Nelle tante commemorazioni di Papa Francesco c’è un tema, non a caso quasi dimenticato, eppure molto presente nella sua riflessione, quello dell’emergenza climatica. Proprio dieci anni fa con l’enciclica Laudato Sì veniva lanciato un potente messaggio sui rischi ambientali e i drammi sociali affrontabili solo attraverso una ridiscussione dell’attuale modello economico. Uno dei punti più incisivi dell’Enciclica riguardava infatti la necessità di rivedere i meccanismi di crescita per avviare con decisione soluzioni di economia circolare in grado di ridurre l’aggressione alle risorse.

Ma Francesco andava oltre dicendo che “è arrivata l’ora di accettare una certa decrescita in alcune parti del mondo procurando risorse perché si possa crescere in modo sano in altre parti”.

L’interpretazione dell’enciclica come semplice sostegno della green economy è dunque riduttiva. Nei paesi industrializzati si deve limitare l’uso di energia e materie prime e riorientare la produzione e l’uso di beni e merci, non solo per evitare catastrofi ambientali, ma anche per favorire lo sviluppo dei paesi più poveri.

E sarà proprio la difesa del clima, “bene comune”, a dare un’indicazione delle trasformazioni necessarie delineando un percorso virtuoso. Francesco sottolinea, infatti, l’urgenza di eliminare i combustibili fossili, ma insiste anche sulla necessità di cambiare stili di vita.  L’appello per ridurre le diseguaglianze incidendo sul sistema finanziario e delle multinazionali è quello che ha avuto più difficoltà ad essere accolto. Ma è anche vero che l’umanità, obbligata per la prima volta a convivere con limiti autoimposti delle emissioni, dovrà rimettere in discussione certezze consolidate.

I messaggi sulla sobrietà, sulle scelte produttive e l’attenzione “per la nostra oppressa e devastata terra che geme” faranno riflettere. Il Papa, mettendo in luce come la crisi climatica amplifichi le disuguaglianze sociali, ci ha ricordato come l'impegno su questo fronte sia anche una questione di giustizia sociale.

E nel discorso alla Cop28 di Dubai del dicembre 2023, Papa Bergoglio ha ricordato che “la distruzione dell’ambiente è un’offesa contro Dio, un peccato che non è solo personale ma anche strutturale, che mette in grave pericolo tutti gli esseri umani, soprattutto i più vulnerabili, e minaccia di scatenare un conflitto tra generazioni... Sono i poveri della terra a soffrire maggiormente, nonostante contribuiscano in misura minore al problema, mentre le Nazioni più ricche, circa un miliardo di persone, producono oltre la metà dei gas climalteranti”.

In occasione del Giubileo 2025, il Papa ha lanciato un messaggio di speranza in un mondo segnato dal fragore delle armi, dalla morte, dalla distruzione con “tante popolazioni oppresse dalla brutalità della violenza” oppure in preda ad una crescita esponenziale della povertà, nonostante le risorse non manchino e con un impiego sempre maggiore verso le spese militari. 

Nelle prossime ore sapremo chi sarà il successore di Francesco, un Papa che con rigore, lucidità e continuità ha articolato un messaggio “politico”.

Vedremo se e come sarà ripresa questa impostazione radicale. Certo, va ricordato che le sue idee hanno comunque circolato in molti paesi, trovando più riscontro tra la gente che nelle istituzioni.