L’attacco con missili e droni lanciato dall’Iran contro Israele – risposta al bombardamento israeliano del consolato iraniano a Damasco – ha riacceso i timori di un conflitto su larga scala in Medio Oriente. La successiva risposta israeliana su territorio iraniano ed altri attacchi contro milizie filo-iraniane in Iraq stanno portando ad una nuova fase dello scontro tra i due Paesi, una in cui il conflitto è passato dall’ombra alla luce del sole con attacchi diretti – seppur circoscritti.

La novità di un lancio diretto di missili e la paura di un allargamento del conflitto ad altri attori regionali hanno fatto passare in secondo piano un evento apparentemente minore, ma estremamente significativo per le ricadute commerciali di un’escalation. Nella giornata di sabato 13 aprile, infatti, la portacontainer MSC Aries è stata sequestrata dalle autorità iraniane nello stretto di Hormuz e si trova ancora sotto la loro custodia. Il presunto legame con Israele dichiarato dalle autorità iraniane appare estremamente tenue, così come le accuse di aver infranto leggi marittime: la nave, battente bandiera portoghese, è noleggiata a lungo termine al colosso svizzero Mediterranean Shipping Company da un operatore riconducibile alla compagnia Zodiac Maritime Limited, presieduta dall’imprenditore di origine israeliana Eyal Ofer.

Risulta più realistico pensare che il sequestro sia invece un atto dimostrativo da parte dell’Iran, volto a ricordare come Teheran possa usare la propria posizione nello stretto di Hormuz per colpire la connettività globale. Lo stretto rappresenta il collo di bottiglia principale per i traffici energetici internazionali: circa il 30% del commercio marittimo di petrolio passa attraverso lo stretto, così come tutte le esportazioni di gas naturale liquefatto (GNL) di Qatar e Emirati Arabi Uniti, corrispondenti al 20% dei volumi globali. Questi ultimi sono numeri particolarmente significativi per l’Europa, che ha sostituito il gas russo con quote maggiori di molecole provenienti dal Golfo. La crisi del Mar Rosso dovuta agli attacchi Houthi sta già pesando sulle forniture energetiche europee, allungando significativamente i tempi di consegna a causa della circumnavigazione dell’Africa; una perturbazione dovuta a un riaccendersi del conflitto minaccerebbe fortemente la sicurezza energetica dell’Europa. Hormuz non è, tuttavia, fondamentale solo per i commerci di energia: circa il 15% del suo traffico è costituito da portacontainer, come la MSC Aries, che fanno la spola tra Golfo, India e Europa.

Un’analisi del carico della nave sequestrata, realizzata da Bloomberg e Vizion, mostra come in caso di blocco dello stretto, Europa e India sarebbero tra le vittime principali: oltre il 30% dei beni trasportati sono destinati a Paesi UE, mentre il 12,9% alla Turchia e il 6,1% all’India. Un’escalation regionale dello scontro tra Teheran e Tel Aviv impatterebbe quindi con forza sulle catene del valore, in un momento in cui già la connettività tra Asia ed Europa si trova in forte difficoltà a causa della crisi del Mar Rosso. In particolare, l’allargamento del conflitto rischierebbe di mettere in forte difficoltà anche le rotte alternative – o meglio, complementari – tra India e Europa, come il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa (IMEC). Presentato allo scorso G20 di Nuova Delhi, questo ambizioso corridoio punta a rafforzare la connettività tra India e Unione Europea attraverso il Golfo, aggirando il collo di bottiglia di Suez tramite collegamenti ferroviari dalla penisola araba al porto israeliano di Haifa. Per quanto non in grado di sostituire i volumi di Suez a causa di una capacità di transito assai minore, IMEC permetterebbe comunque di ridurre la pressione sul canale grazie alla rotta aggiuntiva via terra.

Un conflitto regionale diretto metterebbe però a rischio il progetto, non solo per l’inevitabile blocco al processo di normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele, ma soprattutto per le ricadute sulla logistica. I piani di IMEC indicano i porti emiratini di Khalifa, lo stesso da cui era salpata la MSC Aries, e Jebel Ali come i principali punti di ingresso nel Golfo delle merci provenienti dall’India, esponendo quindi i traffici della nuova rotta alla minaccia iraniana.

La vicenda del cargo portoghese non è quindi altro che un’anticipazione di quanto potrebbe succedere su vasta scala in caso di un allargamento delle ostilità. Per quanto risulti difficile pensare ad un tentativo di chiusura totale dello stretto di Hormuz, già con frequenti sequestri o rischi di attacchi alle navi, i Paesi del Golfo non potrebbero più svolgere il ruolo di perno della connettività tra India e Unione Europea, a causa dei pericoli per la sicurezza di cargo ed equipaggio. Un conflitto costringerebbe gran parte di armatori e assicuratori ad abbandonare quelle rotte, accelerando così il processo – iniziato con la crisi nel Mar Rosso – di regionalizzazione del commercio nel Mediterraneo, trasformandolo da crocevia globale a mare periferico.