Il carbone è letteralmente la “bestia nera” dell’attuale fase storica dell’energia, dopo essere stato la prima fonte d’energia commerciale ed elemento fondante della civiltà industriale e del moderno vivere consentendo, ad esempio, di mettere i vetri a tutte le case; di innalzare il reddito reale pro-capite; di rivoluzionare, come stupendamente narrato da Carlo Maria Cipolla, “il sistema dei beni impiegati dall’uomo, che per quasi l’ottanta per cento proveniva dal regno animale e vegetale e solo circa il venti per cento dal regno minerale”. La sua importanza storica non ne cancella, tuttavia, i problemi d’oggi legati all’inquinamento dell’atmosfera, né – all’opposto - il fatto che contribuisca al bilancio energetico mondiale per una percentuale prossima al 30% e che le previsioni di consenso, come quella dell’Agenzia di Parigi nel suo scenario di riferimento denominato ‘New Policies”, la vedano all’orizzonte del 2040 solo in parziale riduzione: al 23%.
Peso di ciascuna fonte sul totale della domanda primaria
Fonte: AIE, World Energy Outlook 2016
Più che lamentarsene o impantanarsi in sterili contrapposizioni tra fonti fossili e rinnovabili, varrebbe riflettere sulle ragioni che ancora avvantaggiano il carbone nel portafoglio delle fonti di energia e quali possano essere gli strumenti che consentano anche in un futuro lontano di valorizzare un patrimonio minerario che ancora assomma ad oltre un secolo di sfruttamento (ai ritmi di produzione correnti). Per quanto riguarda le ragioni, tre prevalgono: (a) la sua economicità nell’interfuel competition che fa sì che mentre l’Europa, the greenest of the class come è stata ironicamente definita, discettava su come azzerare le sue emissioni, il suo azionista di maggioranza, la Germania, aumentasse l’impiego del carbone per controbilanciare le più costose rinnovabili; (b) l’obbligatorietà d’uso del carbone per i paesi emergenti che ne dispongono ampiamente all’interno (specie Cina, India, Indonesia) e che conoscono un forte aumento dei consumi di energia; (c) l’ampia e diversificata disponibilità fisica di questa fonte sui mercati internazionali che evita ogni rischio di sicurezza e continuità delle forniture.
Il fatto che le previsioni – per quanto incerte possano essere – attribuiscano al carbone un ruolo ancora rilevante significa che scalzare questi vantaggi competitivi è cosa tutt’altro che facile. Penso comunque, non essendo negazionista dei cambiamenti climatici, che il futuro del carbone non stia nell’esistente, così passando agli strumenti con cui poterlo continuare a valorizzare. Quello principale non può che essere l’innovazione tecnologica che sia in grado di abbatterne drasticamente le emissioni di carbonio sino ad azzerarle. In un mondo decarbonizzato, la soluzione più plausibile per continuare a generare elettricità col carbone è la cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), pre o post-combustione, per trasportarlo attraverso pipeline o navi in forma liquida e iniettarlo in siti di confinamento o in trappole geologiche quali giacimenti di idrocarburi esauriti ma anche in attività per accrescerne il tasso di sfruttamento. Le tecnologie sono ormai note e versano in una fase di prima applicazione, con una praticabilità legata a costi di investimento, economie di scala, valorizzazione commerciale del carbonio, prezzi del petrolio. La recente realizzazione degli impianti in Canada di Boundary Dam o negli Stati Uniti presso centrali a carbone a Petro Nova (post-combustione) o in completamento a Kemper (pre-combustione) sono considerate pietre miliari in un percorso applicativo che sarà comunque lungo.
Che l’umanità possa, anzi debba, rinunciare alla ricchezza delle fonti fossili, carbone incluso, che la natura gli ha donato è posizione di poco senso se non la si subordina ad almeno tre condizioni. Primo: che si rafforzi l’impegno nella R&S puntando sulle opzioni tecnologiche che offrono le maggiori potenzialità di sviluppo ai minori costi. Secondo: che la ‘transizione energetica’ verso il dopo-fossili sia stata effettivamente in grado di sostituirle, se si vogliono evitare squilibri dei mercati e impennate dei prezzi. Terzo: che sia stata perseguita l’intera gamma delle opzioni tecnologiche in grado di abbattere le emissioni: dalla carbon capture and sequestration al nucleare di nuova generazione, allo sfruttamento dello shale gas, alla ri-forestazione. Si lasci alla tecnologia e alla convenienze di mercato la scelta di quali fonti utilizzare (a parità di emissioni nel loro intero ciclo di vita) senza preferirne arbitrariamente l’una sull’altra ed evitando le ipocrisie di chi parla bene ma razzola malissimo: come la verde Germania che acclama le rinnovabili mentre sottobanco accresce l’uso del carbone; o ancor più come la verdissima Olanda che vanta il primato della penetrazione dell’auto elettrica alimentandole però con una maggior impiego del …..carbone.