Il 30 giugno il MASE ha inviato in approvazione all’esecutivo von der Leyen una nuova versione del PNIEC contenente le linee strategiche di sviluppo per l’Italia sui temi energia e clima. La direzione seguita è rimasta quella già prevista in termini di decarbonizzazione, continuando però a destare molte perplessità. L’obiettivo 2030 delle rinnovabili nei consumi energetici finali è salito al 40%, 10 punti percentuali in più rispetto al Piano approvato nel 2020. Inoltre, il cosiddetto Regolamento Effort Sharing-ESR (EU 2023/857) ha posto al 43,7% la riduzione delle emissioni al 2023 rispetto ai valori 2005  per i settori non -ETS (trasporti, residenziale etc).

Occorre pertanto individuare una via più realistica e fattibile per accelerare la transizione energetica specie in un settore energivoro come i trasporti.

In linea generale nella nuova bozza del PNIEC si prevede una forte accelerazione su fonti rinnovabili elettriche, produzione di combustibili rinnovabili (tra cui biometano e idrogeno), ristrutturazioni edilizie ed elettrificazione dei consumi finali, diffusione delle auto elettriche e politiche per la riduzione della mobilità privata. Spazio anche a sequestro, trasporto e cattura della CO2. La quota di FER nei consumi elettrici è salita al 65% rispetto al 55% iniziale, mentre quella su riscaldamento e raffrescamento al 37% rispetto al 33,9% originario. Infine, viene citato un 42% di idrogeno da rinnovabili per gli usi industriali.

Per quanto concerne la generazione di energia a terra, un valido aiuto al contenimento delle emissioni arriva dalla cogenerazione, più volte citata all’interno del nuovo testo PNIEC insieme alla produzione di combustibili rinnovabili. Utile ricordare che la produzione combinata di elettricità e calore è una soluzione virtuosa in grado di ridurre sia i consumi energetici in fonti primarie, e dunque la dipendenza dall’estero, sia le emissioni di CO2  e l’Italia è uno dei Paesi leader in Europa per impiego di questa soluzione. I principi di Efficiency first e neutralità tecnologica dovranno trovare coerente applicazione nel nuovo PNIEC cosi come strumenti (storage) e meccanismi di mercato (capacity market) saranno gli elementi per una funzionale messa a terra del piano.

Relativamente ai nuovi combustibili, invece, il PNIEC sottolinea il ruolo di quelli alternativi per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, ma ad oggi  la disponibilità non è sicuramente adeguata per uno switch  rilevante. Noi riteniamo che sia fondamentale utilizzare un mix adeguato di soluzioni per perseguire gli obiettivi di decarbonizzazione e tra questi elementi abbiamo investito molto nello studio delle possibili applicazioni dei combustibili carbon free. La questione è rilevante  sia per la  generazione di energia a terra che per la  propulsione navale. Ovviamente l’elemento dirimente sarà la disponibilità degli stessi e la loro sostenibilità economica. Metanolo, idrogeno verde, ammoniaca, biocombustibili, metano di sintesi e tutto il waste to gas possono trovare applicazione, ma necessariamente richiedono un quadro normativo che ne permetta l’utilizzo con regimi di sostegno per facilitare l’utilizzo.

Guardando nello specifico al settore marittimo, gli obiettivi di decarbonizzazione devono necessariamente essere affrontati da diverse angolazioni e con metodologie adeguate in funzione delle specificità dei singoli segmenti  dell’industria marittima. Un elemento che va messo a fattor comune è senz’altro quello dell’efficientamento dei mezzi navali, secondo la logica che una nave, qualunque essa sia, più è efficiente  meno combustibile dovrà bruciare, perché non vi è combustibile più rispettoso dell’ambiente di quello che non viene utilizzato. Per tale operazione vi sono molteplici tecnologie che permettono alle navi nuove, ma anche alle decine di migliaia di navi esistenti, di migliorare la performance operativa, contando su un migliore disegno dell’elica, timoni ad alta efficienza (a bulbo o i “gate rudder” di ultima generazione), sistemi di lubrificazione della catena con aria compressa, rotor sails, elettrificazione (parziale per molte applicazioni o totale per alcuni casi specifici – traghetti/navi che compiono ripetutamente piccole tratte, associate ad adeguate infrastrutture per la ricarica delle batterie), etc.

Quanto sopra può fornire un contributo, anche significativo nel breve periodo, al raggiungimento degli obiettivi sfidanti messi a punto dalla Comunità europea e dall’IMO, ma non sono sufficienti per mantenere le navi all’interno dei limiti prefissati nel medio/lungo periodo. Come tale scelta verrà operata dipenderà molto dalla disponibilità dei prodotti “green”, dalla loro abbondanza, e dulcis in fundo, da un bilanciato prezzo d’acquisto.

Senz’altro, in una fase iniziale, i moderni motori marini permetteranno l’utilizzo di biofuels (HVO/ FAME / bioLNG) attraverso il cosiddetto “drop in”, e quindi l’abbassamento delle emissioni relative ed il rispetto dei parametri imposti dai regolatori. Va da sé che i motoristi hanno predisposto specifiche linee guida che le caratteristiche chimico-fisiche dei biofuels devono soddisfare per consentire un adeguato livello di performance degli equipaggiamenti ed un ciclo di vita dei componenti allineato a quelle che sono le stime predisposte dalla progettazione.

Nel medio-lungo periodo (3-10 anni) la diffusione di motori dual fuel capaci di utilizzare, oltre ai combustibili tradizionali (tipo diesel /LNG), anche il metanolo e l'ammoniaca, ed il progressivo sviluppo infrastrutturale che via via assumerà i contorni da hub locale a rete diffusa a livello mondiale, daranno un impulso decisivo all’utilizzo di combustibili “carbon neutral” che saranno la chiave di volta per il raggiungimento della carbon neutrality al 2050.

Da ultimo, considerando anche tutte le migliaia di navi esistenti e che continueranno a navigare ancora per qualche decennio, si devono assolutamente menzionare gli sforzi tecnologici che sono in atto per la cattura della CO2 post combustione ovvero, per le navi propulse a GNL, la cattura del carbonio in forma solida prima della combustione. 

Ancora una volta è massimo l’impegno di ricerca e sviluppo fatto dagli operatori dell’industria marittima per fornire gli strumenti giusti agli armatori per una scelta consapevole. 

Una scelta fatta non sull’onda dell’emotività, bensì su un’analisi molto spesso quantitativa e supportata da modellizzazioni matematiche per definire in maniera strutturata le decisioni strategiche più adeguate al settore nel quale operano le navi ed alla modalità di business esercitata dalle compagnie armatoriali. Le policy necessarie per il settore marittimo dovranno trovare necessariamente una  collocazione nei piani al 2030 e oltre.