Le politiche di decarbonizzazione europee e mondiali hanno assegnato un ruolo chiave all’idrogeno come vettore energetico strategico nella transizione verso un sistema energetico a basse emissioni di carbonio. Il suo potenziale come vettore energetico si basa principalmente su due caratteristiche: può essere prodotto utilizzando un’ampia gamma di fonti energetiche primarie, comprese quelle rinnovabili, nucleari e fossili con tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) e ha una grande versatilità che lo rende adatto a diversi utilizzi finali. Tuttavia, l’idrogeno non è esente da effetti climalteranti e le sue emissioni lungo la filiera di produzione e consumo potrebbero ridurre significativamente i benefici climatici attesi dal suo utilizzo.

L'idrogeno in forma molecolare (H₂) si presenta come un gas incolore, inodore e non tossico. Sebbene sia l'elemento chimico più abbondante nell'universo, è presente nell’atmosfera terrestre in concentrazioni molto basse (circa 0,5 ppm), perché essendo una molecola leggera e altamente diffondibile, non viene trattenuto e sfugge facilmente alla gravità terrestre. Inoltre, le sue proprietà chimico-fisiche, come la bassa viscosità e l’elevata diffusività, lo rendono difficile da contenere nelle infrastrutture di produzione, trasporto e stoccaggio, aumentando il rischio di dispersione involontaria lungo la filiera.

L’idrogeno non è un gas serra diretto, ma interagisce con la chimica atmosferica modificando le concentrazioni di altri gas serra, con effetti indiretti sul riscaldamento globale. I tre principali meccanismi attraverso cui l’idrogeno influenza il clima sono:

1. Aumento della vita atmosferica del metano: l’idrogeno reagisce con il radicale ossidrile (OH), che è il principale ossidante del metano (CH₄) in atmosfera. La diminuzione di OH comporta un rallentamento della decomposizione del metano, aumentando la sua vita media e potenziando il suo effetto climalterante.

2. Formazione di ozono troposferico: i radicali idrogeno (H) derivanti dalla reazione con l’OH favoriscono la produzione di ozono (O₃) nella troposfera, un gas serra con un impatto diretto sul riscaldamento globale.

3. Aumento del vapore acqueo stratosferico: la reazione dell’idrogeno con l’OH porta alla formazione di vapore acqueo nella stratosfera, che ha un effetto di riscaldamento.

Effetti dell'ossidazione dell'idrogeno sulle concentrazioni dei gas serra atmosferici

Fonte: Ocko, Ilissa B., and Steven P. Hamburg. "Climate consequences of hydrogen emissions."

Le emissioni di idrogeno possono avvenire in ogni momento lungo la filiera, dalla produzione all’uso finale e possono essere intenzionali (venting e purging) o non intenzionali (perdite da tubazioni, valvole, serbatoi, evaporazione dell’idrogeno liquido). Inoltre, in base alla metodologia utilizzata (idrogeno nero o grigio), la fase di produzione può comportare anche emissioni di gas serra quali anidride carbonica (CO2) e metano (CH4).

Gli studi stimano che il tasso di dispersione dell’idrogeno possa variare tra lo 0,3% e il 20% a seconda delle tecnologie utilizzate e delle condizioni operative. L’incertezza delle stime sulle emissioni di idrogeno dipende dall’attuale mancanza di misurazioni dirette. Infatti, la maggior parte delle stime sono derivate dall'analogia con il gas naturale e da modelli teorici.

Stime dei tassi di emissione di idrogeno per i componenti della catena del valore

Fonte: Esquivel-Elizondo, Sofia, et al. “Wide range in estimates of hydrogen emissions from infrastructure”.

Sebbene l'idrogeno non sia ancora incluso nei fattori GWP (Global Warming Potential) dell'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), diversi modelli hanno valutato il suo forzante radiativo. Essendo un gas serra indiretto, il suo impatto sul clima non può essere facilmente valutato utilizzando solo i parametri standard adottati per altri gas, ma occorre tenere conto dei contributi provenienti dai cambiamenti nella concentrazione di metano, ozono troposferico e vapore acqueo stratosferico.  

Gli studi più recenti suggeriscono un GWP100 (a 100 anni) dell’idrogeno intorno a 11-12 (11.6 ± 2.8 - Sand et al.; 12.8 ± 5.2 (9.3) - Hauglustaine et al.,; 12 ± 6 - Warwick et al.), valore inferiore a quello del metano (28) ma comunque significativo. Per i gas con effetti di riscaldamento a breve durata, come il caso del metano e dell’idrogeno, è però più significativo valutare l’impatto a breve termine. Le stime del GWP20 (a 20 anni) mostrano che l’idrogeno ha un effetto riscaldante nei primi due decenni pari a quasi 40 volte quello della CO₂ (37 ± 15 - Arrigoni et al.; 34 ± 15 - Warwick et al.)."

