L’emergenza idrica è tra i rischi a maggior impatto per il pianeta. La domanda mondiale di acqua è, infatti, prevista in aumento del 30% nei prossimi 30 anni, in considerazione della rapida crescita demografica ed economica, con un incremento repentino nei prossimi due decenni. Emerge dunque la necessità di elaborare politiche per una gestione sostenibile delle risorse idriche. A livello europeo, la Tassonomia Europea delle attività ecosostenibili annovera tra i suoi obiettivi ambientali la tutela della risorsa idrica, nella consapevolezza che la lotta ai cambiamenti climatici passa anche attraverso una gestione più accorta dell’acqua. Del resto, la possibilità di una crisi idrica anche nel nostro paese non è un’ipotesi remota. I cambiamenti climatici stanno portando a rischio di siccità anche zone in cui l’approvvigionamento, storicamente, non è mai stato critico.

In questo quadro di tensione, il risparmio idrico viene comunemente relegato all’uso domestico dell’acqua, promosso con campagne di sensibilizzazione che enfatizzano i benefici di un utilizzo accorto della risorsa da parte dei cittadini. Meno attenzione, almeno fino ad oggi, è stata riposta all’uso dell’acqua a scopi irrigui e produttivi, considerato che l’approvvigionamento per questi settori avviene principalmente da fonti proprie, esterne al perimetro del Servizio Idrico Integrato (SII).

Gli strumenti di politica ambientale market based, in alternativa a politiche di command and control, sono notoriamente utilizzati in altri ambiti legati all’economia ambientale, orientati ad accrescere il benessere sociale facendo emergere le esternalità negative e accollandole, almeno in parte, a chi le origina. Il principio “chi inquina, paga può essere declinato nel contesto idrico come i costi per l’ambiente devono essere accollati a chi utilizza in modo inefficiente la risorsa scarsa”.

Se sul versante domestico, gli interventi tesi al risparmio idrico sono rivolti a penalizzare i consumi eccessivi, anche attraverso la modulazione della tariffa, l’attenzione sul versante degli usi produttivi dell’acqua è stata sempre minore.

In particolare, nel nostro Paese per gli usi domestici ARERA ha individuato l’articolazione pro capite a blocchi crescenti come strumento principale per inviare il segnale di prezzo, ovvero di scarsità della risorsa, la cui applicazione (pur non senza difficoltà) è entrata in vigore dal gennaio 2022 su tutto il territorio nazionale.

Per gli usi industriali all’interno del SII, sino ad oggi il regolatore nazionale si è concentrato soprattutto sul versante delle tariffe di depurazione, con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale dei reflui industriali, lasciando agli Enti di Governo d’Ambito (EGA) la modulazione della tariffa di acquedotto per gli usi produttivi al punto tale che per queste ultime non di rado si osservano articolazioni tariffarie regressive nel consumo, dove i grandi consumatori industriali sostengono un costo unitario decrescente all’aumentare dei volumi di acqua prelevati: scelte locali dettate verosimilmente dalla volontà di tutelare categorie produttive radicate nel territorio, per le quali i costi della fornitura di acqua possono incidere in modo significativo sui bilanci aziendali.

Sulla base dall’analisi degli strumenti di politica ambientale disponibili si ritiene che un meccanismo di mercato regolamentato possa contribuire in modo decisivo alla salvaguardia della risorsa idrica nel nostro Paese.

Partendo da questo quadro, con il presente lavoro si propone una prima valutazione dell’opportunità di istituire un meccanismo di incentivi al risparmio idrico simile a quelli già in uso per il contenimento delle emissioni inquinanti (Emission Trading System - ETS) o per l’efficientamento energetico (Certificati Bianchi). Un meccanismo di incentivi per sostenere la riduzione dei consumi di acqua, in particolare, negli usi produttivi e agricoli al di fuori del SII.

La proposta di un meccanismo regolamentato di mercato si concentra sulla previsione di una remunerazione ai soggetti che, attraverso interventi di “efficienza idrica”, siano in grado di raggiungere obiettivi prestabiliti di risparmio dell’acqua utilizzata nel processo produttivo.  Tale meccanismo potrebbe portare alla nascita di nuovi operatori di mercato, le cosiddette Water Serving Services Companies, che, al pari delle ESCO nei settori energetici, siano in grado di assistere tecnicamente le aziende produttive negli interventi di risparmio idrico e porsi come agevolatori anche del meccanismo finanziario legato alle certificazioni di efficienza.

Il primo passo è quello di individuare degli obiettivi vincolanti di riduzione del consumo idrico e i relativi soggetti obbligati, ovvero il perimetro delle imprese tenute a realizzare l’efficientamento richiesto e a sostenerne i relativi costi. I soggetti coinvolti sarebbero gli utenti al di fuori del SII, tra le quali occorre distinguere tra soggetti obbligati e volontari, fermo restando la determinazione di un obiettivo nazionale di contenimento o riduzione dei consumi con declinazione settoriale.

