L’UE ha recentemente approvato la riforma del sistema di scambio europeo delle emissioni (ETS), con orizzonte 2030. La revisione dell’ETS in Europa – un meccanismo considerato pietra angolare della politica climatica europea - è cruciale per l’attuazione degli impegni assunti nell'ambito dell'Accordo di Parigi e per il raggiungimento del target UE di riduzione delle emissioni di gas serra del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.

Insieme agli accordi raggiunti su tematiche chiave della politica energetica e climatica europea al 2030 (come il regolamento sull'uso del suolo, il cambio di destinazione d'uso dei terreni e la silvicoltura, l’Effort Sharing Regulation che stabilisce obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni nei settori non-ETS per il periodo 2021-2030), l’intesa sul mercato delle emissioni consente all’UE di dare un messaggio chiaro e molto positivo riguardo la sua ambizione politica di trasformare l’Accordo di Parigi in azioni concrete e guidare la transizione verso un'economia moderna e pulita.

Il processo politico che ha portato all’accordo è iniziato nell’ottobre 2014, quando, nelle conclusioni del Consiglio Europeo, i leader europei definirono il quadro generale per le politiche dell’UE in materia di clima ed energia fino al 2030. Da allora sono seguite diverse proposte legislative, tra cui la Proposta della Commissione Europea del luglio 2015 di revisione del sistema ETS, che è stata poi oggetto di negoziazione tra il Consiglio e il Parlamento europeo per quasi 30 mesi.

La sfida principale era quella di trovare un equilibrio tra tre elementi: (1) rafforzare il mercato del carbonio; (2) incentivare l’industria a “decarbonizzare” in modo economicamente efficiente, proteggendo al contempo i settori europei più vulnerabili con allocazioni gratuite e disposizioni sulla rilocalizzazione delle emissioni; (3) essere consapevoli delle sfide specifiche degli Stati membri a basso reddito per quanto riguarda la modernizzazione dei loro sistemi energetici e la promozione di innovazioni low-carbon. Anche se i negoziati hanno dovuto affrontare un gran numero di problematiche, spesso molto tecniche, il focus è rimasto concentrato su questo “triangolo” di questioni politiche contribuendo a creare il momentum per un solido accordo.

Il rafforzamento dell’ETS, considerato l’obiettivo cruciale, ha richiesto anche di affrontare efficacemente la questione del surplus di permessi, che ha contribuito a deprimere il prezzo delle quote sul mercato europeo del carbonio, ostacolando la capacità del sistema di incentivare gli investimenti a basse emissioni. A tal fine è stata creata la Riserva di Stabilità di Mercato, prevista entrare in funzione a partire dal prossimo anno, che dovrebbe assorbire l’eccedenza più rapidamente di quanto inizialmente stimato, accelerando quindi il ripristino di un solida condizione di equilibrio.

Fin dall’istituzione dell’ETS europeo, una delle sue caratteristiche più importanti è stata l’assegnazione gratuita dei permessi di emissione. Pensata per prevenire la rilocalizzazione del carbonio - cioè il trasferimento della produzione e delle relative emissioni in paesi e regioni con politiche climatiche meno rigide -, si è rivelata una tutela efficace in questo senso, tanto che verrà mantenuta anche dopo il 2020. L’assegnazione verrà basata su benchmark aggiornati che riflettono la prestazione del 10% degli impianti più efficienti tra quelli coperti dal sistema ETS.

Infine, saranno adottati nuovi meccanismi di finanziamento per le tecnologie low-carbon al fine di stimolare l’innovazione e supportare la modernizzazione del sistema energetico europeo. Un sostegno decisivo verrà dal Fondo per l’Innovazione, con almeno 450 milioni di permessi destinati allo sviluppo di tecnologie rivoluzionarie con applicazioni in ambito energetico e industriale in grado supportare la graduale transizione verso un’economia a basso contenuto di carbonio. Il nuovo Fondo per la Modernizzazione recentemente istituito sarà invece diretto a supportare investimenti nel settore energetico nei 10 Stati Membri con il reddito più basso, al contempo escludendo in via prevalente progetti che riguardano le fonti fossili.

Un altro tema caldo nei negoziati è stato la compensazione dei costi indiretti delle emissioni. Nonostante l’ETS europeo regoli solo le emissioni dirette e i relativi costi, può generare anche costi indiretti dovuti al fatto che il prezzo del carbonio si ripercuote anche sui prezzi elettrici. Alcuni Stati Membri compensano tali costi attraverso gli aiuti di stato; per questo, era stata presa in considerazione l’idea di un fondo centralizzato a livello UE che provvedesse a tale compensazione. Tuttavia, una simile opzione è stata poi abbandonata non avendo ricevuto il supporto necessario ed è stata invece confermata la possibilità di compensare i costi indiretti con gli aiuti di stato, intensificando gli obblighi di rendicontazione per garantire maggiore trasparenza nella gestione dei finanziamenti statali.

L’accordo sulla riforma strutturale dell’ETS è una tappa importante per gli obiettivi di decarbonizzazione europea, in quanto conferisce all’industria e al settore elettrico certezza di pianificazione e ponendo le basi per il suo raggiungimento.

L’accordo, tuttavia, non è il punto di arrivo. Il focus nei prossimi anni è sulla preparazione della sua implementazione per rendere pienamente operativo il nuovo sistema ETS entro gennaio 2021. La Commissione ha già cominciato questo lavoro e continuerà a cooperare con gli Stati Membri per assicurare un avvio graduale del nuovo sistema. L’UE è determinata a mantenere un ruolo di primo piano nella lotta globale contro il cambiamento climatico e a lavorare con i partner internazionali verso questo obiettivo.