L’individuazione di una data certa per la cessazione del regime di maggior tutela, stabilita inizialmente dalla Legge Concorrenza al primo luglio 2018 e poi definitivamente fissata al prossimo luglio del 2020, interviene in un mercato italiano della vendita retail di energia elettrica che, a quasi dodici anni dalla sua apertura, è ancora molto poco concorrenziale.
La scelta compiuta nel 2007 dal legislatore è stata quella di individuare nei soggetti concessionari locali della distribuzione elettrica i fornitori esclusivi di energia a condizioni regolate, nello stesso momento in cui si apriva alla generalità dell’utenza la possibilità di scegliere liberamente il proprio fornitore a prezzo di mercato.
La coesistenza, per più di dieci anni, dell’offerta in maggior tutela, che pure era stata concepita come avente natura intrinsecamente transitoria, con quella a prezzo libero ha determinato un vero loop ostativo allo sviluppo di un vero mercato.
Da un lato, la persistenza di amplissima parte della clientela nel regime regolato – e quindi una certa irrilevanza quantitativa della “frangia” di soggetti serviti a mercato – ha probabilmente fatto sì che in passato non si siano sviluppate in modo sufficientemente incisivo e tempestivo alcune necessarie azioni di semplificazione e regolazione proconcorrenziale (in termini, ad esempio, di chiarezza della bolletta ai fini del confronto fra diverse offerte, di snellimento e sicurezza delle procedure di switching, di necessario “controllo” delle caratteristiche e delle modalità comunicative e di acquisizione della clientela da parte dei diversi venditori in concorrenza).
A loro volta, una serie di fattori hanno consentito per lungo tempo il verificarsi di comportamenti scorretti da lato dell’offerta nonché incertezza e scarsa fiducia verso il mercato libero dal lato della domanda. Tra questi: la mancanza di regole semplici e chiare; l’assenza di requisiti minimi per i soggetti che accedevano al mercato della vendita, una tardiva implementazione della regolazione in materia di brand unbundling (distinzione tra le imprese che si occupano sono di vendita da quelle che invece sono coinvolte anche nella distribuzione); un’oggettiva mancanza di grandi risparmi economici per i consumatori in ragione di una composizione della spesa in bolletta che, gravata di oneri impropri, consente sconti solo su circa il 50% di questa. In ragione di ciò, non a caso, i tassi di switching in questi anni sono stati molto ridotti consentendo una permanenza del mass market nei contratti di maggior tutela, il che di nuovo non ha generato la necessaria attenzione allo sviluppo del mercato.
Dal punto di vista della struttura industriale dell’offerta, la scelta di affidare il servizio di maggior tutela in esclusiva ai soggetti integrati nella distribuzione è valsa anche a generare una compartimentazione locale dei mercati, ciascuno dei quali caratterizzato, sostanzialmente, dalla dominanza del soggetto storicamente ivi presente. In questo contesto, il bacino più ampio dei clienti contendibili è proprio quello di coloro che non hanno scelto il proprio fornitore, ma che passivamente hanno accettato all’epoca la fornitura di maggior tutela. E’ anche la clientela più difficile da conquistare, visto che pur avendo dal 2007 la possibilità di passare a mercato libero, non l’ha ancora fatto.
I recenti casi antitrust, avviati nel marzo del 2017 su denuncia di associazioni di consumatori e di imprese non integrate e chiusi alla fine del 2018 con la condanna delle società dei gruppi Enel e ACEA, hanno evidenziato alcuni concreti rischi, sotto il profilo concorrenziale, del protrarsi di un periodo transitorio nel passaggio a un regime di mercato pieno. In particolare, appare evidente che all’alterazione strutturale del mercato determinata dalle scelte normative compiute in passato, si aggiungono condotte abusive che ne amplificano le conseguenze negative.
I procedimenti hanno infatti accertato che le aziende integrate hanno entrambe attuato una strategia di “traghettamento” della clientela servita in maggior tutela verso contratti a condizioni di mercato, sfruttando la disponibilità di informazioni su questi clienti (dati di contatto, numeri di telefono, nel caso di ACEA anche informazioni ottenute profilando i clienti su varie caratteristiche) detenute o acquisite in virtù del precedente rapporto di servizio.
