene trasportata nei siti di stoccaggio in due modi: attraverso condotti in cui l’anidride carbonica è in forma liquida ad alta pressione, oppure via nave dove la CO2 è sottoposta a pressioni e temperature più basse.
Per lo stoccaggio dell’anidride carbonica le possibilità sono tre:
- confinamento geologico: è il metodo più utilizzato ed è quello più vantaggioso economicamente. Prevede lo stoccaggio della CO2 in formazioni saline profonde, pozzi di petrolio/gas esauriti o in giacimenti di carbone. Le caratteristiche chimico fisiche delle rocce, in grado di trattenere la CO2, rendono questo metodo di stoccaggio “abbastanza sicuro” da eventuali perdite accidentali data la profondità in cui si trovano i giacimenti.
- Confinamento negli oceani: è una tecnica tuttora in via di sperimentazione in diversi progetti su piccola scala
- Stoccaggio minerale: prevede la fissazione della CO2 all’interno dei minerali per formare componenti a base di carbonio, decisamente più stabili da un punto di vista chimico.
Secondo i dati del Global CCS Institute, attualmente esistono 38 progetti su larga scala sparsi in diversi continenti: Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, Giappone, Olanda, Norvegia, Arabia Saudita, Sud Corea, Spagna, Emirati Arabi, Inghilterra e Stati Uniti. Di questi 38 progetti, 21 sono già stati avviati ed entro il 2017 saranno in grado di catturare circa 40 mil. tonn. per anno di CO2.
In Italia i progetti di ricerca mirati a dimostrare la sostenibilità tecnico-economica dei sistemi CCS sono portati avanti da Enel in collaborazione con diversi enti di ricerca (ENEA, Ansaldo Ricerche, Politecnico di Milano, Università di Cagliari, Sotacarbo, ERSE, Techint).
Dal 2005 si stima che a livello globale siano stati investiti in questa tecnologia circa 12,3 mld doll. tra contributi pubblici ma, soprattutto, privati (77%). Nonostante gli investimenti e gli sforzi che si stanno compiendo per la diffusione della CCS, sarà difficile – almeno per il breve periodo - trarne un effettivo beneficio da un punto di vista ambientale. Come già accennato, secondo l’IEA, le tecnologie CCS potrebbero abbattere del 20% le emissioni di CO2 entro il 2050 ma per farlo è fondamentale che i costi della tecnologia scendano a livelli competitivi.
Attualmente il processo di CCS ha un costo che si aggira attorno ai 120-140 doll./ton di CO2, costo che va ad aggiungersi a quello speso per produrre un MWh di elettricità da carbone. Nel caso di impianti di generazione a gas, la cattura e lo stoccaggio del carbonio costerebbe circa 95-110 doll./ton. di CO2. Secondo uno studio del DOE, il Dipartimento per l’Energia degli Stati Uniti, attualmente implementare sistemi per la cattura e lo stoccaggio della CO2 raddoppierà i costi di realizzazione degli impianti a carbone e gas, con un aumento del prezzo dell’energia elettrica variabile tra il 20% e il 90%.
Secondo l’associazione ambientalista Greenpeace la tecnologia CCS non sarà commercialmente disponibile a “costi” concorrenziali prima del 2030, troppo tardi per arginare gli effetti dei cambiamenti climatici. Appare evidente che l’unico modo per accelerare lo sviluppo dei sistemi Carbon Capture and Storage è quello di favorire la ricerca e sperimentare nuove soluzioni. È quel che sta accadendo in Norvegia e in Cina, dove si stanno sperimentando progetti su piccola scala di cattura della CO2 dalla produzione del cemento, oppure in Giappone dove un progetto sperimentale di CCS mira a ridurre le emissioni di CO2 del comparto siderurgico. Senza un forte supporto politico, tuttavia, questi investimenti in ricerca e sviluppo rischiano di rimanere vani.
1 Enea, Quaderno, Tecnologie di cattura e sequestrazione della CO2, 2011