Un Certificato Blu andrebbe a riconoscere il risparmio nell’uso finale di acqua, premiando le imprese con un certificato per ogni litro di acqua risparmiata. Questo risparmio potrà essere correlato ad interventi quali innovazioni di prodotto o di processo che permettano di ridurre il consumo di acqua come input produttivo.

Il perimetro dei soggetti obbligati potrebbe essere individuato facendo riferimento a due grandezze:

  • l’intensità idrica di settore;
  • l’incidenza del consumo di acqua dei singoli settori sul totale di acqua utilizzata a fini produttivi.

Per il funzionamento del mercato, alle imprese obbligate dovrà essere attribuito un obiettivo di risparmio annuale, che potrà essere raggiunto attraverso interventi di efficientamento, ovvero acquistando i Certificati Blu sul mercato in mancanza di interventi. Gli obiettivi assegnati dovranno incentivare al risparmio senza pregiudicare la continuità aziendale: potrebbero quindi essere correlati al settore di appartenenza, stabilendo valori-obiettivo sia per singola impresa sia per il settore nel suo complesso.

Funzionamento del meccanismo

Fonte: Laboratorio REF Ricerche

Le imprese non facenti parte dei settori obbligati potrebbero comunque aderire volontariamente al meccanismo, laddove rinvengano un vantaggio economico nel vedere riconosciuti dallo strumento di mercato gli investimenti effettuati per ridurre il proprio consumo idrico. A tal fine, sarà necessario definire in maniera esaustiva quali interventi potranno essere riconoscibili per l’ottenimento dei titoli di efficienza idrica. Alcune tipologie di interventi possono essere mutuate dalle buone pratiche di risparmio idrico già in uso nei casi più virtuosi.

Il soggetto chiamato a gestire il meccanismo dei Certificati Blu sarebbe per definizione il Gestore dei servizi energetici (GSE), che dunque si porrebbe nella prospettiva allargata di gestore dei servizi ambientali. In questo senso, il medesimo framework di mercato elettronico di scambio dei Certificati Bianchi potrebbe essere adattato creando un segmento dedicato alla trattazione dei Certificati Blu. 

Infine, qualche considerazione rispetto al prezzo, per il quale sarà necessario stabilire un valore in grado di rendere conveniente per i soggetti obbligati la preferenza per l’intervento di risparmio idrico piuttosto l’acquisto del Certificati Blu nel mercato*.

In conclusione, i recenti eventi climatici hanno evidenziato come la tutela della risorsa idrica sia una priorità anche in Italia. Gli sforzi sul fronte del consumo consapevole da parte delle utenze domestiche non sono sufficienti a tale scopo, ma è necessario che gli altri usi di acqua vengano efficientati.

L’utilizzo di strumenti di tipo Command and Control potrebbe risultare inefficiente proprio in virtù dell’asimmetria informativa vigente. Al contrario, utilizzando strumenti di mercato è possibile minimizzare i costi di compliance, incentivando in modo diretto l’adeguamento alla normativa e favorendo l’innovazione guidando gli attori al conseguimento di obiettivi efficienti sia sul piano economico che ambientale.

Nello specifico, si tratterebbe di istituire un meccanismo di permessi negoziabili per incentivare il risparmio idrico in analogia con quanto accade per il caso del risparmio energetico attraverso i Certificati Bianchi o titoli di efficienza energetica. I “Certificati Blu”, titoli negoziabili che andrebbero a riconoscere alle imprese un certificato per ogni metro cubo di acqua risparmiata, promuoverebbero l’utilizzo di tecnologie efficienti e la riduzione della risorsa utilizzata nella produzione a fonte del riconoscimento di un incentivo economico.

Questo nuovo strumento permetterebbe inoltre la nascita di nuovi attori come le Water Serving Services Companies (WSSCo), in grado di supportare le aziende dal punto di vista tecnico e finanziario nel caso in cui ai soggetti coinvolti nel meccanismo manchino le capacità tecniche per individuare correttamente gli interventi da mettere in atto. Anche in questo caso, si tratta di una novità per quanto concerne gli interventi di risparmio idrico, che è già una realtà per il caso del risparmio energetico (ESCo).

Per quanto l’architettura del meccanismo possa prendere spunto da altre esperienze, la principale difficoltà consta nella definizione del perimetro dei soggetti obbligati e nel dimensionamento del prezzo dei Certificati Blu: un prezzo in grado di incentivare le imprese a innovare piuttosto che preferire l’acquisto di titoli dal mercato al mero fine di documentare l’assolvimento dell’obbligo.

* Si veda anche “Il servizio idrico integrato in Italia - Regolazione, governance e assetti gestionali-analisi delle performance di settore dagli oneri alla tariffazione in rapporto alla crescente esigenza di razionalizzazione e risparmio dei consumi”, Università di Udine, 2024.