Fare una valutazione dell’inquinamento ambientale prodotto dalle emissioni di metano associate all’incidente ai gasdotti Nord Stream 1 e 2 non è facile, anche perché la situazione è ancora poco definita, ma è chiaro che si tratta di un incidente molto grave. Domenica 2 ottobre il portavoce della società di gestione dei gasdotti, U. Lissek, riferiva che la pressione dell’acqua aveva più o meno chiuso le falle in modo che il gas nei tubi non potesse più fuoriuscire. Fino al primo pomeriggio di lunedì 3 ottobre, il flusso in uscita dalle tubazioni sembrava essersi interrotto. Invece, nelle ore successive, la Guardia Costiera svedese dichiarava che la perdita dal Nord Stream 2 non solo non si era fermata, ma era addirittura cresciuta di dimensioni (circa 30 metri di diametro).
Arriviamo al tema delle emissioni di metano connesse all’incidente. I gasdotti sembravano contenere circa 778 milioni di mc di gas naturale (di cui il metano rappresenta circa il 90%) mentre sulla quantificazione delle perdite i dati differiscono di molto a seconda delle fonti. Va premesso che una misurazione precisa del gas effettivamente rilasciato in atmosfera richiederà del tempo; le rilevazioni satellitari, peraltro, sembrano non aiutare, vista la nuvolosità dell’area al momento dell’incidente. In più c’è anche la sfida intrinseca del monitoraggio del metano nell'acqua: questa, infatti, assorbe la maggior parte della luce solare e maschera, in uno spettrometro, qualsiasi segnale proveniente dal metano. Resta, incontrovertibile, il fatto che quella a cui stiamo assistendo è una delle più grandi perdite di gas naturale della storia proveniente da un singolo sito.
Le osservazioni da diverse stazioni di terra della ICOS (Integrated Carbon Observation System), una infrastruttura di ricerca europea, fanno emergere un quadro allarmante, con un rilascio di una quantità enorme di metano in atmosfera. Qualche numero: prime stime parlano di 40 mila tonnellate; il Norwegian Institute for Air Research (NILU) le stima in 80 mila, facendole corrispondere ad un aumento della concentrazione di metano nell’atmosfera di circa il 20%. Ancora: A. Baxter di EDF (Environmental Defense Fund) ha stimato in 115 mila tonnellate di metano la fuoriuscita dal Nord Stream 2, sulla base di calcoli relativi alle dimensioni dei tubi (diametro interno costante di 1,15 metri) e alla temperatura dell’acqua. Da qui la valutazione che l’impatto complessivo della perdita sia equivalente alle emissioni annuali di carbonio di due milioni di automobili. Subito dopo l’incidente, la perdita di gas era stimata in 500 tonnellate l’ora (secondo Reuters), valore in discesa col passare del tempo, per la diminuzione di volume e pressione del gas. Quantità non da poco, paragonabile alle emissioni climalteranti giornaliere, in termini di CO2 equivalente, dell’intera Italia. L’impatto sul clima è rilevante anche perché il metano ha un forte potere climalterante provocando, nel breve periodo, un effetto serra 80 volte superiore rispetto a quello prodotto dall’anidride carbonica. Permangono invece maggiori difficoltà di valutazione relativamente effetti ambientali diretti localizzati nel sito dell’incidente.
Amici della Terra, consapevole della gravità dell’evento, si è subito attivata facendo un appello all’Unione Europea per intervenire con le riparazioni delle condotte, senza tenere conto della proprietà dei tubi. Infatti, l’Associazione ritiene che il gas naturale sia indispensabile nella transizione energetica e da tempo chiede interventi utili per evitarne ogni spreco. Come Amici della Terra siamo stati i primi a costituire, nel 2021, in collaborazione con EDF, un Tavolo di lavoro finalizzato alla definizione di una Strategia italiana per la riduzione delle emissioni di metano della filiera del gas naturale, riduzioni realizzabili con le tecnologie oggi disponibili. Quest’iniziativa ha riunito i maggiori operatori del settore, insieme ad associazioni di categoria e istituzioni.
La portata e la tempistica della perdita di metano nel Baltico aumentano ancora di più il pressing sull’azione climatica, perché sono gli anni più critici per rallentare il cambiamento del clima e contenerne il riscaldamento globale entro quel grado e mezzo imposto dall’accordo di Parigi. Per ridurre le emissioni di metano dal settore energetico, il 15 dicembre 2021, la Commissione Europea ha presentato una bozza di regolamento a cui ha dato seguito con il RePowerEU, mentre a livello internazionale è stato sottoscritto un accordo, il Global Methane Pledge.
Bisogna agire, soprattutto in questo momento di crisi internazionale, con un approccio razionale basato sui dati reali della transizione energetica, senza ideologismi né ambientalismi di facciata.