Intervista al Prof. Carlo Andrea Bollino (Presidente AIEE, Università degli Studi di Perugia)

Consultazioni, audizioni, convegni con gli esperti. Il governo sembra aperto alle opinioni di tutte le realtà del settore energetico. Quali sono le tematiche a cui lei darebbe priorità nella nuova Strategia Energetica Nazionale?

L’Italia ha ottenuto una sensibile riduzione delle emissioni di CO2 che continuerà a manifestarsi anche nei prossimi anni, ma probabilmente a ritmi inferiori rispetto a ciò che richiederebbe l’uniformità agli obiettivi europei. Dunque, la Nuova Strategia Energetica Nazionale dovrà scegliere le alternative più efficienti per centrare gli obiettivi al 2030.

Su quali temi dell’energia l’Italia si è mossa male negli ultimi anni?

Quanto realizzato sino ad oggi, seppur influenzato fortemente dalla bassa crescita economica, costituisce un ottimo spunto. Tuttavia, nelle scelte di politica energetica effettuate si possono individuare diverse possibilità di miglioramento. C’è stata confusione nel capire dove applicare gli strumenti di prezzo e quelli di quantità secondo le loro potenzialità relative. La mancata adozione dello strumento dello standard obbligatorio, per esempio, ha, in molte occasioni, reso più difficile lo sfruttamento del “giacimento” di efficienza energetica di cui disponiamo.

Quali gli investimenti che non possono più aspettare?

Sicuramente nei settori finali ci sono ampi spazi di intervento, in particolare gli usi civili ed i trasporti. La performance storica di questi due settori non è stata fin qui molto brillante. Il settore degli usi civili, che comprende domestico e terziario, mentre può vantare un intenso processo di diversificazione verso il gas naturale non ha compiuto passi importanti verso l’efficienza. Sul settore dei trasporti è necessario operare senza impostazioni ideologiche, seguendo il criterio imprescindibile dell'efficienza.

Trasparenza e ascolto sono due concetti spesso abusati, ma il Governo ritiene che siano stati perseguiti nel processo che sta portando alla redazione della SEN, il cui documento finale dovrebbe essere presentato il prossimo 27 aprile. Come valuta questo processo di consultazioni?

Siamo fortunatamente fuori dalla logica dei vecchi Piani Energetici, che hanno dimostrato la loro incapacità di raggiungere gli obiettivi prefissati. Oggi la logica è cambiata e si punta in primo luogo a capire la dimensione dei problemi e a studiare forme di intervento coerenti con un’economia di mercato inserita nel contesto europeo.

Si riuscirà a trovare una mediazione tra i diversi interessi in gioco?

Ne sono certo. Per il bene del Paese, perché sicuramente la somma totale è positiva, quindi le compensazioni relative sono possibili secondo il teorema di Coase.

A suo avviso chi saranno i vincitori e i vinti?

Vince chi trasforma i problemi in opportunità e perde chi si oppone al cambiamento.

“Decarbonizzazione” e “crescita economica” sono le parole d’ordine dell’Unione Europea a cui anche la strategia energetica nazionale punterà ad uniformarsi. Come si potranno coniugare alla luce del probabile dietrofront degli Stati Uniti sugli Accordi di Parigi?

Occorre compiere un passo in avanti nei rapporti tra le nazioni. Non credo sia possibile procrastinare la soluzione ad un problema che riguarda tutti, quale quello del cambiamento climatico. Eppure, ancora oggi viviamo in un mondo in cui, in parte anche per via delle condizioni meno restrittive in termini di normativa ambientale, le produzioni si spostano dai paesi più virtuosi verso i paesi che lo sono meno. L’Amministrazione Trump ha dato la risposta più immediata, tramite la minaccia di politiche protezionistiche. Esistono anche altre soluzioni, meno ostative al libero mercato. Non basterà però solo una generica volontà politica; occorre unità di intenti di un gruppo di paesi intraprendenti vero il sostegno dell’innovazione tecnologica. Gli altri seguirebbero l’esempio.