Dalla caduta di marzo al recupero del secondo trimestre. I segnali di ottimismo con cui si era aperto il 2020, anche alla luce della distensione nelle relazioni commerciali tra Washington e Pechino, sono stati spazzati via della pandemia di Coronavirus che, partita dalla Cina, si è diffusa a livello globale. Il suo impatto si è propagato attraverso effetti sull’offerta (blocchi alle attività, quarantene) e sulla domanda (via minori consumi e investimenti) nonché, ovviamente, sulle quotazioni delle materie prime, sebbene in misura eterogenea tra i diversi comparti. Non tutte le commodity hanno, infatti, reagito con la stessa intensità alla caduta dei livelli di attività delle principali economie mondiali, sia nelle settimane più critiche della pandemia sia, soprattutto, nei mesi successivi: accanto al petrolio che, dato il ruolo prevalente come input per la realizzazione di combustibili, si trova ancora oggi a scontare gli effetti negativi delle formule di distanziamento sociale (con quotazioni in dollari su livelli di oltre il 30% inferiori rispetto a quelli di gennaio), ve ne sono molte altre (metalli soprattutto) per cui l’impatto del Covid-19 si è avvertito in misura molto più contenuta, lasciando spazio a un rimbalzo a “V” visibile già dai primi giorni della primavera. Per molte altre, un vero e proprio percorso di ripresa deve ancora prendere forma.
Le commodity maggiormente penalizzate..
Insieme ai trasporti, l’industria della moda e quella del turismo sono tra i settori maggiormente colpiti dal crollo degli spostamenti delle persone e dalla riduzione dei rapporti sociali conseguenti alle formule di distanziamento adottate nelle principali economie mondiali. Non sorprende, quindi, che le quotazioni dei principali prodotti tessili (lana in primo luogo, ma anche cotone e fibre sintetiche) e dei prodotti alimentari più sensibili all’evoluzione della spesa “Out of Home” (carne, pesce) non solo abbiano messo in mostra un andamento fortemente cedente tra marzo e aprile ma, nei mesi successivi, abbiano recuperato terreno a ritmi molto meno intensi in confronto alle altre materie prime non energetiche. Più eterogeneo, invece, il percorso seguito dalle quotazioni delle commodity agricole, su cui l’effetto della pandemia si è avvertito in misura perlopiù indiretta. In Asia, l’incremento delle scorte di riso mirato a tamponare i possibili effetti inflazionistici dovuti al calo dei raccolti ha provocato una riduzione della disponibilità sui mercati internazionali, con conseguenti tensioni al rialzo sui prezzi: al momento il cereale passa di mano su livelli del 10-12% più elevati, a seconda della varietà, rispetto a quanto osservato in gennaio. All’opposto, i minori consumi di carburanti negli Stati Uniti, e il conseguente calo del fabbisogno di bioetanolo (utilizzato nel blending della benzina) spiegano buona parte della debolezza delle quotazioni del mais che, nella media di agosto, è stato scambiato a sconto di oltre il 10% rispetto ai livelli di inizio anno.
.. e quelle più “favorite”
Una delle caratteristiche della crisi del Covid-19 è l’asimmetria dei suoi effetti sul mercato del lavoro, sull’attività dei settori manifatturieri e sui consumi delle famiglie. Accanto ad alcune categorie di spesa penalizzate in misura più significativa, ce ne sono altre per le quali il distanziamento sociale ha agito in direzione opposta, offrendo un sostegno ai consumi difficile da pronosticare in condizioni “normali”. Il riferimento è soprattutto all’incremento degli acquisti di prodotti destinati all’igiene personale e della casa, e al boom delle vendite online e di alimenti pre-confezionati: fattori che hanno contribuito a sostenere le quotazioni di tutti i principali prodotti destinati alla realizzazione di packaging alimentare (plastiche) e non (carta kraft soprattutto, sostenuta dal boom del commercio online), ma anche delle varietà di cellulosa utilizzata per la realizzazione di prodotti tissue destinati all’igiene domestica. Nel dettaglio, pur a fronte di una caduta dei costi di produzione a monte (nafta, gas naturale) e intermedi (etilene, propilene) i polimeri hanno mostrato un andamento relativamente più stabile delle media delle materie prime. I prezzi della pasta per carta (sostenuti anche dall’interruzione delle operazioni di raccolta di materia prima seconda, in particolare in Europa) hanno attraversato senza troppi scossoni anche il periodo più acuto della crisi del Covid-19.