In particolare, si sono costruiti elenchi di clienti tutelati cui è stato richiesto il consenso privacy con modalità tali che impedivano di fatto ai venditori non integrati di poterli utilizzare (ACEA acquisiva il consenso solo a proprio favore e ENEL utilizzava strumentalmente il meccanismo del consenso disgiunto, verso le società del gruppo e verso i terzi, per favorire la controllata Enel Energia, società di vendita a mercato libero del gruppo), elenchi poi concretamente utilizzati per proporre specifiche offerte commerciali dedicate ai soggetti in regime regolato, con lo scopo strategico di acquisire quanti più clienti possibile prima della cessazione della maggiore tutela. Queste informazioni sono privilegiate, in quanto strategiche (il dato di contatto di un cliente, unitamente all’informazione certa che si tratti di un cliente tutelato ha un valore commerciale particolare, perché “garantisce” che l’offerta che viene fatta è rivolta al giusto target di clientela, la cui acquisizione eventuale consente di aumentare la propria quota di mercato a discapito del fornitore storico) e intrinsecamente irreplicabili (nessuna indagine o lista disponibile sul mercato fornisce infatti la stessa qualità dell’informazione).
L’Autorità ha quindi ritenuto l’utilizzo di queste informazioni da parte del soggetto dominante per proporre offerte commerciali in violazione dell’art. 102 del Trattato, in quanto volto a eliminare la contendibilità della clientela in maggior tutela da parte degli altri venditori - che hanno diritto di avere accesso a tale clientela a parità di condizioni - sfruttando in modo illegittimo e discriminatorio prerogative detenute unicamente in virtù dell’attribuzione per legge di un servizio.
Il fenomeno non è stato marginale, se si considera che i procedimenti hanno accertato che nel caso di ENEL è stata interessata dalla condotta una percentuale fra il 10% e il 15% della base clienti di Servizio Elettrico Nazionale, per numeri assoluti pari a più di due volte il numero di clienti medi dei primi tre principali concorrenti, e che, nel caso di ACEA, i consensi raccolti in esclusiva riguardavano circa il 57% del database dei tutelati.
I provvedimenti dell’Autorità consentono di comprendere come ogni prolungamento del periodo di transizione verso il mercato libero favorisce uno “svuotamento” della base clienti tutelata tendenzialmente solo a favore delle società di vendita o business unit a libero mercato appartenenti a gruppi integrati nella distribuzione. Queste, oltre a basarsi su aspetti strutturali o reputazionali, abusano di propri vantaggi esclusivi distorcendo in modo improprio le normali dinamiche di mercato. In linea generale, l’incertezza che si genera sul mercato va a discapito sia delle imprese corrette (che non sanno pianificare le proprie condotte commerciali) sia dei clienti, che non riescono ad avere un quadro obiettivo e stabile, anche in termini di orizzonte temporale nel quale effettuare le proprie scelte.
Clienti che invece, proprio grazie alla loro numerosità e alle loro scelte informate, potrebbero condizionare fortemente il mercato e costringere gli incumbent a migliorare le loro offerte, sotto il profilo del prezzo, dell’efficienza del servizio, e della sua completezza, anche in termini di offerte innovative che sfruttino le ultime evoluzioni tecnologiche, come quelle relative al monitoraggio avanzato dei consumi e dei servizi IOT.
L’abbandono della maggior tutela è un’opportunità, non certo un rischio, per il consumatore italiano; la struttura “duale” del mercato finora sperimentata (coesistenza di un’offerta regolata e di un’offerta a mercato) non ha consentito veramente alla concorrenza di esprimersi, e solo il passaggio definitivo alle offerte a mercato costringerà invece le imprese a competere veramente per cercare di conquistare la clientela.
I tassi di switching verso il mercato libero stanno finalmente aumentando, e questo, insieme a una serie di misure previste dalla legge concorrenza, come il Portale di confrontabilità delle offerte e l’istituzione di un albo venditori, porterà maggiori vantaggi al consumatore, mediante una concorrenza effettiva fra le imprese, in condizioni di parità.
Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autrice e non impegnano l'Istituzione di appartenenza.