L’impatto delle emissioni di idrogeno dipende e dipenderà molto dalla dimensione che assumerà l’economia dell’idrogeno in futuro e dai metodi di produzione e gestione. Uno studio del 2024, attraverso una nuova analisi della valutazione del ciclo di vita (LCA) dell’idrogeno, ha valutato che l’idrogeno blu, derivato da gas naturale con cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), può risultare neutrale o addirittura peggiorare il bilancio climatico nel breve termine se le emissioni di metano lungo la filiera non sono adeguatamente contenute. Per quanto riguarda l’idrogeno verde, prodotto tramite elettrolisi dell’acqua con energia rinnovabile, spesso considerato la soluzione più sostenibile, elevate emissioni di idrogeno possono ridurre i benefici climatici a breve termine. Inoltre, i suoi benefici climatici si realizzano solo se l’elettricità utilizzata è realmente aggiuntiva e non sottratta alla rete elettrica, evitando così di dover compensare il deficit con produzione fossile. In caso contrario, l’idrogeno verde potrebbe risultare meno vantaggioso di quanto generalmente ipotizzato.

Al fine di comprendere e conoscere gli effettivi impatti climatici delle emissioni di idrogeno, è necessario innanzitutto sviluppare tecnologie di monitoraggio più avanzate. Gli strumenti di rilevamento attualmente disponibili sono poco sensibili alle piccole emissioni, essendo pensati soprattutto per ragioni di sicurezza (identificare perdite esplosive e non valutare microscopici livelli di rilascio). Per poter quantificare piccoli livelli di perdite lungo l’intera filiera dell’idrogeno sarebbero necessari sensori selettivi, con un’elevata sensibilità, in grado di rilevare perdite di idrogeno fino al livello di parti per miliardo (ppb, 1 ppb=0,001 ppm) e a risposta rapida, da uno a pochi secondi.

L’utilizzo di sensori specifici per le perdite di idrogeno permetterebbe di ricavare dati empirici, riducendo l’incertezza nei modelli chimico-climatici, migliorando le valutazioni del ciclo di vita delle tecnologie a idrogeno e fornendo indicazioni per prevenire e mitigare le perdite. Attualmente sono in corso o in pianificazione diversi sforzi per lo sviluppo di sensori nei Paesi Bassi, in Norvegia e negli Stati Uniti. La Aerodyne Research, con il supporto del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, ha sviluppato un prototipo che consente di rilevare aumenti di idrogeno nell’aria a livello di parti per miliardo (ppb) in pochi secondi.

Oltre allo sviluppo di tecnologie di monitoraggio avanzate, per minimizzare gli impatti climalteranti dell’idrogeno saranno necessarie strategie integrate lungo tutta la filiera. Parallelamente allo sviluppo della ricerca e all’aumento della consapevolezza su questa tematica da parte degli stakeholders della filiera dell’idrogeno, sarà necessario implementare strategie di mitigazione (miglioramento delle tecnologie di traporto e stoccaggio, ottimizzazione dei processi operativi) e normative per monitorare e minimizzare le emissioni.

Il tema degli impatti climatici delle emissioni di idrogeno è ancora poco conosciuto, ma sta ricevendo crescente attenzione. L’Unione Europea ha incluso la questione nel Pacchetto sul Mercato dell'Idrogeno e del Gas Decarbonizzato. La Direttiva (UE) 2024/1788 nell'art. 9(6) invita la Commissione UE a indagare ulteriormente sulla questione e a proporre una nuova legislazione, se del caso. Il Regolamento (UE) 2024/1789, in termini di emissioni di idrogeno, all'art. 59(1) incarica  la Rete Europea degli Operatori di Rete per l’Idrogeno (European Network of Network Operators for Hydrogen o ENNOH) di sviluppare e promuovere le migliori pratiche nel rilevamento, monitoraggio e riduzione delle perdite di idrogeno.

La International Energy Agency ha trattato l’argomento nel recente “Global Hydrogen Review 2024”, sottolineando la necessità sia di ulteriori ricerche per comprendere meglio le principali incertezze e valutare i modi più efficienti per affrontare il problema delle perdite di idrogeno, sia di normative e standard per gestire la riduzione delle perdite di idrogeno e promuovere trasparenza e responsabilità.

Amici della Terra, in collaborazione con Environmental Defence Fund Europe, promuoverà un Forum di discussione e confronto dedicato al ruolo dell’idrogeno nella transizione energetica e alle sfide legate alle sue emissioni, per condividere con stakeholder ed istituzioni possibili strumenti di valutazione dell’utilizzo dell’idrogeno e possibili strategie per garantirne lo sviluppo in Italia minimizzando gli impatti climatici.