Com’è andata ai beni rifugio?
Politiche monetarie decisamente accomodanti, incertezza politica ed economica, dollaro debole, su uno sfondo di possibile reflazione: una combinazione di fattori che ovviamente non potevano lasciare immuni le quotazioni dei beni rifugio, tra cui oro e argento, protagonisti di apprezzamenti record nei primi mesi del 2020. Al momento il metallo giallo passa di mano su livelli mai raggiunti in precedenza, vicino ai 2000 $/oz (+26% da gennaio). Ancora più intenso l’apprezzamento registrato dall’argento, +50% da inizio 2020, mentre il platino, per via della sua vocazione “industriale”, ha sofferto maggiormente delle difficoltà sperimentate dall’industria globale dell’automotive, chiudendo la prima metà del 2020 su livelli non dissimili da quelli di inizio anno.
La “sorpresa” dei metalli.
Se i prezzi dei prodotti agricoli, forestali e dei preziosi hanno evidenziato andamenti tutto sommato coerenti con i mutamenti delle scelte di consumo imposte dal Coronavirus, meno intuitivo è il percorso seguito dai metalli che, pur in un contesto economico globale lontanissimo dal recupero dei livelli pre-pandemia, si apprestano a chiudere il terzo trimestre su livelli addirittura più elevati rispetto a quelli di inizio 2020. Un caso limite è rappresentato del rame che, sceso poco sopra i 4.500 $/ton nel periodo di picco della pandemia, nei mesi successivi ha intrapreso un trend espansivo abbastanza intenso da riportarlo, in settembre, ai massimi da oltre un biennio, +7% rispetto a inizio anno. Discorso simile per gli altri non ferrosi e per gli input siderurgici (minerali di ferro in primo luogo), che hanno recuperato ormai del tutto il terreno perso nei mesi passati. Il percorso seguito dai prezzi dei metalli ha diverse similitudini con quanto osservato successivamente alla Crisi Finanziaria Globale (quando, sia pure su scala decisamente più ampia, il round di stimoli implementato dai policymaker cinesi sostenne un recupero delle quotazioni trasversale al comparto) ma che, rispetto a quanto osservato dieci anni fa, presenta anche marcate differenze. È, infatti, difficile ipotizzare che il recupero sarebbe risultato così intenso se alla rapida ripresa dei consumi del maggior consumatore mondiale non fosse corrisposta l’estensione della pandemia a molti paesi sudamericani (Perù in primo luogo, ma anche Brasile e Cile). La minore offerta derivante dalla chiusura degli impianti minerari ha, infatti, contribuito in misura significativa a rafforzare ulteriormente il trend di ripresa dei corsi del comparto, dando origine a rincari solo in parte giustificati dall’intensità del recupero dei consumi.
Volendo sintetizzare i movimenti dei prezzi delle materie prime negli ultimi mesi, è possibile dividere la prima metà del 2020 in due periodi distinti. Il primo, che corrisponde al trimestre febbraio-aprile in cui la pandemia ha fatto sentire i suoi effetti soprattutto sulla domanda, alimentando un ripiegamento delle quotazioni esteso alla maggior parte delle materie prime (pur con dinamiche eterogenee, in funzione della diversa sensibilità dei consumi agli effetti della pandemia). E un secondo in cui gli effetti diretti e indiretti della pandemia hanno iniziato a interessare anche i principali paesi produttori e, combinati alla veloce ripresa dell’attività manifatturiera nel principale paese consumatore mondiale di commodity, si sono riflessi in un intenso recupero dei prezzi. Ciò contribuisce a spiegare la dicotomia tra la pesante recessione del Pil mondiale attesa per il 2020 (con flessioni di entità superiore ai 5 punti percentuali) e la sostanziale tenuta, o addirittura il profilo espansivo osservabile per molte commodities; ma, al tempo stesso, solleva più di un dubbio sulla possibilità che, una volta ripristinata la produzione nelle principali aree estrattive mondiali, le quotazioni possano effettivamente ricalcare il percorso fortemente ascendente che le ha caratterizzate nel biennio successivo alla crisi finanziaria del 2010.
I prezzi delle materie prime nel 2020 (Var % agosto/gennaio, in dollari)
Fonte: Elaborazione Prometeia su dati Refinitiv, World Bank